Lessico

agg. [dal nome propr. Elisabetta]. Relativo al periodo di regno di Elisabetta I d'Inghilterra, caratterizzato da prosperità e dalla rinascita delle arti e delle lettere.

Letteratura

La spinta unitaria e nazionalistica impressa alla società inglese da Elisabetta I (1558-1603) si riflette nella magnifica fioritura letteraria del periodo, che ha in Shakespeare il suo massimo rappresentante. Informata e condizionata dal rispetto di un'ortodossia religioso-politica, è una letteratura moralmente e nazionalisticamente impegnata, ispirata alla difesa del protestantesimo, incentrata (tranne rare eccezioni) sulla corte e sugli ideali monarchici. Elementi ancora medievali, come l'allegoria e il didatticismo, coesistono con la celebrazione dell'uomo rinascimentale, con i fermenti del neoplatonismo, con il preziosismo e il concettismo. Nella letteratura elisabettiana il Medioevo si salda con il tardo Rinascimento e con il Barocco. Tali caratteristiche costituiscono la base comune di una grandissima varietà di scrittori: da sir P. Sidney a E. Spenser, da J. Lyly a T. Nashe, da Bacone ai traduttori dei classici e alle schiere di lirici e sonettisti. Le nuove scoperte scientifiche e la mancanza di chiare prospettive politiche dopo la morte della regina concorrono, verso la fine del secolo, alla grande crisi delle certezze elisabettiane, che si esprime nello Shakespeare maturo e nella poesia dei “metafisici” e segna il passaggio dal Cinquecento al Seicento.

Teatro

Convenzionalmente si suole estendere il periodo del teatro elisabettiano fino al 1642, anno in cui il Parlamento puritano ordinò la chiusura delle sale teatrali. Si concludeva così una fioritura tra le più ampie e splendide dell'intera storia del teatro universale. Accanto a Shakespeare altri nomi si impongono, da C. Marlowe a B. Jonson, da J. Webster a J. Ford; e ancora Greene e Lyly, Kyd e Chapman, Marston e Tourneur, Dekker e Heywood, Middleton e Massinger, Beaumont e Fletcher, Drayton, Nashe e Peele. Il teatro elisabettiano è caratterizzato da un'estrema ricchezza e varietà di ispirazione sia nella tragedia sia nella commedia sia nel dramma storico. Da fonti disparate (cronache nazionali, novellistica europea e in particolare italiana) gli autori trassero spunti per invenzioni drammaturgiche svincolate da ogni servitù strutturale. Articolate in una molteplicità di scene, esse offrono continui spostamenti nello spazio e in genere nel tempo, intersecando l'azione principale con azioni secondarie (il che comporta di regola un numero elevato e spesso elevatissimo di personaggi). Scritte ora in prosa, ora in versi sciolti (blank), ora in un'alternanza di versi e di prosa, le opere elisabettiane sono caratterizzate da una vena lussureggiante e immaginosa, da una frequente commistione di toni (il comico vi coesiste col tragico), da una straordinaria forza di introspezione dell'animo umano e delle sue passioni, cui si accompagna una non meno straordinaria tensione lirica. Il linguaggio è ora lampeggiante e fantasioso, ora icasticamente realistico e volentieri sboccato. Questo teatro, che coltivò anche la féerie più aerea, ebbe un gusto spiccato per l'efferatezza e per il sangue (influenza di Seneca nel primo periodo): la passione amorosa, l'ambizione, la crudeltà sono tra le molle che più spesso spingono i suoi personaggi ad agire. Dai cortili delle locande le rappresentazioni si trasferirono in teatri che di quelli imitarono inizialmente la struttura e che si divisero in pubblici (all'aperto) e privati (al chiuso). La scenografia, fissa, era a due piani: una galleria (upper stage), prosecuzione in certo modo di una delle gallerie che correvano intorno alla sala, sovrastava infatti l'inner stage, cioè la più arretrata delle tre parti inferiori del dispositivo (le altre erano il front stage e il back stage). Venivano usati determinati accessori di scena (un letto, un trono, ecc.), ma in sostanza i poeti si affidavano alla fantasia degli spettatori, come del resto afferma esplicitamente il coro nell'Enrico V di Shakespeare. Le donne non erano ammesse nelle compagnie e le parti femminili erano interpretate da giovinetti. Gli spettatori privilegiati assistevano agli spettacoli dalle gallerie e perfino dal palcoscenico stesso, quelli più poveri occupavano in piedi la platea. Al pari di tutte le grandi fioriture teatrali, quella elisabettiana fu insieme artistica e artigianale, come dimostra il fatto che uno Shakespeare fu attore e non poeta drammatico “puro”. Autori, interpreti e spettatori concorsero insieme a imprimere al teatro elisabettiano la sua vitalità, aristocratica e popolare a un tempo.

