Gladiatori: eroi o schiavi? La sorte e i segreti dei combattenti dell’Antica Roma

gladiatori

Nell’immaginario collettivo, nei tanti film che sono stati proiettati sul grande schermo, il gladiatore appare come un eroe: un uomo dotato di cervello, muscoli e ragionevolezza. In realtà, questi uomini dell’Antica Roma non possono rispecchiare esattamente quello che ci si immagina: la loro storia è ben più travagliata e inerpicata di quelle raccontate nei cinema.

Per capire meglio il ruolo di questi lottatori bisogna approfondirne la nascita. La figura del gladiatore nacque a causa di una passione irrefrenabile del popolo romano, quella dei combattimenti sanguinari coi quali si divertivano nel tempo libero. I gladiatori, al contrario di come tanti pensano, erano all’inizio degli schiavi riportati dalle conquiste imperialistiche; poi furono criminali e uomini liberi che dovevano scontare alcune pene per saldare i conti con la giustizia.

Insomma, per intraprendere la “carriera” da gladiatore non si doveva per forza essere dei titani. I combattenti più ricercati, però, erano i galeotti e i prigionieri di guerra, poiché si dimostravano più agguerriti degli altri essendo sopravvissuti ad anni di lotte e sofferenze. Inoltre, questi soggetti, la maggior parte provenienti da Numidia, Tracia e Germania, accettavano volentieri questo tipo d’incarico.

La domanda a questo punto sorge spontanea: se uomini così diversi fra loro potevano diventare comunque grandi gladiatori, che tipo di addestramento dovevano affrontare? L’allenamento di un combattente non era certo quello praticato nelle scuole militari romane: era peggiore, molto più faticoso ed estenuante. Veniva loro fatto praticare lo scherma con armi specifiche e li si sottoponeva a sforzi fisici estremi per temprare la loro resistenza.

Solo durante l’era cristiana quello del gladiatore divenne un vero e proprio sport riproposto in vari centri di addestramento, dai quali uscivano i combattenti migliori. In questo periodo fu rivalutato il ruolo di questi “atleti”, tanto che esso fu riconosciuto come prestigioso e anche la loro vita cambiò. Iniziarono a partecipare alla vita mondana e furono concessi loro momenti di svago e relax per riposarsi dalle fatiche delle lotte.

L’organizzazione di un combattimento non era cosa da poco: nulla si lasciava al caso, le regole e un certo tipo di condotta non erano assolutamente da sottovalutare se non ci si voleva rimettere in qualche tragico modo. La cultura popolare dice che prima del combattimento i concorrenti si recavano sotto la tribuna dell’imperatore e urlavano “Ave Caesar, morituri te salutant”, ovvero “Ave Cesare, coloro che si apprestano a morire ti salutano”. Recentemente, però, questa pratica è stata smentita poiché questa frase sembra essere stata pronunciata in realtà solo una volta da un gruppo di condannati a morte che tentarono di ingraziarselo prima di combattere per l’Imperatore Claudio. Cesare, difficile da intenerire, rispose solamente “Continuate”.

Esistevano 12 tipi di gladiatori che si differenziavano per categorie. I combattimenti opponevano sempre coppie di gladiatori differenti, ad esempio i Reziari contro i Secutores e i Traci contro i Mirmilloni. Per rendere più interessante le scene di lotta si traeva ispirazione dagli episodi meno piacevoli della mitologia. Gli elmi indossati dai gladiatori erano tanti e diversi fra loro: alcuni decorati con piume, penne e incisioni, ma tutti molto pesanti e caratterizzati dal fatto che non permettevano di certo una buona visuale.

Durante lo scontro il pubblico poteva decidere, a volte, la sorte dello sconfitto mediante urla e gesti specifici che in molti casi significavano la sua morte o la sua salvezza. Per fortuna, si può smentire il fatto che ogni singolo gladiatore sconfitto fosse condannato a morte: l’organizzatore, e quindi anche l’imperatore, doveva pagare una cifra molto alta per ogni combattente ucciso; si può dire quindi che i casi di questo tipo erano abbastanza limitati. Non si possono però tralasciare i morti sul campo… Per i loro cadaveri vi era apposita, una “stanza” del Colosseo.

E cosa se ne facevano dei corpi dei gladiatori una volta uccisi? Gli Antichi Romani non si lasciavano sfuggire occasioni per arricchirsi. Per molto tempo si diffuse la credenza che col sangue di questi uomini ci si curasse l’epilessia e altre malattie. Una falsa voce che diede inizio ad un commercio col quale molte persone si arricchirono.