Araucani

Indice

Storia

Nome dato a un gruppo di popolazioni autoctone rappresentanti il gruppo più meridionale dei Pueblo-Andidi, un tempo stanziato dal Cile all'Argentina centrale. Noti agli Incas col nome di Auca, erano tradizionalmente divisi in quattro gruppi di clan federati dispersi lungo le regioni costiere del Cile: i Picunche, dal Río Loa al Río Copiapó; gli Huilliche dal fiume Bíobío al Río Negro; i Chiloé dal fiume Bíobío al Río Palena e nelle isole costiere; i Mapuche, il gruppo più numeroso, dal fiume Bíobío al Río Loa ma che già dal sec. XII si erano estesi nella pampa argentina dal Río de la Plata al Río Chubui, assorbendo genti di ceppo pampide. Gli Araucani, dopo aver contribuito alla distruzione delle città-Stato dei Diaghiti quali alleati degli Incas, si opposero poi all'espansionismo di questo popolo che fu arrestato dai Mapuche sul Río Maipo (sec. XV). In seguito a ciò, i Mapuche esercitarono una sorta di egemonia sugli altri gruppi e furono i più strenui oppositori dei conquistadores spagnoli che riuscirono a domarli solo nel sec. XVIII; ancora agli inizi del sec. XX effettuarono un disperato tentativo di rivolta che fu violentemente represso dai Cileni i quali li dispersero in ben 3000 “riserve” nelle zone più impervie del Paese; i Mapuche dell'Argentina, ridotti a poche migliaia, furono già dal sec. XIX assimilati e integrati. Praticamente scomparsi, sia per le stragi e le malattie, sia perché fusisi tra loro, gli Huilliche, i Picunche e i Chiloé, sono restati i Mapuche (circa 500.000 individui) che hanno cercato di mantenere le proprie tradizioni e organizzazioni, pur acquisendo alcuni costumi cileni; solo per un breve periodo (sotto il governo Allende) ebbero riconosciuta una certa autonomia.

Etnologia

Gli Araucani erano organizzati in “lignaggi” patrilineari che avevano la proprietà collettiva di un determinato territorio ed erano retti da capi elettivi (ulmen); in caso di guerra si federavano sotto la guida di un capo militare (toqui, dal nome della mazza da battaglia in pietra). Le grandi famiglie patrilocali vivevano in capanne collettive a pianta quadrangolare, di legno, con tetto di paglia, lunghe qualche decina di metri; erano praticati il sororato e il levirato; le ragazze avevano la massima libertà sessuale. La religione ancestrale, ancora praticata da molti, ammette l'esistenza di un Essere Supremo e di una gerarchia di divinità, cui si dedicavano riti sacrificali di animali; ammettono anche la presenza di spiriti benevoli e malvagi, per cui grande importanza hanno gli sciamani (maqui) – un tempo uomini omosessuali o donne, oggi solo vecchie donne – cui in passato competevano le pratiche rituali e le grandi cerimonie, conservate nel folclore locale. Un tempo gli Araucani praticavano la mummificazione e il sacrificio dei prigionieri e tenevano come trofei i crani dei nemici uccisi in battaglia. Pur risentendo un certo influsso delle culture del Perú, seppero sviluppare una propria arte producendo notevoli sculture in legno e pietra, ceramiche originali, tessuti tinti con colori naturali, oggetti in rame e argento battuti. Queste attività fanno ancora parte dell'artigianato mapuche. Dopo il colpo di Stato militare del 1973, i Mapuche vennero confinati in circa 600 “riserve” ed espropriati di gran parte delle proprie terre: ciò ha provocato la scomparsa di gran parte dei “lignaggi” e una certa disgregazione etnica con la comparsa di una tripartizione sociale (ricchi, contadini poveri, salariati), l'acquisizione di costumi cileni, la distruzione delle abitazioni collettive, la cristianizzazione forzata a opera di alcune chiese protestanti nordamericane. A questo processo di deculturazione si oppone il movimento giovanile Mapuche Libre, che mantiene vive molte delle tradizioni ancestrali e pubblica un giornale bilingue (mapuche e cileno) per lungo tempo rimasto clandestino.