Lessico

sm. [sec. XIV; dal latino ren renis]. Organo escretore dell'urina, tipico dei Vertebrati, costituito da un complesso di tubuli che, embriologicamente, derivano dal mesodermametamerico e più precisamente dai peduncoli che uniscono i somiti al celoma.

Anatomia comparata

Rene pari di forma variabile si sviluppano in tutti i Vertebrati e costituiscono gli organi più importanti del sistema urinario. La struttura fondamentale del rene è il cosiddetto tubulo renale o nefrone: i numerosi tubuli renali si connettono con un sistema di dotti che provvede a trasportare all'esterno il prodotto della loro attività.Esiste una chiara rispondenza tra reni definitivamente formati di Vertebrati delle classi inferiori e reni transitori che compaiono in fasi successive dello sviluppo embrionale dei Vertebrati superiori. Si distinguono pertanto tre organi renali definiti con i nomi di pronefro, mesonefro e metanefro. Il pronefro è il primo a formarsi e si sviluppa in posizione più cefalica: è un organo tipicamente embrionale ma si trova anche nell'adulto dei Ciclostomi Mixinoidei e di alcuni Teleostei. È costituito da pochi nefroni che si aprono nel peritoneo con un nefrostoma e, all'estremità opposta, sboccano in un canale escretore comune (uretere primitivo o dotto di Wolff) che a sua volta sfocia nella regione cloacale. In ogni nefrone, al nefrostoma segue un condotto nefrostomiale con epitelio ciliato che, dopo un breve percorso, si schiaccia e si incava formando una nicchia a parete doppia e sottile (capsula di Bowman) la quale accoglie un glomerulo vascolare dando luogo a un corpuscolo del Malpighi. Qualche volta il glomerulo vascolare non prende connessione con il tubulo ma sporge nel celoma di fronte al nefrostoma (glomerulo esterno) come nel pronefro di Condritti e Anfibi. Salvo le poche eccezioni ricordate, il pronefro regredisce ed è sostituito dal mesonefro, formato da nefroni che si differenziano più tardi, più caudalmente e che si abboccano all'uretere primitivo. Di questo tipo è il rene definitivo di tutti gli Anamni, dai Ciclostomi agli Anfibi; talvolta, come si è detto, è coadiuvato anche nell'adulto dal pronefro. I primi nefroni si sviluppano pressappoco come nel pronefro e possiedono un nefrostoma, un corpuscolo del Malpighi e una porzione ghiandolare che sfocia nell'uretere primitivo; non si trovano mai glomeruli esterni. In seguito ogni nefrone si ramifica dando nuovi tubuli completi di glomerulo e porzione secernente, ma privi di nefrostoma e quindi di comunicazione con il celoma. Nei maschi dei Condritti, degli Osteitti più primitivi e degli Anfibi, i tubuli seminiferi del testicolo prendono connessione con il mesonefro e il canale di Wolff funziona oltre che da uretere, da deferente testicolare. Anche negli Amnioti si differenzia e funziona un mesonefro embrionale i cui nefroni però mancano sempre di nefrostoma. In stadi embrionali successivi il mesonefro regredisce, sostituito più caudalmente dal metanefro. La regressione del mesonefro e del canale di Wolff è pressoché completa nella femmina, mentre nel maschio le due strutture si trasformano e danno l'epididimo e il deferente testicolare. Il metanefro è il rene definitivo degli Amnioti e, a differenza dei precedenti, non presenta più tracce di metameria. I nefroni si formano in seno a un ammasso mesenchimale (cordone metanefrogeno). Non hanno nefrostoma e nel tratto secernente che segue al glomerulo si distinguono un tubulo contorto di 1º ordine, un'ansa di Henle e un tubulo contorto di 2º ordine. L'uretere non è più costituito dal dotto di Wolff, ma da un suo diverticolo che si rende indipendente e la cui estremità distale si allarga in un bacino renale (uretere secondario). Dalla parete del bacino proliferano dei canali collettori che raccolgono gli sbocchi dei nefroni. I reni degli Uccelli e dei Rettili si presentano come una coppia di organi appiattiti, più o meno chiaramente lobati. Nei Mammiferi i reni possono essere semplici, con una sola piramide incappucciata dal bacinetto (Monotremi, Marsupiali, Insettivori) oppure composti, costituiti da un certo numero di piramidi separate dalle cosiddette colonne del Bertin (per esempio, nell'uomo). La superficie esterna del rene può essere liscia (per esempio, nell'uomo, nel cane, nel cavallo) o presentare delle solcature più o meno marcate (poco nel maiale, molto nel bovino). Nel rene cosiddetto a grappolo esistono addirittura tanti reni semplici appesi a un uretere distalmente ramificato (per esempio, negli Ursidi e nei Cetacei).

