ordine religioso (Ordo Sancti Benedicti) fondato da San Benedetto.. Caratteristica fondamentale della regola, definita un “compendio del Vangelo” (Bossuet) e una personificazione del “vero spirito romano” (Herwegen), è la comunitarietà, in opposizione all'individualismo. Ogni monastero è una famiglia relativamente autonoma, in cui l'abate funge da padre in senso moderatore e con piena potestà, tale da poter imprimere la sua personalità al monastero, e con mandato di per sé perpetuo. All'insegna del lavoro e della preghiera (ora et labora) i monaci svolgono attività sia manuali sia culturali, alternandole al canto del Divino Ufficio e alla meditazione.

Cenni storici

Il nuovo ordine ebbe presto grande diffusione: Montecassino, Terracina e Subiaco sorsero mentre era ancora vivente San Benedetto; altri sorsero in Italia dopo la sua morte (a Roma e in Sicilia). Sotto il pontificato di Gregorio Magno (m. 604), discepolo di Benedetto, il monaco Agostino fu inviato con quaranta compagni a diffondere il Vangelo e il monachesimo in Inghilterra. I benedettini evangelizzarono la Germania (Bonifacio, con bolla pontificia del 718), i Paesi Bassi (Suitberto), la Scandinavia (Anscario), e con il cristianesimo si diffuse il monachesimo. Sotto il patronato di Ludovico il Pio fallì il progetto di riunire tutti i monasteri dell'impero (817). Alla fine dello stesso secolo i monasteri, tra cui quello di Montecassino (883) e, a più riprese, quello di Subiaco, venivano distrutti dai Saraceni. Nel 910 l'istituzione ritrovò la fioritura a Cluny. La regola, con la sua ampiezza di vedute, dava adito a diversi adattamenti, da cui sorsero congregazioni con fisionomie particolari. Tali sono quelle di Camaldoli (1012), Vallombrosa (1036), Grand-Mont, Fontevrault (1100), Montevergine (1120), dei silvestrini (1231), dei celestini (ca. 1240), degli olivetani (1313) e dei cistercensi (1098), da cui nacquero i trappisti (1664) o cistercensi riformati. Già dal sec. IX era in uso che i superiori dei vari monasteri dipendenti si riunissero insieme con l'abate della casa madre per consultarsi. Il Concilio Lateranense (1215) impose a tutti gli abati di riunirsi per regione e Benedetto XII completò la prescrizione (Summi Magistri, 1336). Il movimento congregazionista fu sostenuto soprattutto dall'abbazia di S. Giustina di Padova (1419), congregazione che fu detta cassinese (1507) e si estese a quasi tutti i monaci d'Italia, e, in Germania, dall'abbazia di Bursfeld (1420). Il sistema delle congregazioni, reso obbligatorio dal Concilio di Trento (XXV sessione) e incoraggiato da Leone XIII nel 1893, unì tutti i “monaci neri” (e ora anche i silvestrini, olivetani e vallombrosani) in una confederazione cui presiedeva un abate primate eletto ogni dodici anni con residenza a Sant'Anselmo sull'Aventino a Roma. I benedettini hanno dodici abbazie nullius (indipendenti) e officiano in molte parrocchie; sono inoltre benemeriti del movimento liturgico (soprattutto a Mont-César a Lovanio e a Solesmes in Francia) e del canto sacro. In Italia la costituzione della società S. Cecilia è opera dell'abate Ambrogio Amelli. I benedettini ebbero affidata la traduzione della Vulgata da Pio X nel 1907 e da Pio XI, che appositamente costruì l'abbazia di S. Girolamo all'Urbe. Nel 1988, i membri dell'ordine benedettino, suddiviso in numerose congregazioni, assommavano complessivamente a 9273, distribuiti in 351 case. Nel 1996 i benedettini confederati erano 8601 (dei quali 4987 sacerdoti), in 357 conventi; il ramo femminile contava 5280 religiose in 240 conventi. § La regola di San Benedetto ha un importante, anche se implicito, aspetto educativo. Nelle figure dell'abate e del monaco si possono individuare maestro e discepolo: il primo, identificandosi anche nel ruolo di padre, svolge la sua opera formativa attraverso gli elementi che tale figura comporta; le sue cure vanno soprattutto all'individualità del discepolo (del monaco), affinché dallo sviluppo delle singole personalità resti arricchita la comunità intera. Non si deve dimenticare inoltre che una delle funzioni dei monasteri benedettini fu lo sviluppo delle scuole (per esempio Montecassino).

