elettrotècnica

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Descrizione generale

sf. [sec. XIX; elettro+tecnica]. Settore della tecnica che concerne sostanzialmente la produzione, il trasporto e l'utilizzazione dell'energia elettrica. I principi su cui si basa l'elettrotecnica (leggi dei circuiti, dell'induzione elettromagnetica ecc.) rientrano nella fisica (elettrologia), mentre suo compito specifico è la loro applicazione soprattutto su scala industriale. Per ragioni di carattere pratico l'elettrotecnica si suddivide in diversi rami a ognuno dei quali corrisponde un inquadramento particolare e una specializzazione in un determinato settore (costruzioni elettromeccaniche, impianti elettrici, tecnica delle misure, strumentazione, componentistica ecc.). Sul piano sistematico, dovrebbero rientrare nell'elettrotecnica anche la tecnica delle comunicazioni elettriche e l'elettronica; tuttavia la prima costituisce oggi un campo decisamente autonomo; per l'elettronica si ha invece una situazione più complessa, in quanto da un lato ha assunto uno sviluppo assolutamente autonomo (per esempio, nei calcolatori elettronici, nelle telecomunicazioni ecc.), ma rientra anche nell'elettrotecnica per le sue notevoli applicazioni nel campo impiantistico. In qualunque impianto si hanno infatti gruppi, circuiti, complessi di controllo e di comando tipicamente elettronici, costruttivamente differenti da quelli usati, per esempio, nella tecnica delle telecomunicazioni. Inoltre si diffonde sempre più l'uso di elementi e gruppi elettronici di forte potenza per l'alimentazione controllata di impianti (batterie di motori di gru, laminatoi, cartiere), per trazione elettrica ecc., con potenze in gioco che possono essere elevatissime.