Anatomia umana

Nell'uomo il rene è una ghiandola pari e simmetrica, situata nella loggia renale, dietro il peritoneo parietale, nella parte supero-posteriore dell'addome, e si estende dai corpi delle ultime due vertebre toraciche sino alla prima lombare: esistono differenze tra il rene destro, un poco più basso, e il rene sinistro, il cui polo superiore arriva sopra all'XI costa. Il rene ha forma ovoidale, con l'asse maggiore verticale e la concavità volta verso il rachide; presenta superficie esterna liscia color rosso scuro, è rivestito da uno strato connettivale (capsula del rene) e avvolto esternamente da un ammasso di tessuto adiposo, ed è mantenuto nella sua posizione, oltre che da tale tessuto adiposo, dai vasi, dall'uretere e dalla fascia renale. Al centro dell'organo e sino all'ilo si nota uno spazio, detto seno renale, nel quale si trovano i grossi vasi arteriosi e venosi e i primi tratti dei canali escretori. Sezionando l'organo si possono distinguere due parti: una periferica (sostanza corticale) di colore rosso-giallastro e aspetto granuloso e una centrale (sostanza midollare) di colore rosso scuro e aspetto striato. Quest'ultima risulta costituita da 8-20 formazioni coniche (piramidi renali del Malpighi), disposte radialmente, con base volta verso la periferia e apice verso il seno renale; gli apici si uniscono fra loro in gruppi di 2-4, formando delle sporgenze dette papille renali. La parte corticale è costituita da sostanza parenchimale che si insinua tra le piramidi formando piccole strisce (colonne renali del Bertin); dalla base di ciascuna piramide si irradiano verso la periferia dei prolungamenti di sostanza midollare (raggi midollari o piramidi di Ferrin) che penetrano nella porzione corticale. L'intima struttura renale risulta costituita da un gran numero di tubuli, nei quali è possibile distinguere una parte deputata all'elaborazione dell'urina (nefrone) e un'altra parte collettrice dell'urina stessa (tubuli collettori). Ogni tubulo renale trae origine da un ammasso di piccoli vasi sanguigni, intrecciati e addensati, detto glomerulo del Malpighi, il quale è circondato da una coppa detta capsula di Bowman; capsula e glomerulo formano i corpuscoli renali, detti del Malpighi. La parte attiva del tubulo è il nefrone, in cui si possono distinguere un tratto iniziale ristretto (detto colletto), una parte flessuosa (tubulo contorto di 1º ordine), cui fanno seguito due tratti di tubulo diritti e stretti, su di loro ripiegati a formare un'ansa (detta di Henle), e infine una porzione di tubulo tortuosa (tubulo contorto di 2º ordine) che sbocca in un canale collettore di maggior volume, detto iniziale, il quale si unifica poi con altri canali analoghi, costituendo tubuli sempre più grandi che, penetrati nelle piramidi del Malpighi, decorrono confluendo fra loro fino a ridursi a 10-30 tubuli capillari per ciascuna piramide, verso le papille renali sul cui apice sboccano. Il liquido secreto, goccia per goccia, finisce nei calici renali, condotti più ampi che risultano dal raggruppamento di più papille, i quali fanno capo, infine, al bacinetto o pelvi renale, che si trova in parte entro il rene e in parte fuori dell'organo, sporgendo dall'ilo con una porzione che restringendosi dà origine all'uretere. Ciascun rene riceve dall'aorta addominale un'arteria renale che, oltre a inviare rami destinati alla nutrizione del viscere, porta sangue ai glomeruli, i quali provvedono a setacciarlo e depurarlo. All'interno del parenchima renale, l'arteria invia rami alle piramidi del Malpighi e arteriole che rappresentano i vasi sanguigni afferenti di ogni glomerulo, dove i capillari, avvolgendosi fittamente su se stessi, formano un gomitolo o rete mirabile (in cui il sangue non si trasforma però in venoso) dal quale prende origine un'altra arteriola efferente. Il sangue refluo dal rene finisce nella vena renale e quindi nella cava inferiore.

