Lessico

sm. [sec. XIII; dal latino alvĕus, cavità].

1) Parte della superficie topografica occupata da un corso d'acqua naturale o artificiale. È detto anche letto fluviale.

2) Lett., cavità.

3) La vasca da bagno delle terme romane.

Geomorfologia

Per ogni corso d'acqua si distinguono generalmente un alveo ordinario e un alveo straordinario: il primo, corrispondente anche al cosiddetto alveo attivo, è quello interessato dalle acque di magra e di piena normali; il secondo comprende tutta l'area sulla quale può estendersi l'acqua in caso di piene eccezionali. Ogni alveo consta quindi, soprattutto se alluvionato, di tre piani, ubicati a tre diversi livelli, con quote fra loro non molto sfasate: il più basso corrisponde al letto di magra, il mediano al letto di piena, il più elevato al letto di inondazione. A seconda della forma del profilo trasversale, si distinguono poi alvei concavi, alvei piatti e alvei convessi; concavi sono quasi tutti gli alvei modellati in roccia in posto; piatti e convessi quelli impostati su depositi alluvionali. Convessità accentuata hanno in particolare tutti gli alvei dei corsi d'acqua maggiori nel tratto in cui scorrono nella parte mediana e terminale delle grandi pianure. Tale convessità è dovuta alla maggior capacità di trasporto e di sedimentazione della parte mediana – più veloce – della corrente fluviale e anche al fatto che, in occasione di straripamenti, il materiale più grossolano viene abbandonato in prossimità dell'alveo ordinario: si ha così la formazione di una sorta di cordone alluvionale, allungato secondo il movimento della corrente e gradualmente raccordantesi ai lati con il resto della pianura. Nelle successive fasi di magra, le acque, ritiratesi nell'alveo ordinario, incidono la sommità di detto cordone, infossandosi in esso. Con questo meccanismo si formano gli alvei pensili, di cui sono esempi tipici l'alveo del Po nella zona del Polesine, quello del Reno nel Ferrarese, l'alveo del Volturno, ecc. La convessità può raggiungere valori eccezionali quando il corso d'acqua venga artificialmente costretto per mezzo di arginature a esercitare la propria azione di deposito lungo una ristretta fascia di pianura: per esempio nel Ferrarese le arginature del Reno hanno dovuto raggiungere i 20 m di altezza. Tipi particolari di alveo sono: gli alvei sepolti o paleoalvei che corrispondono ad antichi alvei totalmente colmati e ricoperti da alluvioni successive. Alvei sepolti possono anche formarsi per accumulo di depositi morenici o di materiali franati. Gli alvei abbandonati sono infine quelli sui quali o non scorre più l'originario corso d'acqua o questo ha portata ridotta, decisamente sproporzionata rispetto alle dimensioni dell'alveo stesso; la loro origine è generalmente connessa a catture fluviali o a eccezionali infiltrazioni sotterranee. Nel diritto civile, l'alveo abbandonato è una delle ipotesi di acquisto per accessione: le proprietà confinanti si estendono fino alla linea mediana del letto, secondo l'estensione della fronte del fondo di ciascuna (art. 946 del Codice Civile). § Alveo di frana. È il solco (o la fascia di pendio) lungo il quale è scivolato o scorso il materiale di frana. È detto anche regione di movimento, risultando così distinto, nell'ambito di una frana, dalla regione o nicchia di distacco e dalla regione di accumulo, delle quali costituisce ovviamente il tratto di raccordo. Non ha forma geometricamente schematizzabile, variando questa in rapporto al tipo di frana e alla natura della roccia interessata. Talora è caratterizzato dalla presenza di liscioni e, sia pur eccezionalmente, da contropendenze.

Sistemazione degli alvei

La sistemazione degli alvei comprende tutti gli interventi artificiali con i quali l'uomo cerca di controllare l'evoluzione naturale dei letti fluviali. Tali interventi variano sostanzialmente in funzione del tipo di corso d'acqua e, in modo particolare, del tratto di alveo da regolamentare. Ai fini della sistemazione, gli alvei dei corsi d'acqua di una certa importanza sono normalmente suddivisi in un tratto montano, in uno intermedio e in uno di pianura; ciò in considerazione del fatto che l'inclinazione del fondo, la velocità della corrente, il potere erosivo, la capacità di trasporto e la sedimentazione dei corsi d'acqua presentano valori ben differenziati nei tre tratti distinti. In quello montano, di norma a profilo longitudinale e trasversale più irregolare, prevalentemente sottoposto ad azione erosiva, gli interventi più comuni consistono in opere di difesa a carattere locale (rivestimenti, massicciate, muri, pennelli, briglie, ecc.) o in opere di correzione (rettifiche di tracciato, arginature, ecc.), la cui efficacia può essere locale o estendersi su segmenti relativamente lunghi. Poiché queste opere devono contrastare l'azione di correnti piuttosto veloci, che trasportano materiale anche grossolano, devono avere strutture massicce. Scendendo al tratto intermedio e a quello di pianura, gli interventi si diversificano a seconda che si voglia conseguire una sistemazione dell'alveo di magra o di quello di piena. Nel primo caso si ricorre ancora a opere sporgenti, discontinue, ubicate su una e, più raramente, su entrambe le sponde (argini, pennelli, repellenti, ecc.). Per la sistemazione dell'alveo di piena, si richiedono invece opere longitudinali, continue, con funzioni di difesa o di ricostruzione se l'alveo è incassato (massicciate, rivestimenti, muri, ecc.), e di contenimento (argini) se l'alveo è pensile. In linea di massima gli interventi adottabili nel tratto intermedio e, in particolare, in quello terminale, nella delimitazione dell'alveo di piena, debbono essere continui; essi non richiedono tuttavia strutture particolarmente robuste, dal momento che devono contrastare correnti ormai affievolite. Quando hanno funzione di contenimento, le opere di difesa devono essere costituite da materiali impermeabili (vedi bacino).

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