obelisco

Indice

Lessico

sm. (pl. -chi) [sec. XIV; dal greco obelískos, dim. di obelós, propr. spiedo].

1) Termine con cui i Greci designarono un tipico monumento egizio, costituito in genere da un pilastro monolitico a sezione quadrata, rastremato verso l'alto e terminante a punta di piramide.

2) Lo stesso che obelo.

3) Per estensione: A) in geologia, grosso blocco di lava (monolite) consolidatosi all'interno della bocca vulcanica, che viene spinto all'esterno dalle forti pressioni esercitate dal magma fuso sottostante durante l'attività eruttiva del vulcano. Famoso è l'obelisco eruttato dal vulcano nella Montagna Peléenell'isola Martinica (Antille), denominato Dente del Gigante. Sinonimi di obelisco sono anche guglia, belonite, spina. B) In etologia, è detta posizione a obelisco la posizione di stazionamento assunta da alcuni libellulidi con l'addome sollevato quasi verticalmente; ha funzione di termoregolazione, in quanto permette di aumentare l'insolazione del corpo quando il Sole è basso sull'orizzonte e di ridurla quando il Sole è alto. I maschi di alcune specie, che in volo minacciano gli altri maschi sollevando l'addome, adottano la posizione a obelisco anche come segnale territoriale.

Arte

In Egitto, connesso nell'età più antica con la pietra benben di Eliopoli su cui si sarebbe posato Atum al momento della creazione, l'obelisco conservò anche successivamente il suo carattere di monumento solare, spesso accentuato da rivestimenti d'oro della punta per riflettere i raggi del sole. Nei templi solari della V dinastia appare piuttosto tozzo, posto su un basamento e preceduto da un altare. Solo durante la XII dinastia acquistò la sua forma canonica, quale appare nell'obelisco di Sesostri I a Eliopoli, le cui iscrizioni mostrano anche come questo monumento fosse connesso coi giubilei trentennali della sovranità. Le dinastie XVIII e XIX eressero la maggior parte degli obelisco tuttora esistenti, in granito rosa di Aswân, con iscrizioni e decorazioni, posti generalmente a coppie sulle facciate dei templi. L'obelisco più alto è quello, incompiuto, tuttora giacente nelle cave di Aswân (41,75 m), dal quale è possibile capire il sistema con cui si estraeva la pietra. Numerosi obelischi egiziani furono trasportati a Roma in età imperiale. Augusto ne innalzò uno nel Circo Massimo (oggi a piazza del Popolo) e uno nel Campo Marzio, utilizzato come asta di un colossale orologio solare. Sotto Domiziano fu portato a Roma l'obelisco oggi a piazza Navona . Il più alto, dopo quello di Aswân, è l'obelisco del Laterano (32 m), portato a Roma da Tebe nel sec. IV d. C. per adornare il Circo Massimo. Nel Rinascimento gli obelischi vennero nuovamente valorizzati dagli architetti della Roma papale: le attuali sistemazioni risalgono in gran parte a Sisto V, che li fece innalzare agli incroci delle nuove strade del suo piano regolatore realizzato dall'architetto Domenico Fontana. In età moderna obelischi furono trasportati anche a Parigi, Londra, New York.

Bibliografia

H. Kastl, Der Lateranische Obelisk in Rom. Schicksal eines antikeen Baudenkmals, Monaco, 1964; C. D'Onofrio, Gli obelischi di Roma, 1965; E. Iversen, Obelisks in Exile, Copenaghen, 1972; S. Moscati (a cura di), I segreti degli obelischi, La Spezia, 1989.

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