Fisiologia: generalità

Il rene ha la funzione di regolare i caratteri dei liquidi extracellulari e rappresenta quindi uno dei più importanti sistemi di protezione del “mezzo interno”. Le sue funzioni sono essenzialmente tre: la formazione e l'escrezione dell'urina, che permette all'organismo di eliminare i cataboliti tossici e le sostanze estranee e, al tempo stesso, di mantenere costante il contenuto dell'acqua e degli elettroliti circolanti; la regolazione della pressione arteriosa, funzione in parte connessa con la precedente, perché si esercita soprattutto attraverso la regolazione del metabolismo dell'acqua e degli elettroliti; l'elaborazione di eritropoietina, ormone che stimola il midollo osseo a produrre cellule del sangue. La funzione dei glomeruli renali è essenzialmente quella di filtrare il plasma, permettendo il passaggio nella cavità della capsula di Bowman e quindi nel tubulo sia dell'acqua sia della maggior parte dei soluti, a eccezione delle proteine plasmatiche che restano nei capillari.

Fisiologia: la filtrazione glomerulare

La filtrazione glomerulare consente a tutte le piccole molecole (acqua, ioni e piccole molecole organiche), libere nel plasma, di attraversare la membrane del corpuscolo renale, facendo in modo che la loro concentrazione nel filtrato sia la stessa presente nel plasma. Le cellule del sangue e le grosse molecole (lipidi e proteine plasmatiche), al contrario, rimangono nel sangue. La filtrazione avviene a livello dei glomeruli e la disposizione dei vasi sanguigni è tale che la quantità dei materiali che esce dal glomerulo è maggiore di quella che ritorna in esso. Un glomerulo è posto tra un'arteriola afferente, una branca dell'arteria renale, e un'arteriola efferente.La filtrazione glomerulare è regolata dalla pressione idrostatica del sangue nelle anse capillari. In condizioni normali tale pressione è piuttosto elevata (70 mm di Hg) data la brevità dell'arteria renale che deriva direttamente dall'aorta. Alla pressione idrostatica si oppongono quella esistente nella capsula di Bowman (15 mm di Hg) e la pressione osmotica delle proteine plasmatiche che tende a trattenere acqua nei capillari (30 mm di Hg). Quindi in condizioni normali la pressione di filtrazione è uguale a 70-(15+30) mm di Hg, cioè 25 mm di Hg. Oltre alla pressione idrostatica, altri fattori regolano la filtrazione glomerulare: la superficie di filtrazione, cioè il numero dei glomeruli funzionanti, la concentrazione delle proteine plasmatiche, che determina il valore della pressione osmotica e la pressione esistente nel tubulo che dipende dalla quantità di liquido ivi contenuto. Le variazioni di pressione nell'arteria renale si riflettono sulla velocità di filtrazione glomerulare meno di quanto sarebbe prevedibile, per l'esistenza nel nefrone di un meccanismo di autoregolazione. La filtrazione avviene attraverso tre strati di membrane; il primo è costituito dalla parete endoteliale dei capillari, il secondo dalla membrana basale di questi, il terzo dalle cellule epiteliali del foglietto interno della capsula di Bowman, dette podociti per la presenza di caratteristici prolungamenti citoplasmatici. Il sistema si comporta come un filtro provvisto di pori con diametro massimo pari a 50 Å. Le sostanze presenti nel sangue, una volta filtrate dal glomerulo, possono passare definitivamente nell'urina oppure venire del tutto o parzialmente riassorbite da parte del tubulo. Inoltre alcuni composti, giunti nel tubulo, possono qui aumentare ancora di concentrazione perché le cellule tubulari aggiungono alla quantità filtrata dal glomerulo un'altra quota da loro escreta direttamente. Altre sostanze, infine, vengono parzialmente riassorbite dal tubulo prossimale e secrete in misura diversa dalle cellule tubulari nella parte distale o nei tubuli collettori.

