simbologìa

sf. [sec. XIX; da simbo(lo)+-logia]. Scienza che studia i simboli e il loro valore. Per estensione, uso dei simboli e complesso dei simboli usati; simbolismo: la simbologìa chimica. § Numerose sono state le teorie formulate sui simboli e a diversificarle hanno contribuito la provenienza culturale dei suoi cultori e il diverso aspetto sotto il quale le varie scuole hanno studiato il fenomeno. I simbolisti fanno capo a G. F. Creuzet, che a sua volta si ricollegava all'ideologia romantica della spontaneità dei fenomeni mitici e ricercava l'origine del sentimento religioso nella primordiale unione dell'uomo con la natura. Questa unità si esprime nel panpsichismo, in cui operano forme simboliche con la conseguente personificazione delle forze della natura. Da questo irrazionalismo emerge che l'attività simbolo-genetica è connaturale all'uomo e che essa serve a riscattare l'incapacità del linguaggio a esprimere l'infinito. La scuola sociologica fa capo a E. Durkheim, che assegnava al simbolo una posizione centrale, riconoscendo agli oggetti materiali (per esempio il totem) o a rappresentazioni (per esempio il mana) il valore di segni che vanno interpretati in termini sociali. Nel totem quindi era da vedersi non tanto l'oggetto in sé, quanto piuttosto il clan da esso rappresentato. Il segno scelto è quindi arbitrario in rapporto al suo significato. Il prelogismo è la brillante formulazione data al simbolo da L. Lévy-Bruhl ed è fondato sull'identità segno-significato realizzata come partecipazione. La dicotomia tra segno e significato verrebbe meno nei cosiddetti “primitivi” per il loro modo particolare di cogliere la forma conoscenza-esperienza; realtà e simbolo, infatti, in essi non risultano distinti, perché il primitivo guarda alla realtà con mentalità religiosa e quindi già disposta a cogliere il simbolismo in tutta la complessità dei significati che vanno al di là delle evidenze sensibili. È questa una conoscenza prelogica, in quanto viene prima della conoscenza logica o razionalizzante, ma contiene già molto di più di quanto l'esperienza lasci vedere nel segno. Secondo l'irrazionalismo, il simbolo è un “ideogramma” che vorrebbe dare espressione alla realtà di per sé inesprimibile del sacro; o ancora, il simbolo è un messaggio del sacro all'uomo. Secondo R. Otto l'origine del simbolo è da ricercare nell'inadeguatezza del linguaggio a esprimere il sacro; a E. Cassirer invece si deve il tentativo di superamento della dicotomia segno-significato del simbolo come “modo di conoscenza”: le rappresentazioni formate dal linguaggio, dal mito e dall'arte sono forme di conoscenza particolari e si sviluppano su di una linea parallela a quella delle conoscenze logiche e scientifiche. Alla base di entrambe però vi è un sistema simbolico, nel quale il simbolo diviene il modo di essere sia della scienza e della logica sia del mito e dell'arte. È quindi possibile compilare una “grammatica” simbolica, che spieghi elementi comuni e differenze nell'applicazione del pensiero simbolico; a una condizione però: che si tenga ferma l'identità fra segno e significato. Ad avallare gli indirizzi irrazionalistici intervenne C. G. Jung affermando che il simbolo è manifestazione dell'archetipo, in quanto esso sarebbe un'“immagine arcaica”. P. Diel invece spiega il simbolo come “manifestazione del subconscio”, nella quale la divinità è assunta a simbolo tipico, che si qualificacome un mondo di “meccanismi psichici e intrapsichici”. A valori irrazionali (sebbene rinnovati) ritorna M. Eliade, mentre B. Malinowski considera il simbolo un modo di “comunicazione sociale”: la religione va collocata sullo stesso piano di qualsiasi altra manifestazione culturale e il simbolismo non è quindi esclusivo del fenomeno religioso. Gli oggetti a disposizione dell'uomo possono essere usati come strumenti o come segni. Nel primo caso non danno luogo a nessun simbolismo; nel secondo, invece, essi acquistano una funzione simbolica e portano a sistemi di conoscenza e di credenza. Condizionata dall'apparato sociale, la spinta fisiologica si trasforma in spinta culturale. La scuola anglosassone di antropologia sociale ha fatto propria gran parte della teoria di Malinowski.

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