diaspro

sm. [sec. XIV; dal greco íaspis-idos, tramite il latino iaspis-ídis]. Roccia sedimentaria silicea, molto dura e compatta, spesso sottilmente stratificata, formata da silicecriptocristallina (quarzo, calcedonio e a volte opale) e da impurità varie che conferiscono colorazioni diverse. I diaspri si formano per precipitazione della silice contenuta nell'acqua marina o per accumulo di resti di organismi silicei, e spesso infatti racchiudono una ricca fauna a Radiolari. Il colore è per lo più rossastro, dovuto alla presenza di ferro in finissimo stato di suddivisione; la colorazione può essere uniforme, o a zone concentriche o a macchie sparse e irregolari. In Italia i diaspri sono frequenti nell'Appennino settentrionale, in Sicilia e in Sardegna. I giacimenti più importanti sono quelli degli Stati Uniti, dell'Egitto e della Sassonia. § Per la ricca gamma di colorazioni che assume nelle sue numerose varietà (bruno, abbastanza comune; sanguigno; giallo, utilizzato molto nei mosaici fiorentini; verde, molto raro; nero; a bande, ecc.), il diaspro ha avuto un largo impiego ornamentale ed è stato usato nella glittica a partire da tempi molto antichi. Si conoscono infatti esemplari lavorati in area cretese risalenti al III-II millennio a. C. (come il prisma quadrangolare con geroglifici e musi di gatto in diaspro verde dell'Ashmolean Museum di Oxford) e in area egizia (sigillo in diaspro sanguigno, ca. 1400 a. C., Parigi, Louvre). Numerosi e pregevoli sono altri esemplari antichi, come lo scaraboide in diaspro nero con Sileno del Metropolitan Museum di New York (Grecia arcaica, fine sec. VI a. C.) e il diaspro rosso con guerrieri del Museo Nazionale di Roma (arte romana dei sec. II-I a. C.), fino a giungere nel Rinascimento ad autentici capolavori, quali il vaso di Lorenzo il Magnifico (sec. XV) in diaspro rosso (Firenze, Museo degli Argenti), la fiasca in diaspro giallo venato in rosso e bianco conservata nello stesso museo (ca. 1575) e soprattutto l'eccezionale Cristo alla colonna in diaspro sanguigno (Parigi, Louvre) della fine del Cinquecento.

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