colonscopìa

sf. [colon (anatomia)+-scopia]. Esame endoscopico che permette la visualizzazione dell'intestino crasso dall'apertura anale fino al cieco. Lo strumento endoscopico (sonda flessibile a fibre ottiche) viene introdotto per via rettale previa adeguata preparazione del paziente (dieta liquida nei due giorni precedenti e uso di lassativi). La rilevanza della colonscopia è sia diagnostica sia terapeutica. Dal primo punto di vista precisa i caratteri di numerose lesioni organiche dell'intestino come tumori benigni e maligni, colite ulcerosa e altre malattie infiammatorie, alcune delle quali possono passare inosservate all'esame radiologico. Inoltre, ogni lesione considerata radiologicamente sospetta va sempre sottoposta all'esame endoscopico diretto, con il quale si può vedere con chiarezza lo stato della mucosa e precisarne le eventuali alterazioni. L'esame endoscopico permette anche l'esecuzione di prelievi bioptici. Dal punto di vista terapeutico, la colonscopia dà la possibilità di asportare polipi intestinali senza ricorrere all'incisione chirurgica della parete addominale.

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