Cenni storici: suore benedettine

Sull'esempio di Santa Scolastica, sorella di San Benedetto, le suore benedettine si dedicarono alla vita religiosa adottando la regola del fondatore dei benedettini. Il ramo femminile dell'ordine, che nel 1988 contava complessivamente 8714 religiose distribuite in 386 case, si divide in diverse congregazioni, di cui le più importanti sono: benedettine dell'adorazione perpetua, fondate negli Stati Uniti da alcune benedettine del monastero di Maria Rickenbach (Svizzera) nel 1874. Uniscono la perpetua adorazione del SS. Sacramento all'educazione dei ragazzi e all'insegnamento nelle parrocchie. Benedettine della congregazione di Santa Gertrude Magna, formate dalla riunificazione di alcuni monasteri autonomi degli Stati Uniti (1850). Loro scopo sono l'educazione della gioventù e l'assistenza negli ospedali e case di cura. Benedettine della Divina Provvidenza, fondate a Voghera dalle sorelle Giuseppina e Maria Schiapparoli nel 1855. Svolgono la loro attività negli ospedali, negli asili e nelle scuole. Benedettine di Nostra Signora del Calvario, congregazione sorta dopo la riforma dell'ordine benedettino compiuta dal famoso padre Giuseppe da Tremblay (l'“eminenza grigia”) nel 1617. Uniscono la vita contemplativa a quella attiva. Benedettine missionarie di Tutzing, che iniziarono la loro attività nel 1885 sotto la direzione di padre Andrea Amrhein, dedicandosi alle missioni nell'Africa orientale e meridionale, Corea, Filippine, Brasile, Bulgaria, Stati Uniti. Benedettine di Leopoli, congregazione fondata nel sec. XVII e che Alessandro VIII, nel 1690, sottomise alla regola di San Benedetto; raccolte in un'unica casa, si occupano dell'educazione della gioventù. Benedettine di Nostra Signora della Provvidenza, congregazione istituita nel 1826 a Pavia da suor Benedetta Cambiagio. Si dedicano all'educazione della gioventù povera e abbandonata negli asili, nelle scuole e nei laboratori.