Fisiologia: la clearance

La misura della capacità filtrante del glomerulo può essere effettuata attraverso lo studio delle clearances. La clearance è espressa dal rapporto C=U/P, dove C è la clearance, U la quantità di sostanza eliminata attraverso le urine nell'unità di tempo e P è la concentrazione della stessa sostanza nel plasma a quel dato tempo. Per le sostanze che vengono filtrate dal glomerulo e non vengono né riassorbite né escrete dal tubulo, la clearance è uguale al volume del filtrato glomerulare; tale è il caso dell'inulina, del mannitolo, della vitamina B12, della glucosammina. Per le sostanze che una volta filtrate dal glomerulo vengono, entro certi limiti, totalmente riassorbite dal tubulo (per esempio, il glucosio) la clearance è uguale a zero. Per altri composti ancora, per esempio l'acqua, l'urea, l'acido urico, i cloruri, i solfati e i fosfati, la clearance è minore del filtrato glomerulare, poiché tali composti, filtrati dal glomerulo, vengono solo in parte riassorbiti dai tubuli. Infine, quando il meccanismo di secrezione tubulare si somma a quello di filtrazione glomerulare, la clearance è superiore al volume del filtrato glomerulare. Tale è il caso dell'acido p-amminoippurico e della creatinina.

Fisiologia: i processi di riassorbimento

I processi di riassorbimento e di secrezione che si svolgono a livello dei tubuli renali concorrono non solo alla depurazione dei liquidi circolanti ma anche alla regolazione della pressione osmotica e dell'equilibrio acido-base. Il riassorbimento tubulare può essere attivo o passivo; vengono riassorbiti passivamente l'acqua, i cloruri, l'urea. Il riassorbimento di altre sostanze organiche e inorganiche avviene invece con meccanismo attivo e richiede un dispendio di energia da parte delle cellule tubulari. A sua volta il riassorbimento attivo può essere “massimale” o “a gradiente”. Nel primo caso tutta la sostanza presente nel tubulo viene riassorbita, al di sotto di una determinata concentrazione o soglia (Tm) che è caratteristica della sostanza. Nel secondo caso il riassorbimento si ha solo quando esiste un gradiente di concentrazione per quella sostanza tra l'ambiente intratubulare e l'interno delle cellule tubulari. Quando il gradiente viene a mancare, il riassorbimento si interrompe. Sono sostanze a riassorbimento massimale il glucosio, gli amminoacidi, le proteine, l'acido ascorbico, l'acido urico, i fosfati, i solfati, l'acido lattico, l'acido acetacetico. Vengono riassorbiti a gradiente gli ioni idrogeno, sodio, potassio e il bicarbonato. Il riassorbimento dell'acqua è di grande portata; di media l'uomo elimina giornalmente un litro circa di urina mentre i suoi reni filtrano, nello stesso tempo, ben 180 litri di plasma. A livello del tubulo prossimale avviene il cosiddetto riassorbimento obbligatorio dell'acqua, fenomeno di natura puramente osmotica che comporta ca. l'85% del riassorbimento idrico totale. In questo tratto del tubulo l'acqua segue passivamente gli ioni assorbiti, e in particolare il sodio. Nel tubulo distale e nei collettori avviene invece il riassorbimento facoltativo dell'acqua, che riguarda il 15% ca. del totale e che condiziona il volume dell'urina definitiva, cioè l'entità della diuresi. Il riassorbimento facoltativo non è associato necessariamente con quello degli ioni ed è regolato dal livello dell'ormone antidiuretico ipofisario. L'assorbimento elettivo di acqua nei tubuli distali fa aumentare la concentrazione degli ioni nel liquido intratubulare; aumenta anche la pressione osmotica e si realizza così il potere di concentrazione del rene. I fenomeni di riassorbimento attivo di tipo massimale avvengono soprattutto nella porzione prossimale dei tubuli. Il glucosio è una sostanza che va incontro a questo tipo di riassorbimento. La quantità di glucosio che viene filtrata dai glomeruli dipende dalla glicemia; tuttavia se il valore della glicemia è al di sotto di certi limiti passano definitivamente nelle urine solo tracce di zucchero. Il tubulo prossimale, infatti, riassorbe tutto il glucosio che passa nel filtrato fino a un determinato valore glicemico, o soglia. Anche la creatina e gli amminoacidi vengono riassorbiti con meccanismo massimale simile a quello del glucosio.

