chirògrafo

sm. [sec. XIV; dal greco cheirógraphon, manoscritto]. Documento scritto in genere, specialmente a mano. § Fin dal sec. III a. C., nel mondo greco il documento scritto dalla mano dell'autore e da lui firmato faceva fede in giudizio e di solito serviva come documento nelle obbligazioni da mutuo. Con questa funzione il chirografo venne introdotto dal sec. I a. C. nel mondo romano (se ne trovano esempi in tavolette pompeiane), dove sembra abbia avuto un valore veramente probatorio. In età postclassica e bizantina si collegarono i chirografi con la figura dell'obbligazione letterale e il documento acquistò il valore di fonte autonoma di obbligazione. Nella terminologia giuridica medievale è così indicato un tipo di contratto che non richiede l'intervento del notaio ma che riceve validità dal fatto di essere scritto o almeno sottoscritto da una delle parti e consegnato alla controparte che compie l'operazione inversa. In questa forma il chirografo pare essere di origine inglese (sec. IX) e introdotto in Italia più tardi: se ne hanno le prime attestazioni verso i sec. XII-XIII. § Nel diritto moderno è il documento sottoscritto da chi dichiara di assumere un debito. Nel diritto di navigazione, chirografo o compromesso d'avaria, documento adottato nella liquidazione amichevole di un'avaria comune per provvedere alla nomina dei liquidatori con funzioni di arbitri. Sottoscritto dalle parti, impegna le medesime ad accettare ed eseguire il regolamento proposto dai liquidatori, le cui decisioni sono in ogni caso inappellabili. Al chirografo si applicano le norme del Codice di Procedura Civile sull'arbitrato (art. 819).

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