antidetonante

agg. e sm. [anti-2+detonante]. Composto chimico che miscelato in piccole quantità a benzina per motori a scoppio ne limita il potere detonante e cioè la possibilità di combustione spontanea (senza l'innesco della scintilla) a elevati rapporti di compressione. In seguito al continuo aumento del rapporto di compressione dei motori a scoppio, necessario per maggiorarne la potenza, in campo petrolchimico si sono sviluppati processi (alchilazione, cracking, reforming, isomerizzazione, ecc.) per ottenere benzine antidetonanti cioè ad alto numero di ottani. Per ulteriori incrementi del numero di ottano si sono ricercati composti chimici che reagissero con i perossidi organici che si formano durante la combustione e ai quali è imputabile il fenomeno della detonazione. L'antidetonante deve essere solubile in benzina, non essere corrosivo e non originare depositi nel motore. Fino a tutto il sec. XX, gli antidetonanti più diffusi erano alcuni composti organometallici del piombo, quali il piombotetraetile, Pb(C₂H5)4 e il piombotetrametile Pb(CH₃)4. Tuttavia, a causa dei gravi problemi di inquinamento da piombo connessi al loro impiego, in molti Paesi (compresi quelli dell'Unione Europea) sono state emanate norme miranti dapprima a limitarne in modo sempre più rigido, e poi a eliminarne del tutto la presenza nella benzina super (la commercializzazione della benzina contenente piombo è cessata in Italia dal 1° gennaio 2002). Parallelamente all'introduzione sul mercato della benzina senza piombo (o comunque di benzine per le quali il tenore di piombo tollerato è estremamente basso), sono stati perciò sviluppati nuovi antidetonanti. Tra i principali vi sono alcuni composti organici ossigenati quali l'MBTE (metil-t-butiletere) e l'ETBE (etil-t-butiletere).

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