Fisiologia: i processi di secrezione

Al pari del riassorbimento, anche i processi di secrezione tubulare possono risultare attivi o passivi. Tra i primi si distinguono i processi di trasporto limitato con congegno “a soglia” e quelli di trasporto limitato “a gradiente”. Con meccanismo a soglia vengono eliminate numerose sostanze contenenti funzioni basiche, come l'istamina, la colina, l'esametonio, il tetra-etilammonio, oppure acidi, come la creatinina, l'acido p-amminoippurico, i sulfamidici, il probenecide. La secrezione con meccanismo a soglia richiede energia, fornita dalla fosforilazione ossidativa e quindi dall'ATP. Con meccanismo a gradiente sono eliminati soprattutto gli ioni idrogeno e potassio, processo che si svolge soprattutto nei tubuli collettori. Qui avviene anche la secrezione degli ioni ammonio, che si svolge però con meccanismo passivo di diffusione. Quanto si è detto a proposito del riassorbimento dell'acqua e dei sali fornisce un'idea dell'importanza del tubulo renale nel mantenimento della pressione osmotica del sangue. Un meccanismo di regolazione dei vari processi di riassorbimento fa sì che l'eliminazione dei sali e dell'acqua sia perfettamente bilanciata dall'assunzione alimentare. Poiché nei tubuli prossimali il riassorbimento dell'acqua segue in modo passivo quello dei sali, la pressione osmotica dei liquidi ivi contenuti resta uguale a quella del sangue. Nell'ansa di Henle, nel tubulo distale e nel collettore avvengono vari fenomeni che fanno aumentare la pressione osmotica del liquido, come il riassorbimento dell'acqua, controllato dall'attività dell'ormone antidiuretico ipofisario, e la secrezione di ioni idrogeno, potassio e ammonio. Il lavoro di secrezione da parte del tubulo distale e del collettore comporta consumo di energia, che sarebbe molto elevato se non esistesse un meccanismo di risparmio, detto “a controcorrente”, grazie al quale il liquido intratubulare si mantiene molto concentrato nella zona midollare del rene e poco concentrato in quella corticale. Il principio della controcorrente si manifesta nella concentrazione del filtrato e dipende dalla permeabilità all'acqua e all'urea delle pareti del tubulo. Infatti la libera diffusibilità dell'acqua nel tubulo prossimale fa sì che essa possa poi passare dall'interno dei tubuli nell'interstizio del rene, e da qui ai tubuli adiacenti. La quantità di liquido che passa nell'interstizio diminuisce progressivamente via via che si procede dalla porzione prossimale del tubulo verso l'ansa, nella parte midollare del rene; ciò è dovuto essenzialmente alla diminuzione progressiva della pressione idrostatica, che è maggiore all'inizio del tubulo per la stretta vicinanza al glomerulo e alle arteriole ivi contenute. In altri termini, data la differente entità degli scambi di acqua tra tubuli e interstizio nei diversi livelli della piramide renale, la pressione osmotica aumenta man mano che si scende dalla regione corticale del rene a quella midollare; si stabilisce così un gradiente di pressione osmotica nella direzione corteccia-midollare, che comporta a sua volta un gradiente di concentrazione dei soluti nella stessa direzione. In tal modo il liquido intratubulare, cioè l'urina, si concentra progressivamente passando dalla zona corticale alla midollare, fino alla papilla renale e ai bacinetti.

