ecumenismo

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sm. [sec. XX; da ecumenico]. Movimento specifico delle confessioni cristiane per operare un avvicinamento dottrinale, giuridico e di comunione nei sacramenti e realizzare l'unità delle Chiese. Un primo tentativo di riunificazione tra la Chiesa cattolica romana e la Chiesa ortodossa orientale avvenne nel Concilio di Firenze (1438-39), ma rimase imperfetto e parziale. Uno sforzo più serio per risolvere l'enorme frazionamento delle Chiese fu compiuto dal mondo protestante fin dall'inizio del sec. XX. Ben presto, però, l'interesse per l'unità cristiana e per l'unificazione ecclesiastica oltrepassò i limiti del protestantesimo, dando vita a un grande movimento ecumenico con molteplici organizzazioni. Dopo un primo tentativo di una Conferenza tra le Chiese, cui parteciparono anche i cattolici (Edimburgo, 1910), nel 1914 alcuni teologi americani e scandinavi, con l'arcivescovo di Uppsala, Nathan Söderblom (1866-1931), fondarono la “Lega mondiale per l'amichevole cooperazione fra le Chiese”. Essa organizzò una “Conferenza mondiale delle Chiese per un cristianesimo pratico” (World Conference for Life and Work), riunitasi a Stoccolma nel 1925 con la partecipazione di circa 600 rappresentanti di tutte le Chiese. L'ispirazione originaria era volta a una coalizione nel campo dell'attività concreta, e in specie etico-sociale. Il “Messaggio alla cristianità” ne divulgò le conclusioni più importanti, riprese in una seconda conferenza (Oxford, 1937). La “Conferenza mondiale per la fede e la costituzione delle Chiese” (World Conference for Faith and Order, Losanna 1927) cercò più direttamente un accostamento fra le Chiese e, pur non riuscendo a trovare un accordo dottrinale, continuò i suoi lavori (Oxford ed Edimburgo, 1937) facendo nascere la speranza nella “Chiesa dell'avvenire”. Fu infatti creato un “Consiglio ecumenico delle Chiese” (World Council of the Churches, Amsterdam, 23 agosto 1948) cui parteciparono circa 160 comunità religiose, compresi gli ortodossi. Nella dottrina ecclesiologica non furono compiuti notevoli progressi, ma nel campo pratico fu realizzata l'assistenza reciproca fra le Chiese per le più diverse necessità. La successiva assemblea (Chicago, 1954), pur registrando un regresso nell'interesse dottrinale, rivelò la sua autorità in un messaggio diretto a tutto il mondo. Importante in senso ecumenico fu il “Consiglio mondiale delle Chiese” (Utrecht, 1938), con sede a Ginevra, che fondò un proprio organo di stampa, la “Rivista ecumenica”. La Chiesa cattolica rimase sempre estranea, per ragioni di principio, a tutti questi movimenti. Pio XI, nel 1928, dichiarava che la vera unità della Chiesa “è una sola: il ritorno alla Chiesa madre, quella cattolica”. In vista della conferenza di Amsterdam (1948) il Sant'Uffizio ricordava la proibizione di partecipare a colloqui di religione senza il permesso della S. Sede. Un anno dopo però lo stesso dicastero definiva l'opera dell'unificazione come compito e dovere della gerarchia ecclesiastica e concedeva la partecipazione ai colloqui ecumenici dietro preventiva autorizzazione dei vescovi. A Malines (Belgio) si ebbero i primi e più importanti colloqui ecumenici privati con la partecipazione di anglicani della Chiesa Alta, sotto la guida di Halifax, e di cattolici presieduti dal cardinale Mercier. Le lunghe trattative (1921-25), pur concilianti e aperte, non conseguirono nessun risultato concreto per la pregiudiziale anglicana nei confronti del primato papale di giurisdizione. In anni più recenti ha avuto luogo in Francia (Taizé) l'iniziativa di alcuni protestanti che hanno accolto nella loro comunità cristiani di qualsiasi confessione, compresi membri di ordini religiosi cattolici. Benemerito dell'ecumenismo è tuttora il Movimento dei Focolarini che opera “l'unità di tutti i cristiani” secondo la preghiera di Cristo: “Che tutti siano una cosa sola, come io sono una sola cosa con Te” (Giovanni 17,11). Suoi aderenti prepararono l'incontro storico di Paolo VI con il patriarca di Costantinopoli Atenagora (1964). In armonia con una rinnovata visione dell'ecclesiologia, la Chiesa cattolica, per impulso soprattutto dell'episcopato delle nazioni con forte percentuale non cattolica, si è orientata verso una concezione dell'ecumenismo più aperta: il Concilio Vaticano II è stato il momento riassuntivo e conclusivo di questa tensione. Dopo cinque secoli, si è registrata per la prima volta nella suprema riunione della Chiesa cattolica la presenza di osservatori delle Chiese separate, come segno di un “dialogo fondato sulla buona fede e sulla carità” (Paolo VI). Tra le sedi della Chiesa cattolica e della Chiesa ortodossa è stata raggiunta, con dichiarazione comune, l'abrogazione della scomunica emanata reciprocamente nel 1054. In seguito al Concilio Vaticano II è stato istituito il “Segretariato per l'Unione dei cristiani”, che ha apportato alcune novità disciplinari e giuridiche nella questione dei rapporti dei