Cenni storici

La nascita dell'elettrotecnica si fa solitamente risalire al 1800, anno in cui A. Volta comunicò a sir J. Banks, presidente della Royal Society, la notizia della costruzione della prima pila elettrica. In quel periodo i nuovi e ancora in gran parte misteriosi fenomeni elettrici interessavano vasti strati della pubblica opinione, dai ciarlatani agli scienziati che tentavano, spesso fidandosi dell'intuizione o di teorie assolutamente personali, di metterli in collegamento con altri fenomeni fisici o di utilizzarli per fini pratici. Questo spiega perché una serie di applicazioni, in un certo senso già mature da tempo, esplosero quasi contemporaneamente in diversi Paesi. L'invenzione della pila di Volta, che costituì la prima sorgente continua di quantità apprezzabili di energia elettrica, favorì la nascita e lo sviluppo di due nuove scienze applicate, la telegrafia elettrica e l'elettrochimica. Già nel Settecento era stata intuita la possibilità di usare la trasmissione istantanea di corrente elettrica su opportuni conduttori come mezzo per trasmettere segnali, tuttavia la prima realizzazione del telegrafo, dovuta all'inglese C. Wheatstone, risale al 1837, mentre del 1840 è il brevetto dell'americano S. F. B. Morse. L'esigenza di sistemi di comunicazione sempre più completi e precisi provocò un intenso studio delle correnti deboli: da ciò ebbe origine una nuova branca dell'elettrotecnica, l'elettronica. Anche i legami fra i fenomeni elettrici e i fenomeni chimici erano ampiamente conosciuti fin dall'inizio dell'Ottocento, quando H. Davy eseguì le prime dissociazioni elettrolitiche, tuttavia solo verso la fine del secolo vennero sviluppate su base industriale la galvanotecnica e la raffinazione elettrolitica dei metalli. L'elettrotecnica vera e propria, con le sue applicazioni, si sviluppò solo quando vennero chiariti i rapporti tra elettricità e magnetismo, intravisti da Gilbert nel 1600. La scoperta dell'induzione elettromagnetica fatta da M. Faraday, nel 1831, rese noti i principi fondamentali sui quali si basano le macchine per la produzione e l'utilizzazione dell'energia elettrica. Le prime macchine elettromagnetiche furono costruite da H. Pixii: erano costituite da magneti permanenti rotanti rispetto ad avvolgimenti di conduttori. Venivano azionate a mano e la loro potenza era molto ridotta: il loro uso fu dapprima limitato alla medicina, nella convinzione che il fluido elettrico possedesse fantastiche virtù terapeutiche. L'industria incominciò a interessarsi dell'elettricità solo più tardi (ca. 1840), quando ebbero successo i tentativi di realizzare praticamente e mantenere attivo a lungo l'arco voltaico ottenuto sperimentalmente da H. Davy nel 1809. Un'illuminazione intensa e sicura avrebbe potuto sostituire vantaggiosamente la debole luce a gas e a petrolio nei fari, rendendo la navigazione, base degli scambi commerciali, più sicura, e nelle fabbriche, aumentando le ore lavorative. Per alimentare le lampade ad arco occorreva molta più potenza di quella fornita dai primi generatori elettromagnetici. Le prime dinamo furono realizzate da Z.-T. Gramme (1869) che s'ispirò all'anello di Pacinotti (1860); in seguito, i fratelli Siemens e altri perfezionarono tali macchine sfruttando il fenomeno dell'autoeccitazione. Le prime lampade ad arco, troppo luminose e di breve durata, furono ben presto sostituite dalle lampadine con filamento in lega metallica in un involucro di vetro vuoto (Edison, Swan e altri verso il 1880), favorendo così la diffusione dell'illuminazione elettrica, con la conseguente necessità di realizzare grandi centrali elettriche. La prima centrale a corrente continua venne costruita da T. A. Edison a New York nel 1879; al 1882 risale la prima centrale europea, la Holborn Viaduct londinese, e un anno dopo fu realizzata la prima italiana, a Milano in via S. Radegonda. Successivamente l'impiego congiunto di alternatori e trasformatori, introdotti nel 1882 da L. Gaulard e J. D. Gibbs, dimostrò la maggior convenienza della corrente alternata rispetto alla continua e sorsero così (1886) le prime centrali a corrente alternata che alimentavano esclusivamente impianti d'illuminazione poiché non era disponibile nessun conveniente motore a corrente alternata. Nel 1885 G. Ferraris scoperse il principio del campo magnetico rotante rendendo possibile la costruzione dei primi motori a corrente alternata, brevettati negli USA da N. Tesla nel 1888. A questo punto le applicazioni dell'energia elettrica si moltiplicarono rapidamente: dall'illuminazione si passò alla trazione, ai primi elettrodomestici (Westinghouse presentò nel 1893 la cucina elettrica e il ferro da stiro), alle grandi macchine motrici. I progressi successivi non sono più rappresentati da grandi invenzioni assolutamente innovative, ma da una serie quasi continua di applicazioni all'industria elettrica di materiali, procedimenti e tecniche derivate da altri settori industriali. Notevoli sono state le novità per quanto riguarda le fonti di energia, dove, dopo i grandi progressi delle centrali termoelettriche e degli impianti idroelettrici, una completa innovazione è stata prodotta dall'applicazione della fissione nucleare controllata (1940). Nel campo più specifico dei generatori e dei motori solo gli studi sui generatori magnetofluidodinamici, gli alternatori con avvolgimenti superconduttori e i motori lineari potrebbero condurre a sostanziali novità in macchine che, sul piano teorico, non hanno subito modifiche dai tempi di Faraday.

Bibliografia

J. D. Bernal, Storia della scienza, Londra, 1953; M. Pezzi, Elettrotecnica generale, Bologna, 1967; B. Morgan, Men and Discoveries in Electricity, Londra, 1970; L. Olivieri, E. Ravelli, Elettrotecnica, Padova, 1972; P. Adorni, Elettrotecnica generale, Milano, 1988.

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