nichilismo

(meno comune nihilismo), sm. [sec. XIX; dal latino nihil, nulla]. Termine designante in generale qualsiasi atteggiamento di negazione di uno o più aspetti della realtà. In senso negativo, fu usato polemicamente da Hamilton contro Hume, negatore della realtà sostanziale, mentre in Nietzsche acquistò un significato positivo indicando l'attivo intervento per distruggere i vecchi valori e le credenze tradizionali, proprio degli “spiriti forti”. In particolare (ma il termine usato da Turgenev nel romanzo Padri e figli ebbe più fortuna in Occidente che in Russia), corrente del pensiero sociale russo sorta verso il 1860, che, in polemica con il populismo, poneva il problema dell'emancipazione individuale prima di quella sociale. Perseguitato dalla reazione zarista, il movimento nichilista, composto per lo più da studenti e da elementi della piccola borghesia, che credevano nella funzione rivoluzionaria dell'élite in contrapposizione alla passività delle masse, negava la cultura e la morale tradizionali, affermandosi materialista e volontarista. Ne fu principale teorico lo scrittore Dmitrij Ivanovič Pisarev, mentre il suo organo di propaganda fu la rivista Russkoe Slovo. Dopo il 1870, per influenza di Černyševskij, il nichilismo si avvicinò alle posizioni di Bakunin e di Nečaev, partecipando anche ad attentati terroristici, smentendo così gli atteggiamenti originariamente non violenti del movimento.

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