Patologia

Comprende tutte le malattie del nefrone (nefropatie), a loro volta distinte in nefropatie glomerulari e interstiziali, le malformazioni congenite, i disturbi circolatori, la calcolosi, le infiammazioni della pelvi (pielonefriti), i traumi e infine le cisti e i tumori, benigni e maligni. La maggior parte di queste condizioni morbose conduce, se non trattata convenientemente, all'insufficienza renale, caratterizzata da riduzione della capacità di filtrazione ed escrezione, per cui il rene perde la sua funzione depuratrice dell'organismo. Nell'insufficienza renale acuta, il danno si instaura rapidamente e può anche essere reversibile, mentre in quella cronica il danno è la conseguenza di prolungate lesioni parenchimali ed è quasi sempre irreversibile, portando all'uremia e alla necessità di ricorrere a una depurazione (dialisi) mediante l'uso del rene artificiale. Le nefropatie sono di vario tipo, spesso primitive, possono manifestarsi a qualunque età, anche nel bambino; alcune rimangono stazionarie nel tempo o vanno incontro a remissioni temporanee, altre evolvono sfavorevolmente, nonostante la terapia. La loro distinzione è possibile attraverso l'esame istologico di un frammento di tessuto renale prelevato mediante biopsia, che serve da guida per l'orientamento della cura. Le malformazioni congenite vanno dalla mancanza (agenesia) di un rene, a una dislocazione di sede (ectopia), ai difetti morfologici (rene a ferro di cavallo), alla presenza di una o più cisti fino al rene policistico, a un insufficiente sviluppo dell'organo (ipoplasia renale). Quasi sempre questi difetti congeniti comportano conseguenze funzionali, come l'idronefrosi, l'ipertensione arteriosa fino all'insufficienza renale. I disturbi circolatori si riassumono fondamentalmente nella stenosi dell'arteria renale, responsabile di un'ipertensione arteriosa compensatoria, e negli aneurismi dell'arteria renale. La calcolosi è la formazione di concrezioni calcaree che dalle cavità renali migrano successivamente nelle vie urinarie provocando la sintomatologia dolorosa tipica della colica renale. Tali concrezioni possono essere frantumate con la litotrissia extracorporea, percutanea o endoscopica, cioè con un trattamento innovativo che esclude il ricorso alla chirurgia tradizionale. Tra i tumori, il carcinoma renale (un tempo definito ipernefroma) rappresenta l'80% di tutte le neoplasie renali. L'età di massima incidenza è compresa fra i 55 e i 60 anni. Fattori di rischio sono rappresentati dal fumo di sigaretta, dall'esposizione ambientale al cadmio e da alcune malattie geneticamente trasmesse (come la rara malattia di Hippel-Lindau, caratterizzata dalla presenza di angiomi multipli nella retina e nell'encefalo). Il sintomo più importante è l'ematuria, cioè la perdita di sangue con le urine, cui si possono associare dolori lombari, astenia, anemia di vario grado e occasionalmente febbre. Il tumore si diffonde caratteristicamente invadendo i vasi renali e la vena cava. Le metastasi a distanza colpiscono prevalentemente il fegato. La terapia di scelta è costituita dall'intervento chirurgico di nefrectomia. Una menzione a parte merita la ptosi renale o rene mobile, per cui il rene occupa una posizione più bassa nella cavità addominale. Abbastanza frequente, nei soggetti longilinei o in coloro che hanno subito un brusco dimagramento, questa anomalia di posizione determina stiramento del peduncolo vascolare, deviazioni e inginocchiamento dell'uretere, con conseguente stasi urinaria e rischio di serie complicazioni infettive.

Strumenti terapeutici: rene artificiale

Biomacchina che sostituisce il rene nei malati che abbiano la funzionalità renale compromessa. Il rene artificiale viene utilizzato soprattutto nell'insufficienza renale cronica in quanto consente l'emodialisi periodica in circuito extracorporeo: con questa metodica si depura il sangue del malato uremico, due o tre volte alla settimana, sostituendo così la funzione renale. Si tratta di dializzatori che mettono a contatto, tramite una membrana semipermeabile artificiale, il sangue del malato con una soluzione di composizione simile a quella del sangue umano normale. I due liquidi, sangue e soluzione depurante, tendono a uguagliare la loro composizione con scambi per diffusione attraverso la membrana porosa che li separa: le sostanze tossiche passano dal sangue alla soluzione, mentre la maggior parte delle molecole utili non vengono sottratte in quanto o sono contenute in proporzione uguale nella soluzione dializzante o sono di dimensioni troppo grandi per attraversare la membrana. In una sola applicazione della durata media di 5 ore, tutto il sangue dell'ammalato passa più volte attraverso il rene artificiale consentendo l'allontanamento dall'organismo della maggior parte delle sostanze tossiche che vi si accumulano nei 2-3 giorni durante i quali il rene non funziona. Sebbene concettualmente semplice, questa tecnica dialitica si realizza attraverso difficoltà operative non trascurabili, derivanti dal fatto che il rene artificiale non è una protesi inserita definitivamente nell'ammalato ma è un apparato extracorporeo con tutti i problemi connessi con la realizzazione del sistema di prelievo del sangue dall'apparato circolatorio dell'ammalato e di restituzione dello stesso.

Bibliografia

H. W. Smith, The Kidney, Structure and Function in Health and Disease, New York, 1951; L. G. Wesson, Physiology of the Human Kidney, New York-Londra, 1969; J. Hamburger, J. P. Grunfeld, A. Xerri, J. Auvert, Néphrologie-Urologie, Parigi, 1970.

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