tardocapitalìsmo

sm. [tardo+capitalismo]. Espressione entrata nel gergo economico (ma anche politico e pubblicistico) attorno agli anni Settanta del XX sec., come riproposizione della nozione (di derivazione marxista) di Spätkapitalismus. Per tardocapitalismo non si intende infatti semplicemente la forma più matura di capitalismo, come – ai giorni nostri – il cosiddetto capitalismo finanziario, basato sulla separazione fra capitale della finanza e sfera produttiva, nonché sulla concentrazione tendenzialmente monopolistica delle risorse economiche nelle mani di holdings di controllo (banche, compagnie di assicurazione, società di gestione finanziaria). La nozione di tardocapitalismo – soprattutto nella versione propostane da studiosi di orientamento neomarxista o radicale (da P. Sweezy e C. Öffe) – contiene una più marcata implicazione politico-ideologica, perché presuppone la trasformazione del capitalismo nella sua forma attuale come un processo di esaurimento delle capacità di riproduzione del modello stesso di organizzazione economico-sociale. Negli anni Ottanta e Novanta, che hanno conosciuto la ripresa di aggressività del liberismo, la crisi dello Stato sociale e la fine dei regimi comunisti in Europa, le teorie del tardocapitalismo hanno vissuto un rapido declino.

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