Lessico

(ant. fèbre), sf. [sec. XIII; latino febris].

1) Innalzamento della temperatura corporea dovuto ad alterazione dei meccanismi di regolazione termica dell'organismo e, in particolare, alla dissociazione tra termogenesi e termodispersione: provare, misurare la ; avere una da cavallo, molto alta; per estensione, nome di alcune malattie, tra le quali: febbre gialla; febbre da pappataci ecc. per altre: febbre di Malta; febbre palustre; febbre Q; febbre da fieno. Popolare, vescicola che talvolta appare sulle labbra.

2) Fig., desiderio ardente e smodato, passione intensa: dell'oro, avere la addosso, tremare, agitarsi per timore o ansietà.

Medicina

Nell'uomo la temperatura corporea oscilla entro limiti molto ristretti, in quanto l'attività di un qualsiasi agente ipertermizzante mette in azione un complesso di meccanismi fisiologici di compenso destinati a disperdere l'eccesso di calore (termoregolazione). Nel corso delle malattie febbrili i processi di termodispersione perdono la loro normale efficienza, cosicché la temperatura corporea aumenta e si stabilizza su livelli più elevati della norma. La febbre, d'altra parte, ha il potere di stimolare le attività metaboliche dei tessuti, provocando quindi essa stessa un aumento della produzione di calore. Il processo febbrile inizia spesso con brividi e con sensazione di freddo. Durante lo stato febbrile sono sintomi comuni rossore della cute, tachicardia, palpitazioni, fotofobia, dolori muscolari e articolari, sensazione diffusa di malessere, sudorazione ecc. Si hanno inoltre chetonuria, aumento della glicemia e dell'azotemia. Quando le oscillazioni termiche del periodo di stato non vanno oltre qualche frazione di grado dalle ore notturne a quelle pomeridiane, la febbre si dice continua; se invece si hanno oscillazioni imponenti, da 40 °C e oltre fino a 37 °C, si parla di oscillante o remittente, tipica delle setticemie. Se nelle sue oscillazioni giornaliere la temperatura scende al di sotto di 37 °C la febbre si dice intermittente, come per esempio nell'infezione malarica. Nelle ricorrenti si hanno intervalli di alcuni giorni tra un attacco febbrile e il successivo. Al periodo di stato della malattia febbrile fa seguito il periodo nel quale la temperatura ritorna a valori normali per lisi, cioè gradatamente, oppure per crisi, in un tempo di poche ore, con imponente sudorazione. Quando la febbre raggiunge 41 °C compaiono spesso manifestazioni deliranti o convulsive; a 42 °C si hanno alterazioni irreversibili a carico del cervello legate a processi di denaturazione proteica nelle cellule nervose. Le malattie febbrili sono numerose ed eterogenee e comprendono (al di fuori delle forme neurologiche che ledono direttamente i centri termoregolatori ipotalamici) gran parte delle infezioni batteriche e virali, le ustioni e le gravi lesioni traumatiche, vari tumori maligni, alcune malattie del sangue, incidenti cardio-vascolari come l'infarto del miocardio, varie malattie allergiche, endocrine e metaboliche. Possono provocare febbre anche agenti chimici, come il dinitrofenolo, la stricnina, il fenolo, la caffeina, la cocaina, l'LSD. La febbre è la conseguenza di uno squilibrio funzionale dei centri termoregolatori prodotto da una o più sostanze pirogene provenienti dalla disgregazione dei tessuti lesi. I leucociti polimorfonucleati del sangue, nel tentativo di fagocitare tossine, germi patogeni o altro materiale esogeno, vengono modificati, o “attivati”, liberando una sostanza pirogena che passa in soluzione nel sangue: si tratta di una proteina basica, termolabile, con basso peso molecolare, un tempo chiamata “pirogeno di origine endogena” e attualmente identificata con l'Interleuchina 1 (IL-1), gruppo di proteine con peso molecolare 12-16.000, prodotte anche da macrofagi e cellule epiteliali. L'IL-1 oltre a intervenire nella risposta immunitaria e nei meccanismi dell'infiammazione, favorisce la fibrosi e agisce sulle cellule ipotalamiche specializzate nel controllo della temperatura corporea. La febbre va distinta dall'ipertermia. Mentre nella febbre l'aumento della temperatura corporea è determinato da una modificazione della termoregolazione a livello ipotalamico che non mette in pericolo la vita, nell'ipertermia l'aumento di temperatura, dovuto a un ambiente caldo o a un lavoro muscolare intenso, può portare al colpo di calore e compromettere la vita del soggetto. Per ridurre la temperatura corporea sono utili gli antipiretici, che andrebbero somministrati solo dopo la diagnosi.

Veterinaria

La febbre catarrale maligna del bovino è caratterizzata da infiammazione alla mucosa della bocca, del naso e degli occhi. La malattia, sporadica, è presente in America e in Europa e colpisce il bovino e la pecora. La malattia, il cui agente causale è un Herpesvirus, inizia con temperatura alta e depressione del sensorio dell'animale colpito; quindi la mucosa oculo-congiuntivale diventa congesta ed edematosa e inoltre ha inizio una cheratite parenchimatosa. La mucosa nasale è sede di un processo infiammatorio a carattere fibrinoso necrotico, con secrezione mucopurulenta. I sintomi nervosi possono comparire precocemente. Il periodo di incubazione va da 10 a 30 giorni. La mortalità è alta.

P. Introzzi, Trattato Italiano di Medicina interna, Roma, 1961; G. Favilli, Trattato di patologia generale, Milano, 1970; C. Iandolo, D. Manfellotto, Le febbri di origine oscura, Roma, 1987.

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