microónda

sf. [micro-+onda]. Denominazione generalmente usata per indicare le onde elettromagnetiche aventi lunghezza d'onda compresa tra il millimetro e il metro (ovvero tra 300 MHz e 300 GHz). Tale denominazione, anche se comunemente impiegata, non rientra nelle convenzioni internazionali, che delimitano invece con precisione i limiti delle onde decimetriche, centimetriche e millimetriche. Le microonde hanno assunto grande importanza da quando, con lo sviluppo delle telecomunicazioni via satellite, è divenuto possibile trasmettere a distanza intercontinentale un gran numero di informazioni: le microonde consentono infatti l'impiego di bande di ampiezza fino a 500 MHz per la trasmissione di un gran numero di canali di informazione. Esse trovano largo impiego anche nel telerilevamento. Un numero sempre maggiore di informazioni ambientali è oggi acquisito mediante sensori che operano in quest'ambito dello spettro elettromagnetico. Due caratteristiche fondamentali favoriscono quest'applicazione delle microonde: il fatto che esse siano capaci di penetrare l'atmosfera in qualsiasi condizione (a seconda della lunghezza d'onda impiegata, l'energia delle microonde passa attraverso la foschia, la pioggia, la neve, le nuvole e il fumo); il fatto che le riflessioni o emissioni di microonde da oggetti terrestri siano nettamente diverse da quelle nello spettro del visibile, che costituiscono la visione. Per esempio, una superficie che appare rugosa nello spettro del visibile può apparire liscia in quello delle microonde. I sensori a microonde possono essere suddivisi in attivi e passivi: un sensore attivo, quale il radar, fornisce l'energia per l'illuminazione degli oggetti che osserva; i sensori passivi, come il radiometro a microonde, rispondono ai livelli di energia estremamente bassi riflessi da alcuni tipi di oggetti.

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