Carrà, Carlo

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pittore italiano (Quargnento, Alessandria, 1881-Milano 1966). Garzone decoratore, prima ad Alessandria poi a Milano, dal 1906 divenne regolare allievo dell'Accademia di Brera. Dal 1911 al 1914 soggiornò a Parigi, dove incontrò Picasso, Braque, Apollinaire e conobbe la pittura francese da Courbet a Cézanne. Nel 1941 ottenne la cattedra di pittura all'Accademia di Brera e fu anche critico e teorico. Dopo un'iniziale esperienza divisionista, fu, nel 1910, fra i firmatari del manifesto del futurismo (I funerali dell'anarchico Galli, 1911; New York, Museum of Modern Art ), ma già nel 1912 le sue opere si accostarono al cubismo, nella necessità d'una ripresa costruttiva dopo le demolizioni operate dalle avanguardie. L'incontro con De Chirico e Savinio, nel 1916, lo portò nella sfera della pittura metafisica, ma con una maggiore sensibilità per la volumetria dell'immagine (L'idolo ermafrodito, 1917; Milano, collezione privata). La sua ricerca, infatti, dal 1919-20, si mosse nel recupero dei “valori plastici”, di quelle che egli considerava le espressioni più autentiche di arte italiana, la pittura di Giotto, Paolo Uccello, Masaccio, Piero della Francesca, filtrate attraverso Cézanne e il cubismo. Alle sue immagini arcaizzanti, inquadrate in una natura rarefatta, fra mitica e reale, faranno riferimento i pittori del “Novecento italiano” (Vele nel porto, 1923; Firenze, collezione privata). Dopo il 1926 Carrà ammorbidì l'essenzialità del suo stile con una maggiore adesione alla pittura francese, dal romanticismo al postimpressionismo.

A. Soffici, Carlo Carrà, Milano, 1928; A. Dell'Acqua, La metafisica di Carlo Carrà, Milano, 1950; C. Cardazzo, Carrà, Venezia, 1952; M. Carrà, Carrà: tutta l'opera pittorica, Milano, 1967; M. Carrà, G. A. Dell'Acqua (a cura di), Carrà, Milano, 1987.

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