Musica

Anche la musica ebbe notevole sviluppo durante il regno di Elisabetta e certamente l'affermarsi del culto anglicano favorì un rinnovato interesse per le composizioni sacre, in cui si distinse W. Byrd, che scrisse musica vocale strumentale sia per i cattolici sia per i protestanti. Accanto a lui eccelsero come madrigalisti, virginalisti e compositori di musica vocale strumentale John Bull, O. Gibbons, J. Dowland, T. Weelkes e i Ferrabosco, di origine italiana, fautori dei primi spettacoli con musica, i masques, venuti dall'Italia principalmente attraverso il francese N. Lanier, un po' sprezzati dai grandi polifonisti come Byrd, ma coltivati da numerosi altri, tra cui T. Campion.

Arti figurative e applicate

Il principale tramite degli ideali rinascimentali furono le incisioni fiamminghe e la presenza di artisti e di artigiani protestanti fiamminghi e olandesi, rifugiatisi in Inghilterra per le persecuzioni calviniste. Il soggiorno di Hans Holbeinghilterra esercitò grande influsso, ma non si ebbero in pittura esiti di rilevante importanza: fiorì invece l'arte della miniatura ed ebbe grande fortuna l'arte incisoria. Importante fu l'influenza rinascimentale nell'architettura, che tuttavia diede positivi risultati di rinnovamento dopo il periodo elisabettiano, cioè nel secondo decennio del sec. XVII, con il classicismo palladiano di I. Jones. Espressione della scultura di questo periodo furono i monumenti funebri, in cui prevalsero echi olandesi e francesi. Lo stile elisabettiano caratterizzò forme e ornamenti del mobilio e di altri elementi dell'arredamento inglese dell'epoca (vedi anche Tudor).

Bibliografia

Per l'arte

M. Whiffen, An Introduction to Elizabeth and Jacobean Architecture, Londra, 1952; M. Whinney, Renaissance Architecture in England, Londra, 1952; J. Summerson, Architecture in Britain, 1530-1830, Londra, 1953; J. P. Blake, Le meuble anglais des Tudor aux Stuarts, Parigi, 1961; G. Dellacqua, Il rinascimento Tudor, Roma, 1982.

Per la letteratura

G. Bontoux, La chanson en Angleterre au temps d'Elizabeth, Parigi, 1938; R. Tuve, Elizabethan and Metaphysical Imagery, Chicago, 1947; F. Kermonde, J. Hollander, The Oxford Anthology of English Literature, 2 voll., Oxford, 1973; M. M. Reese, Shakespeare. Il suo mondo e la sua opera, Bologna, 1989.

Per il teatro

T. S. Eliot, Saggi elisabettiani, Milano, 1947; M. Praz (a cura di), Teatro elisabettiano, Firenze, 1948; A. Orbetello (a cura di), Teatro elisabettiano, 2 voll., Milano, 1950; G. Baldini, Il dramma elisabettiano, Milano, 1962; D. Alexander, The Elizabethan Theatre, Milano, 1981.

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