Generalità

Artefiorita tra il sec. X e la prima metà dell'XI durante i regni degli imperatori della casa di Sassonia di nome Ottone, nel territorio del Sacro Romano Impero compreso tra il Reno e l'Elba, ma con frange fin nei bacini della Mosa e della Mosella, della Senna e della Loira. L'arte ottoniana si pone come necessario termine di passaggio tra lo stile carolingio e il romanico, alle cui fasi più precoci in Spagna, Italia e Francia esso si affianca. Caratterizzata dalla ripresa di schemi e di motivi carolingi, nell'arte ottoniana si fondono anche spunti bizantini (nel 972 Ottone II sposò la principessa greca Teofano), particolarmente evidenti nel comporre pacato e solenne e nell'intensa forza espressiva dei gesti, tipica del mondo germanico.

Architettura

Di carattere monumentale e solenne, l'architettura ottoniana si distingue dalle contemporanee architetture preromaniche nel resto d'Europa per la sua potente originalità nella creazione di edifici nei quali l'attenzione si concentra sulla struttura e sulla massa; ne costituiscono una conferma l'importanza relativa attribuita alla decorazione dipinta e a stucco e l'assenza del mosaico, che esprimono il distacco dalla tradizione bizantina e tardo-antica, vive per altro in altri campi della produzione artistica ottoniana. Tra le tipologie, frequenti la pianta centrale, per battisteri e cappelle palatine, sull'esempio di quella carolingia di Aquisgrana, ripresa a Nimega, Selestat, Liegi, Essen, Groninga, Mettlach; e la pianta basilicale, spesso a tre navate con copertura piana e transetto scanditi da pilastri o da colonne alternate a pilastri, con forte accentuazione del carattere organico della struttura architettonica grazie al peso degli elementi portanti e della struttura muraria. Frequente la soluzione ad absidi contrapposte e i complessi di torri assiali e simmetriche derivanti dal Westwerk carolingio che concludono l'edificio a un'estremità contrapponendosi al complesso delle absidi e del coro; quasi ovunque è presente la cripta a tre navate d'uguale altezza (Krypthalle). Nonostante i rimaneggiamenti, le aggiunte, i restauri, restano tra gli esempi più autorevoli dello stile ottoniano in architettura le chiese di S. Michele a Hildesheim, di S. Gertrude a Nivelles, di S. Pietro a Wimpfen, di S. Pantaleone a Colonia, la facciata occidentale del duomo di Treviri, le conventuali di Linburg an der Haardt e di Gernrode.

Arte: scultura

Molto scarsi sono nell'arte ottoniana gli esempi di scultura in pietra, alla quale si preferiscono materiali quali il legno, il bronzo, lo stucco, l'avorio. Gli stucchi compaiono specialmente nella parte meridionale dell'impero; tra i più noti sono il ciborio di S. Ambrogio a Milano (972-973) e il rilievo con Battesimo di Cristo nella chiesa di S. Giovanni a Münster, dove si notano evidenti legami col gruppo coevo di Sante nella chiesa di S. Maria in Valle a Cividale (inizio sec. XI), tutte opere ispirate a una solennità non priva di vigore espressivo. Capolavoro della scultura in legno è la croce del vescovo Gerone (ca. 969-976), nel duomo di Colonia. Le maggiori affermazioni della plastica ottoniana sono però legate all'arte della fusione in bronzo. Sotto il vescovo Bernward, precettore di Ottone III, fiorì la celebre scuola di Hildesheim, cui si devono le porte bronzee del duomo della città (1007-18) con Storie della genesi interpretate con vivo senso drammatico, mentre dello stesso Bernward pare sia la colonna bronzea all'interno del duomo, con un fregio continuo che sale a spirale secondo il gusto romano. Interessanti sono pure la porta del duomo di Magonza e il candelabro della cattedrale di Essen. Capolavori di scultura e di oreficeria sono le immagini-reliquiario lignee di Madonne rivestite di lamine d'oro e di gemme, come quelle dei Tesori di Essen e di Conques.