Cultura

Quasi generale è il riconoscimento degli storici sulla funzione civilizzatrice e culturale dei benedettini: San Benedetto non aveva dettato nella Regula norme organiche per lo studio, ma queste erano implicite nella vita stessa dei monaci, tenuti alla lectio divina (lo studio della Sacra Scrittura e dei padri della Chiesa), e ben presto sorsero i celebri scriptoria, che diventarono i centri di trascrizione e di conservazione dei testi antichi; a Montecassino fu foggiata anche una forma di scrittura (beneventano), che divenne di uso generale fra gli scribi dal sec. VIII al XIII. Da questo inizio gli interessi si allargarono e recepirono nel tempo quasi tutto lo scibile umano: allo scriptorium cassinese si devono, per esempio, il recupero e la conservazione del Pro Cluentio di Cicerone, del De aquaeductis di Frontino, di alcune parti delle Historiae di Tacito, delle Metamorphoseon libri XI di Apuleio e il suo esempio fu presto imitato dagli scriptoria di Bobbio, di Farfa e di altri monasteri, costituendo con il fondo-biblioteche il presupposto necessario per lo sviluppo delle scuole, che sarà una delle principali funzioni culturali svolte dai monasteri benedettini, sia nelle scholae clausae, riservate ai religiosi, sia nelle scholae apertae, a cui accedevano anche alunni esterni. Da questi vivai di cultura uscì una fitta schiera di uomini illustri, che onorarono e dominarono, in vario modo, il loro tempo: Gregorio Magno, uomo di primissimo piano nella storia della Chiesa; Beda il Venerabile, fra i “fondatori del Medioevo” e padre della storia inglese; Alcuino, l'organizzatore della vita intellettuale nell'Impero carolingio; Rabano Mauro, il “pedagogo della Germania”; Walafrido Strabone, a cui si deve la “glossa ordinaria”; Autperto, un vero fenomeno di erudizione; Paolo Diacono, lo storico dei Longobardi; Piero Damiani, l'ardente difensore della libertà della Chiesa; Alfano, il “Virgilio cassinese”; Gregorio VII, il pugnace campione dei diritti della Chiesa di fronte al potere imperiale; Vittore III, Stefano II e Gelasio II, papi. E in un flusso ininterrotto ancora: Costantino l'Africano, l'abile traduttore dal greco e dall'arabo; Leone Marsicano, grande storico del Medioevo; Amato, lo storico dei Normanni; Bruno, il miglior esegeta biblico italiano fra i sec. VII e XII; Guido d'Arezzo e tutto il grandioso movimento di Cluny, che portò non solo al rinnovamento religioso dell'ordine, ma diede nuovi fermenti anche alla cultura in vaste zone dell'Europa. Nel campo filosofico l'ordine benedettino si fregia dei nomi di Abelardo; di Onorio d'Autun; di E. Pötsch (Opuscula philosophica); di P. Roger (poi papa Clemente VI); di G. Cortese, cardinale; di A. de la Moneda, il cui Cursus philosophicus divenne il testo usato nell'Università di Salamanca; di M. Weiss, celebre per la sua Introduzione alla logica; del cardinale Sfondrati, noto per il suo Cursus philosophicus Sangallensis; di V. Guff, autore della Philosophia scholastica universa; di B. Rousier e A. Riche, tributari delle idee che allora (sec. XVIII) si agitavano nelle università di Lovanio e di Donai; di P. Salvatore, O. Totus e A. Rainieri, seguaci delle dottrine aristoteliche. In altri campi troviamo i nomi di: A. Calmet, biblista; A. Bina, inventore del sismografo; A. Rabatta e S. Serrati, precursori dell'aeronautica; G. B. Ullathorn, che ristabilì la gerarchia cattolica in Inghilterra; B. Winmer, l'apostolo dell'ordine in America; R. Salvado, fondatore della prima missione benedettina in Australia.

Arte

L'attività dei monaci benedettini ha avuto anche nel campo artistico un'importanza tale da autorizzare l'ipotesi di una vera e propria arte benedettina, con un suo centro, fra il sec. IX e il XII, nell'Italia meridionale. È da tener conto che l'ordine benedettino fin dal suo sorgere si presenta come diga al franare della cultura romana dinanzi all'avanzata barbarica, assumendo poi la funzione di custode del patrimonio culturale dell'arte paleocristiana. La regola di San Benedetto, contemplando accanto alla preghiera la presenza di attività lavorative, fece sì che fin dall'inizio i monasteri benedettini si configurassero architettonicamente come complessi che prevedevano una vera autonomia di servizi, gestiti per la massima parte dai religiosi stessi. Così, accanto al chiostro e alla chiesa, ai vari ambienti che fungevano da dormitori, da cucine, da refettori per la comunità e a quelli riservati all'abate, era prevista la presenza di magazzini, di officine, di scuderie, di portinerie, nonché quella di infermerie e di cimiteri. I vari elementi del complesso non si articolavano però secondo criteri rispondenti a modelli prefissati, ma fruivano di una libertà di variazioni apportate secondo le esigenze dei vari luoghi d'adozione. Anche l'aula di culto facente parte del monastero non si differenziava sostanzialmente dal tipo basilicale in uso nell'Italia centro-meridionale. Uno dei più famosi esempi di monastero benedettino fu l'abbazia di Montecassino, commissionata nel 1071 dall'abate Desiderio, che divenne ben presto uno dei centri culturali e spirituali più importanti non solo della Campania, ma di tutto il Mezzogiorno, e che costituì un modello imitatissimo nelle costruzioni posteriori. Per quanto riguarda la pittura, ancora oggetto di discussione è il rapporto dell'ordine con l'arte bizantina metropolitana, e da questo il valore e l'originalità dei prodotti pittorici. L'opera dell'abate Desiderio, il quale chiamò maestri di mosaico e di tarsia da Costantinopoli (e non è escluso che giungessero anche pittori), è al centro della ricerca. Perduta la decorazione della chiesa di Montecassino, se ne può conoscere lo stile dagli affreschi di S. Angelo in Formis (Capua), commissionati dallo stesso abate Desiderio e risalenti alla seconda metà del sec. XI. Esclusi pochi brani dove l'influsso bizantino è largamente evidente (lunette dell'atrio), nel complesso l'opera si presenta con caratteri autonomi e originali, soprattutto per merito di un colorismo accentuato e ricco di contrasti che infonde ai fissi e ieratici modelli bizantini un certo moto drammatico. Largo contributo alla diffusione dell'arte benedettina venne dalla scuola miniatoria cassinese, il cui capolavoro è il codice con la Vita di San Benedetto (Roma, Biblioteca Vaticana), che conserva anche il ritratto di Desiderio.

