Lessico

sf. [sec. XVI; Egitto+-logia]. Scienza che studia sistematicamente i vari aspetti (storia, lingua, scrittura, arte, ecc.) che costituiscono la civiltà egizia.

I pionieri

L'egittologia nacque nel 1822 con la decifrazione dei geroglifici a opera di Jean François Champollion. La conoscenza dell'antica lingua egiziana fornì, infatti, un notevolissimo impulso relativamente alla riscoperta e alla conoscenza della civiltà egizia. Lo stesso Champollion, tuttavia, fu debitore nei confronti delle ricerche precedenti effettuate dallo studioso svedese David Åkerblad e dell'inglese Thomas Young e, soprattutto, nei confronti dell'immensa mole documentaria portata in Europa dagli studiosi al seguito di Napoleone e della sua spedizione in Egitto del 1798-99: cinquecento fra artisti e scienziati avevano registrato tutti gli aspetti non solo della storia, ma anche della flora, della fauna e degli usi e costumi del Paese. I risultati furono pubblicati nei 24 volumi della monumentale Déscription de l’Egypte, che tuttora resta una fonte unica per tutte le rovine distrutte nei decenni successivi dalle spoliazioni degli europei o dalla modernizzazione ottocentesca del Paese. La stessa stele trilingue che consentì a Champollion la decifrazione dei geroglifici fu scoperta a Rosetta da un soldato di Napoleone. Ad altri viaggiatori della fine del Settecento - Claude Sicard, Frederick Norden, Richard Pococke, autore del saggio Travels in Egypt (Viaggi in Egitto) - si devono descrizioni e disegni di monumenti ancora oggi consultati dagli egittologi. Lo stesso Champollion, insieme all'italiano Ippolito Rosellini, successivamente guidò una spedizione i cui risultati furono pubblicati tra il 1835 e il 1845 nei Monumenti d’Egitto e della Nubia. Ancora più importante fu la pubblicazione, tra il 1849 e il 1858, dei Denkmaeler aus Aegypten und Aethiopien (Monumenti d'Egitto e d'Etiopia) del tedesco Karl Richard Lepsius: tale lavoro riporta descrizioni dettagliate, disegni e mappe accurate di tombe. Il saggio Manners and customs of the ancient Egyptians, (1837, Usi e costumi degli antichi Egiziani) di John Gardner Wilkinson destò in Europa e in America la curiosità di un pubblico sempre più appassionato all'antico Egitto. Una storia a parte è quella degli esploratori che lavoravano per conto di musei e collezionisti privati. Tra i più noti, due italiani: Giovanni Belzoni e Bernardino Drovetti. Il primo, di umili origini, approdò in Egitto in cerca di fortuna e la trovò: entrò per primo nella piramide di Chefren e nel tempio rupestre di Ramesse II ad Abu Simbel, scoprì sei tombe della Valle dei Re e mise insieme per il suo committente Henry Salt la famosa collezione omonima oggi al British Museum. Il piemontese Drovetti fu console di Francia in Egitto, ma preferì vendere l'enorme patrimonio di monumenti accaparrato in Egitto al Regno di Sardegna. Oggi i suoi reperti costituiscono la parte principale della collezione del Museo Egizio di Torino.

I padri dell'egittologia

Nel 1858 il pascià d'Egitto nominò il francese Auguste Mariette supervisore delle future campagne di scavo sul suolo egiziano. Era un primo punto fermo posto sulla spoliazione sistematica del patrimonio antico egiziano. Lo stesso Mariette fondò alcuni anni dopo il primo nucleo del Museo Egizio del Cairo e il Service des Antiquités, primo ente statale per la salvaguardia e lo studio delle antichità egiziane. Il suo successore, Gaston Maspero, scoprì i Testi delle Piramidi nelle piramidi di Saqqāra, fino ad allora inesplorate, e curò l'ampliamento e il trasferimento del Museo Egizio dal Bulaq alla sua sede attuale; fondò inoltre l'Istituto Francese di Archeologia Orientale, ancora oggi una delle istituzioni più importanti nel campo degli studi egittologici e orientalistici. Gli archeologi Flinders Petrie e George Reisner furono i primi ad applicare metodi di scavo scientifici in Egitto a partire dagli anni Novanta del sec. XIX: si passava in tal modo dalla ricerca di “tesori” all'archeologia vera e propria salvaguardando, per la prima volta, anche le testimonianze di cultura materiale. Trent'anni dopo (1922) la scoperta clamorosa della tomba quasi intatta di Tutankhamon portò il suo scopritore Howard Carter e l'egittologia in genere sulle prime pagine dei giornali di tutto il mondo. Lontano dai riflettori, tuttavia, altri egittologi scoprivano i segreti delle antiche scritture e lingue egiziane: Erman e Grapow allestirono il primo grande dizionario della lingua egiziana (1926-31, Wörterbuch der ägyptischen Sprache), ancora oggi insostituibile; Alan Gardiner scrisse la grammatica egiziana (1927, Egyptian Grammar) su cui si sono formate intere generazioni di egittologi. Contemporaneamente venivano approfonditi gli studi di ieratico, demotico e copto, cioè delle diverse scritture della lingua egiziana antica succedutesi nel corso del tempo.

Gli studi recenti

Gli scavi si sono moltiplicati nel corso degli anni: dalla scoperta di Tanis e dei suoi tesori a cavallo della seconda guerra mondiale (P. Montet) alle più recenti scoperte di nuove piramidi tra Abusir (M. Verner) e Saqqara (J. Leclant, A. Labrousse). I rinvenimenti recenti (W. Kaiser e G. Dreyer) della necropoli della prima dinastia ad Abido hanno portato a dare ormai per certa l'esistenza di una dinastia di unificatori precedente la prima, la cosiddetta “dinastia zero”, di cui farebbe parte anche il Narmer della paletta del Museo del Cairo. L'egittologia moderna, tuttavia, è anche conservazione, recupero e restauro dei monumenti danneggiati da inquinamento ambientale e dall'invadenza del turismo di massa. Si ripromette dunque di lasciare alle generazioni future monumenti dalle decorazioni intatte, come al momento della scoperta, e di proteggere tali monumenti da umidità e inquinamento, senza impedire ai turisti di visitarli. Per ottenere questo scopo l'egittologia si avvale anche dell'ausilio di altre discipline, come la geofisica, l'anastilosi informatizzata dei monumenti, il management dei siti archeologici.

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