Arte: oreficeria

Molto ricche sono le testimonianze dell'oreficeria ottoniana, dovute ai vari centri di produzione sparsi nel vasto territorio dell'impero e, come gli avori, di altissima qualità. Spicca tra le altre la scuola di Treviri dove, sotto l'arcivescovo Egberto, furono eseguiti gli splendidi reliquiari del piede di S. Andrea e del Chiodo della S. Croce (Treviri, cattedrale), la copertina del Codex Aureus di Echternach, che include anche un celebre avorio. Anche intorno alle città di Colonia e di Aquisgrana gravitò tutta una ricca produzione, alla quale appartengono gli oggetti del Tesoro della cattedrale di Essen, tra cui la croce del duca Ottone e della badessa Matilde, il reliquiario e la copertina dell'evangeliario della badessa Teofano. Un altro centro di oreficeria fu forse Magonza come farebbe supporre il ritrovamento, avvenuto nelle mura della città, del famoso Giselaschmuck o tesoro delle imperatrici, oggi perduto, nel quale confluiscono tendenze diverse che rendono difficile determinare il luogo d'origine; alla stessa corrente artistica sembra si possa riallacciare una serie di opere quali la corona di Carlo Magno e la Croce dell'Impero (Schatzkammer di Vienna), ornati con gemme e filigrana. Capolavori dell'oreficeria ottoniana sono infine il paliotto aureo di Enrico e il dossale di Ottone III, dove la decorazione è affidata, nel primo, alle figure in rilievo tra arcate e, nel secondo, alle scene rappresentate dalle diverse placche accentrate intorno alla figura di Cristo. Il tipico senso plastico ottoniano si afferma negli avori (soprattutto oggetti connessi con la liturgia: paliotti d'altare, pastorali, secchielli per l'acqua santa, legature di evangeliari), prodotti specialmente nella zona tra Mosa, Mosella e Reno. Lo stile è un naturale proseguimento di quello carolingio, ma con più vivi echi bizantini, visibili anche nella forma assunta dalle copertine di codici, a placca quasi quadrata anziché a dittico. Di non facile classificazione, gli avori ottoniani vengono raggruppati secondo caratteristiche comuni intorno a un pezzo particolarmente rappresentativo. Il gruppo di Magdeburgo, per esempio, prende il nome dalle placche dello smembrato paliotto di Magdeburgo (ca. 970, Museo di Monaco e Biblioteca di Berlino), una delle testimonianze maggiori, in cui le scene tratte dal Nuovo Testamento sono improntate a solenne sobrietà. Tra gli avori lombardi notevole il secchiello dell'arcivescovo milanese Goffredo (ca. 975, Tesoro del duomo di Milano). Posteriore è il gruppo di Echternach, che fa capo alla copertina del Codex Aureus di Echternach (Parigi, Bibliothèque Nationale) eseguita a Treviri sotto l'arcivescovo Egberto; si tratta di avori di altissima qualità, caratterizzati da un vigore plastico ed espressivo eccezionale. Molto vicine allo stile carolingio sono le placche delle rilegature provenienti dal Tesoro del duomo di Bamberga (Vienna, Kunsthistorisches Museum).

Arte: pittura e miniatura

Poche sono le testimonianze della pittura murale, nella quale spiccano il ciclo di S. Giorgio a Oberzell nella Reichenau, e, in Italia, quello di S. Vincenzo a Galliano. Molto ricca invece la documentazione della miniatura ottoniana che fiorì nei centri monastici sviluppando, pur nella caratteristica austerità, una notevole vivacità plastica e gusto drammatico. La scuola più nota è quella di Reichenau (seconda metà sec. X, inizio XI), cui si devono tra l'altro l'Evangeliario di Ottone III (Monaco, Bayerische Staatsbibliothek) dove lo stile maestoso è animato da intensi effetti espressivi, quasi allucinati, e il Salterio di Egberto (Cividale, Museo Archeologico). Altri celebri scriptoria furono quelli di Treviri (Sacramentario di Lorsch), di Colonia (Sacramentario di S. Gerone, Parigi, Bibliothèque Nationale), di Fulda e di Ratisbona.

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