Musica

Particolarmente importante è la funzione svolta dai benedettini nel campo della musica dal Medioevo sino ai nostri giorni. La tradizione gregoriana, codificata da Gregorio Magno, trovò nei monasteri benedettini i maggiori centri di conservazione e di diffusione; tra i più importanti sono da annoverare S. Gallo, Einsiedeln, Reichenau, Cluny, S. Marziale di Limoges, Fleury, Corbie, Montecassino, dove si svilupparono centri scrittori e si elaborarono fondamentali innovazioni nella composizione e nella teoria del canto gregoriano e più in generale della musica sacra e liturgica. Tra i teorici e musicisti benedettini sono da citare, per il Medioevo, Aureliano di Reomé, Remigio d'Auxerre, Reginone di Prüm, Notker Balbulus, Ucbaldo di Saint-Amand, Oddone di Cluny, Guido d'Arezzo, Adamo di Fulda; dal sec. XV al XVIII, Adriano Banchieri, Bedos de Celles, Jean Mabillon, Martin Gerbert. Ai benedettini si deve inoltre il vasto movimento di restaurazione del canto gregoriano che, iniziato nel 1833 dalla scuola di Solesmes, sfociò nella nuova edizione del corpus delle melodie gregoriane, ufficialmente approvata e adottata dalla Chiesa nel 1904. Da ricordare in questo senso l'opera di P. Guéranger, J. Pothier, A. Mocquereau (fondatore tra l'altro della Paléographie musicale, 1889, raccolta dei più importanti codici gregoriani in edizione critica), B. Pitra, G. Molitor, A. Schibiger, P. Ferretti, G. Sunol, J. Gajard.

Bibliografia

Per la cultura benedettina

T. McLanglin, Le très ancien droit monastique de l'Occident, Ligugé, 1935; P. Lehmann, Enforschung des Mittelalters, Stoccarda, 1959-60; D. Knowels, Saints and Scholars, Cambridge, 1962; G. P. Della Capanna, La medicina monastica benedettina, Pisa, 1969; J. X. Burocoa, La vita benedettina, Roma, 1983.

Per l'arte benedettina

P. Mercier, Les primitifs français. La peinture clunysienne, Parigi, 1931; F. Masai, Sur les origines de la miniature irlandaise, Bruxelles, 1938; H. Focillon, La peinture roman en France, Parigi, 1938; Ph. Schmitz, Histoire de l'Ordre de St. Benoît, pag. 207-305, II, Masedsous, 1942; L. Coletti, I primitivi, I, Novara, 1942 (con bibliografia); E. Carli, Vetusta duccesca, Firenze, 1946; H. Bloch, Monte Cassino in the Middle Ages, Roma, 1986.

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