finòcchio

Indice

Lessico

sm. [sec. XIII; latino fenucŭlum, dim. di fenum, fieno].

1) Nome comune che indica varie specie di piante della famiglia Ombrellifere (Apiacee).

2) Fig., ant., uomo inetto; cosa senza importanza, quisquilia.

3) Fig., popolare, invertito.

Botanica

Il nome finocchio viene dato in particolare ad alcune varietà del Foeniculum vulgare, specie collettiva originaria delle regioni mediterranee e della quale fanno parte razze selvatiche, bienni o perenni, e razze coltivate, annue. Sono piante erbacee alte 1,50-2 m, robuste, con foglie pennate divise in segmenti capillari e munite di ampia guaina basale. I fiori, gialli, sono riuniti in ombrelle; i frutti sono diacheni giallastri, detti comunemente semi. Le cultivar più importanti sono: sativum, coltivato per i semi fortemente aromatici dai quali si estrae un olio; piperitum, utile per le infiorescenze che, con le parti tenere del fusto, si conservano sott'aceto; dulce , di cui si consumano le grosse guaine fogliari che costituiscono il grumolo: quest'ultima è la varietà ortense di gran lunga più diffusa e quella che si suole indicare comunemente quando si parla di finocchio. La sua coltivazione richiede clima preferibilmente mite (indispensabile nel caso delle colture a produzione invernale), terreno soffice e sciolto e disponibilità di acqua. L'epoca della semina varia secondo la regione. Il finocchio è tra le verdure più digeribili, ha un sapore leggermente dolce e aromatico e si consuma sia crudo (in pinzimonio) sia cotto (al gratin, alla parmigiana, ecc.). In Italia la coltivazione del finocchio interessa soprattutto Puglia e Campania e la produzione è utilizzata soprattutto allo stato fresco. Largamente usato in cucina, come aromatizzante, in liquoreria e anche nella medicina popolare, per la preparazione di tisane carminative e digestive è anche il seme del finocchio.

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