gènio (religione)

Indice

Lessico

sm. [sec. XV; dal latino geníus, nome di una divinità tutelare, poi inclinazione naturale].

1) Nella religione romana, essere tutelare congenito alla persona (in questo senso spesso con l'iniziale maiuscola): il Genio di Roma. Per estensione, essere immaginario che si ritiene influisca sulle decisioni dell'uomo o su determinati eventi della vita: è stato il mio buon genio a ispirarmi; il genio del bene, del male; in particolare, essere il buono o il cattivo genio di qualcuno, esercitare buona o cattiva influenza su di lui.

2) Talento, attitudine, disposizione particolare per qualche cosa: ha il genio degli affari. Per estensione, indole, gusto, simpatia: andare a genio , piacere, riuscire simpatico. In particolare, carattere distintivo: il genio del cristianesimo; il genio della lingua, il complesso dei caratteri peculiari di una data lingua.

3) Superiore potenza creatrice dell'ingegno che si manifesta in alcuni individui: il genio di Omero; un uomo di genio , dotato di grande ingegno nell'attività speculativa e pratica; un lampo di genio , una trovata geniale; Leonardo è uno dei più grandi geni dell'umanità; ironicamente: genio incompreso, di chi è convinto di possedere un grande ingegno, ma non ne ha mai dato prova. Per estensione, persona dotata di elevatissime capacità intellettuali, accompagnate da creatività, pensiero produttivo, ecc. Si è tentato di dare una misurazione del genio in termini di efficienza intellettiva, classificando come tali tutte le persone che esibissero un Q. I. superiore a 140, ma tale classificazione viene oggi dai più criticata.

Religione

Ogni soggetto maschile aveva il proprio genio (le donne avevano forse al suo posto una iuno personale), al quale sacrificava nel genetliaco e in altre occasioni. A differenza del nostro concetto di anima, il concetto romano di genio si riferiva a quanto sembrava sfuggire al controllo della coscienza: gli impulsi, gli istinti, l'inconscio, o anche (in un senso ancora vivo nella religiosità popolare), ciò che appare come “destinato” (quasi un destino connaturato), e dunque estraneo alla responsabilità personale. Era la “natura” di un individuo (e natura ha la stessa etimologia di genius), donde fu adoperato il termine genio anche per indicare la “natura” di una collettività (per esempio di una legione: ogni legione venerava il proprio genio ) o di un luogo. Nel primo caso, il genio circoscriveva una vita della collettività indipendente dalla vita dei singoli componenti, e dunque sfuggente alle singole responsabilità personali. Nel secondo esprimeva una personificazione con cui l'uomo poteva entrare in comunicazione nell'occupare un luogo e che forniva al luogo stesso un'individuazione, quasi la ricognizione della sua natura segreta che, altrimenti, sarebbe sfuggita al controllo umano. Oggetto di culto pubblico fu il Genio del popolo romano e, in età imperiale, quello degli imperatori.

Iconografia

In origine il Genio era raffigurato sotto forma di serpente e tale appare su pitture di Pompei ed Ercolano, soprattutto come Genius loci. Come dio protettore della famiglia (Genius familiaris) o dell'imperatore (Genius Augusti) è raffigurato come un uomo togato, con il capo velato, spesso con patera e cornucopia (statua della Rotonda dei Musei Vaticani). Più tardi il Genius Augusti venne rappresentato come un giovinetto con mantello drappeggiato. Il Genius populi romani è raffigurato come un giovane dal torso nudo, il mantello drappeggiato e la cornucopia; il Genius senatus ha l'aspetto di un uomo barbuto avvolto nella toga (Roma, fregio della Cancelleria nel palazzo omonimo).

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