sm. [sec. XIX; dal latino cholera, risalente al greco choléra]. Malattia contagiosa dovuta al Vibrio cholerae asiaticae, endemica in alcune regioni dell'India e in altri Paesi asiatici. Dopo un periodo di incubazione da 1 a 3 giorni, il colera inizia con nausea, vomito, diarrea, febbre di grado variabile e dolori addominali, dovuti all'effetto del vibrione sull'ileo. L'aggravarsi della diarrea e del vomito, con eliminazione sino a 20 litri di liquido simile ad acqua di riso, porta a grave disidratazione dei tessuti, con sete intensa, oliguria, crampi muscolari e debolezza, sino ad acidosi e forte perdita di cloruri. La fase più avanzata è caratterizzata da collasso circolatorio con cianosi, stato stuporoso, ipotermia, soppressione completa della funzione renale e delirio. La profilassi del colera mediante vaccini contenenti virus inattivato ha un effetto limitato e transitorio per cui la ricerca è indirizzata a mettere a punto vaccini più potenti. Si può ricorrere anche a chemioprofilassi con tetracicline, soprattutto per bloccare il contagio delle persone vicine ai malati di colera. Tra le misure profilattiche non farmacologiche, sono importanti l'impiego di acqua bollita e di cibi cotti. La terapia del colera è imperniata sulla correzione della grave disidratazione e degli squilibri elettrolitici causati dalla diarrea; in aggiunta i sintomi possono essere alleviati dalla precoce somministrazione di tetracicline, che riducono la quantità di vibrioni nell'intestino. Le tetracicline sono utilizzate anche come profilassi per bloccare il contagio delle persone che sono vicine ai malati di colera. Un'efficace profilassi consiste nella diagnosi precoce della malattia e richiede l'accurato isolamento del paziente e del convalescente e tutte le misure igieniche attuabili per stroncare la diffusione dell'infezione, unitamente alla denuncia di ogni caso di colera.

Veterinaria

Coleraaviario, malattia infettiva che colpisce quasi tutti i volatili, sostenuta dalla Pasteurella multocida, un batterio gram-negativo, immobile, asporigeno, anaerobio facoltativo. I volatili colpiti sono più spesso polli, anatre, tacchini, oche, faraone, raramente i piccioni e i fagiani. I portatori sani hanno molta importanza nella diffusione della malattia; infatti, allo stato saprofitico, il batterio può albergare nelle cavità nasali degli uccelli recettivi provocando secrezioni mucopurulente, altamente infettanti. Il periodo d'incubazione va, normalmente, da 4 a 9 giorni ma può ridursi a 48 ore durante le enzoozie. A seconda del periodo di incubazione la malattia può avere una forma iperacuta con morte fulminea (dalla sera alla mattina); acuta con abbattimento, penne arruffate, testa ripiegata sotto l'ala, barcollamento, sete, scolo mucopurulento dalle narici. Infine si ha una forma cronica con anemia, diarrea, debolezza e dimagramento. La profilassi si effettua mediante la vaccinazione e con l'igiene e la disinfezione dei pollai. La terapia può essere praticata, con buoni risultati, mediante l'impiego di sulfamidici o di antibiotici.

Bibliografia

E. Carlinfanti, Nozioni di immunologia, Milano, 1946; T. M. Rivers, F. K. Horsfall jr., Viral and Rickettsial Infections of Man, Filadelfia, 1959; A. J. Rhodes, C. E. van Rooyen, Textbook of Virology, Baltimora, 1962; M. Vaucel, Médécine tropicale, Parigi, 1967; G. Favilli, Trattato di patologia generale, Milano, 1970; P. Soncinelli, Nuove epidemie, antiche paure. Uomini e colera nell'Ottocento, Milano, 1986.

Trovi questo termine anche in:

Quiz

Mettiti alla prova!

Testa la tua conoscenza e quella dei tuoi amici.

Fai il quiz ora