ségnico

agg. (pl. m. -ci) [sec. XX; da segno]. Proprio del segno, che ha carattere di segno, specialmente in senso linguistico: valore segnico di un fonema. In particolare, pittura segnica, genere di pittura che si colloca, con la pittura gestuale e quella materica, nell'ambito delle poetiche dell'informale e che si è sviluppata dal 1950 in differenti tendenze. Erede in parte della scrittura automatica del surrealismo, la pittura segnica è basata sull'impiego di elementi del grafismo automatico, cioè di segni che non rappresentano forme e immagini della realtà, ma che si pongono come manifestazioni di una realtà disarmonica (per esempio i sottili calligrafici grovigli di Wols), o come un nuovo alfabeto, un diverso mezzo di comunicazione (per esempio le successioni e combinazioni di segni sistematicamente ripetuti di G. Capogrossi), o infine come proiezione di una gestualità spontanea (Action Painting), dove però il valore preminente è affidato non al segno in sé ma all'immediatezza dell'impulso, all'attività fisica che esegue il segno. Tra i maggiori esponenti delle varie tendenze della pittura segnica si ricordano anche H. Hartung, M. Tobey, G. Mathieu, E. Vedova, H. Michaux ecc.

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