decabrista

sm. (pl. -i) [sec. XIX; dal russo dekabr, dicembre, prestito dal latino decĕmber]. Nome con cui vennero designati i membri di un movimento politico-culturale russo, il decabrismo, che il 14 dicembre 1825 si ribellarono allo zar Nicola I nell'intento di instaurare un regime costituzionale. Le radici del decabrismo vanno cercate nell'Unione della Salvezza, società segreta liberale fondata a Pietroburgo nel 1816, i cui iniziati, trasferitisi a Mosca nel 1818, fondarono una nuova società, l'Unione del Bene Pubblico, articolatasi poi in due gruppi: Lega settentrionale e Lega meridionale. Numerosi furono gli artisti e gli intellettuali che simpatizzarono per il movimento: Puškin, Griboedov, Ryleev, Odoevskij, Bestužev, Marlinskij e altri. L'occasione favorevole per insorgere si presentò alla morte di Alessandro I, nello stato di incertezza dovuto alle esitazioni di suo nipote Nicola a farsi proclamare zar. I tentativi di sobillare le truppe, l'incitamento a non prestare giuramento, in cui si prodigò il colonnello della guardia Sergej Trubetzkoj (per incarico della Lega settentrionale) ebbero scarso effetto. Solo un reggimento e alcuni reparti non giurarono fedeltà allo zar e il 14 dicembre, giorno dell'incoronazione, i ribelli (ca. 3000 uomini) si riunirono in piazza del Senato, a Pietroburgo, dove vennero presi a cannonate e a colpi di mitraglia. Pochi giorni dopo anche il reggimento di Černigov, che Muravëv-Apostol (uno dei capi della Lega meridionale, sfuggito alla polizia che aveva catturato quasi tutti i suoi compagni) aveva convinto ad ammutinarsi, veniva ridotto alla ragione. Seguirono processi, condanne a morte e deportazioni in Siberia. Furono giustiziati Pestel, Ryleev, S. Muravëv-Apostol, Bestužev-Rjumin e Kachovskij. Ai primi di gennaio 1826 il movimento dei decabristi, ideologicamente ispirato agli ideali dell'illuminismo e della Rivoluzione francese, era definitivamente stroncato, dopo aver attuato la prima rivolta in armi contro lo zarismo. Esso costituì un punto di richiamo per i futuri movimenti rivoluzionari, che traendo esempio dal fallimento dei decabristi capirono che senza l'appoggio popolare ogni lotta era destinata a fallire.

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