uremìa

sf. [sec. XIX; da uro¹+-emia]. L'insieme dei fenomeni tossici dovuti all'accumulo nel sangue di sostanze che il rene elimina in condizioni normali, ma che vengono trattenute dall'organismo in presenza di alterazioni della funzione di quest'organo. L'uremia. rappresenta il quadro terminale di tutte le forme gravi e irreversibili della patologia renale. I primi sintomi sono grande affaticabilità, anoressia, pallore, alito urinoso cui seguono, in una fase più avanzata, nausea, vomito e altri disturbi (prurito, emorragie cutanee, dolori ossei e muscolari, neuropatie). Importanti sono anche i disturbi del respiro e quelli dell'apparato cardiocircolatorio che possono culminare in una insufficienza cardiaca acuta. Nelle fasi terminali si assiste a un progressivo obnubilamento della coscienza fino al coma. Interventi terapeutici sono utili solo se effettuati nelle prime fasi, considerate ancora reversibili, e consistono nella nutrizione controllata, nella cura dell'acidosi e degli squilibri elettrolitici, nella correzione della anemia e del dismetabolismo osseo. Nei pazienti con grave insufficienza renale cronica si deve ricorrere al trattamento con dialisi e al trapianto renale.

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