innovazióne

sf. [sec. XIV; da innovare]. L'atto dell'innovare, dell'introdurre metodi, sistemi nuovi e simili; il risultato di tale azione; novità, modifica, riforma: innovazioni che hanno rivoluzionato i sistemi produttivi. § In diritto: per l'innovazione nell'usufrutto, l'usufruttuario non può eseguire miglioramenti o innovazioni nella cosa che ne alterino la destinazione economica; per l'innovazione nella servitù, il proprietario del fondo dominante non può fare innovazioni che rendano più gravosa la condizione del fondo servente; per l'innovazione nel condominio, i condomini con la maggioranza dei 2/3 del valore dell'edificio possono disporre le innovazioni dirette al miglioramento o al miglior uso delle cose comuni; per l'innovazione nella locazione, l'inquilino non può compiere sulla cosa ricevuta in locazione le innovazioni che ne diminuiscano il godimento da parte del locatore. § In economia, una nuova combinazione dei fattori produttivi. Secondo J. A. Schumpeter, che ne è stato il più importante teorico, si ha innovazione, in particolare, con l'introduzione di un nuovo bene o di un nuovo metodo di produzione, con l'apertura di un nuovo mercato, con la conquista di una fonte d'offerta di materie prime e di semilavorati, con l'attuazione di nuovi tipi di organizzazione (come la creazione di una posizione di monopolio o la rottura di tale posizione). Innovazione finanziaria, la creazione di nuovi strumenti finanziari o la modificazione di strumenti finanziari esistenti in modo da rispondere in modo più esauriente alle richieste degli investitori. § In geografia, la diffusione dell'innovazione, in base alla fondamentale teoria di Hägerstrand, è regolata da una matrice di interazione che definisce il campo dell'informazione, ovvero le modalità secondo cui i flussi innovativi circolano all'interno di un sistema regionale. Tali flussi vengono variamente condizionati dalle barriere fisiche e dai fattori socio-psicologici di resistenza, che possono limitare o deviare l'adozione dell'innovazione, producendo sensibili differenziazioni spaziali. § In linguistica, mutamento che avviene in un sistema linguistico e può riguardare un singolo suono, una parola, un costrutto grammaticale o sintattico. Lo si può constatare non solo confrontando due forme di epoche diverse, ma anche due forme di una stessa epoca, perché la sostituzione di una nuova forma linguistica a quella precedente non avviene mai contemporaneamente in tutti gli ambienti sociali e in tutto il territorio di una stessa comunità di parlanti. Così mentre in un ambiente giovanile o in un centro cittadino è già presente una certa innovazione, persone anziane o di centri rurali continuano ancora a usare la vecchia forma. Non è anzi detto che l'innovazione riesca sempre a raggiungere tutti gli ambienti sociali e tutto il territorio in cui si parla una data lingua; a volte essa resta circoscritta e si esaurisce nell'ambiente anche piccolo in cui è sorta. La sua più o meno ampia diffusione è dovuta essenzialmente al prestigio culturale e all'importanza politica, sociale ed economica del centro in cui l'innovazione si è affermata. In certi casi un'innovazione può anche superare i confini di una comunità linguistica estendendosi ad altre lingue. Molti dei fenomeni che caratterizzano le lingue romanze hanno la loro origine in innovazioni del latino volgare: tra quelle fonetiche si può ricordare la monottongazione dei dittonghi ae, au in e, o (laetus>letus da cui l'italiano lieto, paucus>pocus da cui l'italiano poco); tra quelle morfologiche la formazione del comparativo con plus (felicior>plus felix da cui l'italiano più felice); tra quelle sintattiche la formazione dell'articolo indeterminativo dal numerale unus (unus amicus da cui l'italiano un amico); tra quelle lessicali la sostituzione di ignis con focus (da cui l'italiano fuoco).