laterìzio

Indice

Lessico

agg. e sm. [sec. XVI; dal latino latericíus, da later-ĕris, mattone].

1) Agg., fatto, costituito di mattoni, di terracotta: costruzione laterizia; relativo alla fabbricazione dei mattoni: industria laterizia, che produce mattoni.

2) Sm., manufatto ceramico colorato, poroso, senza rivestimento, appartenente alla classe delle terrecotte.

Tecnica

I laterizi si distinguono in: pieni (mattoni, mattonelle e piastrelle), forati (mattoni forati, tavelle, tavelloni e volterrane), laterizi per coperture (tegole, coppi, marsigliesi, ecc.). Rientrano fra i laterizi, per le modalità di fabbricazione, anche altri componenti edilizi quali comignoli, particolari decorativi, pezzi speciali per coperture, canne fumarie e di ventilazione. Le qualità richieste per questi manufatti sono impermeabilità, buona coesione con le malte, durezza e resistenza all'urto e ai carichi a compressione. Si ottengono da terre ricche di argille fusibili a bassa temperatura (intorno ai 1000 ºC) contenenti quarzo, ossido di ferro, calcare, gesso e pirite; per la produzione di tegole la percentuale di calcare deve essere molto bassa ed elevata invece quella di ossido di ferro al fine di assicurare la massima impermeabilità. L'argilla estratta dalla cava e lasciata “maturare” all'aperto, per favorire il dilavamento dei sali solubili in acqua e lo sviluppo di sostanze organiche che aumentino la plasticità, viene sottoposta a una macinazione con molazze e a un'ulteriore raffinazione in laminatoi. L'impasto si effettua in impastatrici a nastro sotto vuoto per togliere l'aria inglobata. La formatura per mattoni pieni, forati, coppi, ecc. (eccettuando le piccole fabbriche artigianali che producono mattoni pieni per riempimento manuale di stampi) si effettua in cilindri in cui una vite, ruotando, omogeneizza l'argilla e la forza a uscire da una matrice posta in testa che impartisce la forma; poi una taglierina in linea taglia il trafilato in pezzi della lunghezza voluta. Le tegole marsigliesi e altri pezzi speciali sono ottenuti per pressatura in presse verticali con stampi in gesso o in metallo. La fase di essiccamento, che un tempo avveniva all'aperto durante la stagione calda, è oggi realizzata in essiccatoi a camera o a galleria nei quali circolano fumi o gas prima caldi e umidi, per non provocare un troppo rapido essiccamento superficiale, quindi sempre più secchi. Nei moderni impianti la cottura viene effettuata in forni a tunnel completamente automatici; molto usate sono anche le fornaci Hoffman (vedi forno).

Cenni storici

L'uso dei laterizi è antichissimo. Molte costruzioni egiziane e i grandi palazzi mesopotamici hanno alcune parti in mattoni cotti in fornace. Presso Greci ed Etruschi il laterizio era usato solo per tegole di copertura e per terrecotte di rivestimento (antepagmenta); nell'architettura venivano invece impiegati mattoni seccati al sole o poco cotti. L'abbondante uso del mattone cotto in fornace, iniziato con Augusto, costituì l'innovazione della tecnica edilizia romana che consentì la costruzione dei grandi edifici di età imperiale. Alcuni mattoni romani di questa età recano, come oggi, i bolli di fornace (bolli laterizi), veri e propri marchi di fabbrica. Se ne conoscono migliaia e rivestono grande interesse per la datazione degli edifici e l'importanza delle fabbriche (figlinae), diventate numerose specialmente nell'età degli Antonini (sec. II d. C.), prima in proprietà di privati, dai quali prendevano nome, poi passate in proprietà di famiglie imperiali. La scomparsa dei bolli nel sec. III indica la flessione intervenuta nella produzione dei laterizi, che a Roma si riprende però con Diocleziano per la grande richiesta di materiali che si ebbe per le opere pubbliche del tempo, tra le quali le celebri terme. Esemplari numerosi di bolli laterizi si trovano nelle raccolte dell'Antiquarium comunale di Roma.

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