cattolici con i cristiani separati da Roma: per esempio, la concessione di partecipare alle funzioni sacre (communicatio in sacris) e la facilitazione a costituirsi padrini nel battesimo degli orientali dissidenti e viceversa, e a contrarre matrimonio con loro. La Chiesa cattolica tuttavia concepisce sempre l'ecumenismo come accettazione piena, da parte di tutte le Chiese, della sua dottrina; per questo essa non partecipa al Consiglio Ecumenico delle Chiese (al quale dal 1968 invia propri rappresentanti, ma solo in qualità di osservatori). È stato formulato anche un ecumenismo “spirituale”, consistente nelle “preghiere private e pubbliche per l'unità dei cristiani”. Una pratica ufficiale di esso è la “settimana di preghiere per l'unità” che si svolge dal 18 al 25 gennaio di ogni anno. Il pontificato di Giovanni Paolo II, soprattutto dalla fine degli anni Ottanta, è stato intenso per i dialoghi ecumenici, sia per la riapertura dei rapporti diplomatici con il Patriarcato di Mosca, sia con le Chiese Luterane, con continui viaggi nei Paesi scandinavi. Nel 1990 per la prima volta si è riunita l'assemblea delle Chiese cristiane d'Europa a Basilea, in preparazione della convocazione mondiale di Seul tenutasi tra il 12 e il 16 marzo 1990. Un importante passo verso la “riunione di tutte le confessioni cristiane in preghiera comune” auspicata da Giovanni Paolo II è stato quindi compiuto con l'incontro ecumenico tenutosi a Santiago de Compostela (Spagna) nel novembre 1991, che ha visto riuniti, ad affrontare il tema dell'evangelizzazione dell'Europa, cattolici, ortodossi, protestanti e anglicani. Qualche difficoltà per il movimento ecumenico è sorta nell'ultimo decennio del sec. XX, per l'ammissione delle donne al sacerdozio nella Chiesa anglicana e per le tensioni createsi tra la Chiesa di Roma e alcune Chiese ortodosse orientali dopo la caduta del regime comunista nei Paesi dell'Est, nel timore di un rinnovato proselitismo cattolico tra i fedeli ortodossi. Ciononostante, il dialogo ecumenico costituisce una delle priorità pastorali del pontificato di Giovanni Paolo II, che nell'enciclica Ut unum sint(maggio 1995) ha ribadito l'urgenza della piena comunione di tutti i fedeli in Cristo. Precedentemente lo stesso pontefice aveva ribadito la validità delle intese ecclesiologiche raggiunte con il Patriarcato di Costantinopoli e con il patriarca ecumenico Demetrio I, e di quelle cristologiche con le antiche Chiese d'Oriente, intese stabilite sia da lui stesso sia dal suo predecessore Paolo VI; da ricordare, in special modo, la “dichiarazione cristologica comune tra la Chiesa cattolica e la Chiesa assira dell'Oriente”, sottoscritta il 12 novembre 1994 in Vaticano con il patriarca assiro dell'Oriente Mar Dinkha IV. Nel dicembre 1996 Giovanni Paolo II ha siglato una dichiarazione congiunta, De modo unionis Verbi incarnati, con Catholikos Karekin I, supremo patriarca e catholicus di tutti gli Armeni. Una dichiarazione comune è stata firmata altresì, nel gennaio 1997, con Aram I Keshishian, Catholicos di Cilicia degli Armeni, nel corso della sua visita ufficiale presso la Santa Sede. Nello steso anno, inoltre, è stato sottoscritto un testo comune con i valdesi e i metodisti d'Italia, sulla questione dei matrimoni misti tra fedeli delle rispettive chiese, e ribadito l'impegno per l'ecumenismo in occasione della II Assemblea ecumenica organizzata dal Consiglio delle Conferenze Episcopali d'Europa e della Conferenza delle Chiese Europee. Sempre nel 1997 è stato siglato a Roselle (Illinois, USA) un decreto comune per favorire la riunificazione, dopo quattro secoli di separazione, della Chiesa assira d'Oriente e di quella cattolica di rito caldeo ed è stata resa pubblica la "Risposta della Camera dei vescovi della Chiesa d'Inghilterra" all'enciclica di Giovanni Paolo II, Ut unum sint. I risultati maggiori nel dialogo ecumenico degli ultimi anni del Novecento, comunque, si sono avuti nel confronto tra cattolici e luterani: una dichiarazione comune sulla dottrina della giustificazione, concordata nel 1997, è stata sottoposta al giudizio delle rispettive chiese e quindi firmata il 31 ottobre 1999 ad Augusta, in Germania, tra i rappresentanti del Vaticano e del Consiglio Mondiale Luterano. Nel documento le due chiese sono state concordi nell'affermare che la fede e la misericordia divina sono sufficienti a giustificare e assolvere l'uomo, mentre le buone azioni non sono condizioni della sua salvezza, bensì ne costituiscono i frutti. Su questi temi si concentrò la reazione di Martin Lutero e il conseguente conflitto con la Chiesa di Roma. Con l'accordo di Augusta sono state, quindi, annullate le scomuniche e le condanne pronunciate nei secoli da allora trascorsi.

Bibliografia

A. Bea, L'unità dei cristiani, Roma, 1962; idem; Il cammino dell'unione dopo il Concilio, Brescia, 1966; G. Conte, P. Ricca, Futuro dell'ecumenismo, Torino, 1978; G. Alberigo, Nostalgie di unità, Genova, 1989.

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