La vaccinazione

La vaccinazione consiste nell'indurre uno stato di profilassi immunitaria attiva contro virus, batteri e tossine, per proteggere indefinitamente (o comunque per un tempo molto lungo) l'individuo da una loro successiva aggressione.

La vaccinazione si fonda su una proprietà distintiva del sistema immunitario: la memoria immunologica. I linfociti, le cellule specializzate del sistema immunitario, sono programmate per rispondere a ogni stimolo antigenico (prodotto da sostanze estranee all'organismo, in genere di natura proteica). Al primo "incontro" con l'antigene, i linfociti specifici - cioè quelli dotati di recettori esattamente complementari per quell'antigene - lo catturano sulla loro membrana cellulare: questo legame dà inizio a una reazione all'interno della cellula linfatica che porta alla proliferazione di quel tipo (clone) di linfocita, specifico per quell'antigene. In questo modo si costituisce una schiera di cellule che riconosceranno in seguito l'antigene e potranno rispondere producendo anticorpi specifici in grande quantità, o opponendosi direttamente (immunità cellulo-mediata) all'agente infettante. La memoria immunologica dunque non è altro che la costituzione di un piccolo esercito di linfociti, perfettamente uguali uno all'altro, dotati di recettori capaci di rispondere massicciamente e rapidamente e di eliminare l'agente o la sostanza estranea prima che possa determinare danni.

Vaccinarsi comporta tuttavia avere a che fare con agenti patogeni o tossine pericolosissimi (bacillo tubercolare, poliovirus, tossina tetanica ecc.). Pertanto si pone il problema di come indurre la risposta immunologica iniziale nell'individuo suscettibile (cioè non ancora vaccinato): gli esperimenti di Jenner (pubblicati nel 1798) furono di grande insegnamento e aprirono di fatto la strada alla pratica delle vaccinazioni. Jenner osservò che gli individui a cui veniva inoculato materiale proveniente da pustole di vaiolo bovino (il che comportava solo una reazione locale senza conseguenze) non si ammalavano di vaiolo umano. Cos'era successo? Semplicemente il virus del vaiolo bovino (detto anche vaiolo vaccino, da cui il termine vaccinazione), pur essendo praticamente identico dal punto di vista antigenico, risultava scarsamente virulento per l'uomo, e dava il tempo al sistema immunitario "vergine" di produrre quel clone specifico di linfociti capaci in seguito di reagire adeguatamente a una successiva esposizione al virus del vaiolo. Dunque, per vaccinare, occorre disporre di virus, batteri o sostanze che siano stati "attenuati" o uccisi, cioè privati della loro virulenza o tossicità. Ed è proprio così che si sono creati i primi vaccini per il virus della rabbia (attenuato attraverso ripetuti passaggi in coltura in vitro) nel laboratorio di Pasteur verso la fine del 1800, e in seguito per la tubercolosi (utilizzando il BCG, bacillo di Calmette-Guerin, che è un bacillo tubercolare attenuato), per la poliomielite (Sabin con poliovirus attenuato), morbillo, rosolia, varicella e influenza. La vaccinazione contro le tossine batteriche si attua modificando chimicamente la tossina in modo da inattivarla senza perdere il potere immunogeno (si parla così di anatossina): le vaccinazioni contro difterite e tetano utilizzano proprio le rispettive anatossine.
Le moderne biotecnologie hanno portato alla produzione di vaccini sintetici purificati costituiti solo da materiale proteico non vivente, come nel caso della vaccinazione contro l'epatite B.

Sono rischiose le vaccinazioni? È una domanda che ci si pone spesso, soprattutto preoccupati per la salute dei nostri figli (la maggior parte delle vaccinazioni si effettua in età pediatrica, per conferire protezione immunologica al bambino altrimenti esposto ai rischi di gravi malattie). La risposta è che il rischio legato alle vaccinazioni è minimo, soprattutto se si rispettano le limitazioni alla vaccinazione con virus viventi attenuati, come le malattie acute febbrili, le malattie cerebrali o nervose preesistenti, una storia clinica positiva per convulsioni, alcune malattie proliferative del sangue, gli stati di immunodepressione, la gravidanza. Va esclusa anche l'allergia a proteine dell'uovo quando si tratta di vaccini preparati su embrione di pollo. In ogni caso il profilo di sicurezza delle vaccinazioni attualmente in uso è molto elevato: i rischi da vaccino sono di gran lunga inferiori alle possibili conseguenze delle malattie che la vaccinazione è in grado di prevenire.

Anche se vaccinarsi diventerà nel prossimo futuro sempre meno un obbligo e sempre più una scelta consapevole per il cittadino, i genitori hanno comunque la grande responsabilità di occuparsi della prevenzione della salute dei figli dalla nascita fino alla maggiore età. Già dai primi mesi di vita, infatti, è necessario che i neonati siano sottoposti alle prime vaccinazioni. Più precisamente, nel corso del terzo mese, ha inizio la somministrazione dei vaccini dell'infanzia nella maggior parte dei bambini, a eccezione di quelli nati da madre HbsAg positiva (portatrice del virus dell'epatite B). Questi ultimi, infatti, ricevono la prima dose del vaccino contro l'epatite B già nel primo giorno di vita, oltre alle immunoglobuline specifiche (anticorpi ottenuti da donatori sani immuni).