Cos’è il Discorso del bivacco?

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Parole minacciose, spesso arroganti. Un'aula gremita di gente. Alcuni esultano, altri sono immobili e silenziosi. É iniziato il discorso che passerà alla storia con il nome di Discorso del bivacco.

Il 16 novembre 1922 Mussolini presentava il suo governo al parlamento con un discorso, il cosiddetto “discorso del bivacco”, rimasto tristemente famoso per la sua sprezzante brutalità. Era il primo passo di un percorso che avrebbe portato il fascismo a impadronirsi non solo del governo, ma anche dello stato, cancellando ogni forma di legalità democratica e di libertà politica e sindacale. 

Discorso del bivacco: il contesto

Autunno 1922, i tempi sono maturi per una prova di forza. Benito Mussolini sta trattando con gli esponenti liberali (tra i quali Giolitti e Salandra) o molto probabilmente sta semplicemente simulando una trattazione. I fascisti devono entrare a far parte del governo, ad ogni costo.

Colonne di Fascisti convergono su Roma, mal equipaggiati e mal armati, consapevoli di non poter fronteggiare con speranza di successo una reazione dell’esercito italiano schierato a difesa della capitale. Si impadroniscono di uffici telegrafici e postali, occupano le stazioni ferroviarie per poter proseguire in treno fino all’interruzione delle linee. È il 28 ottobre, la “marcia su Roma” è iniziata. Mussolini ha un obiettivo: trattare da una posizione di forza con il governo e con le istituzioni. 

Il governo, presieduto da Luigi Facta, proclama lo stato d’assedio. Il decreto viene comunicato alle autorità civili, militari e anche alla popolazione. Manca soltanto la firma di Vittorio Emanuele III, l’ultimo vero re d’Italia. Inaspettatamente, però, quella firma non arriverà mai.

Perché spargere sangue italiano, perché aprire una crisi drammatica, perché ridare fiato a una sinistra appena messa fuori gioco, quando è a portata di mano una soluzione apparentemente indolore, come la partecipazione fascista a nuovo governo?”. 

Così, al suono di queste parole, le porte delle istituzioni si spalancarono a Mussolini, già in viaggio per Roma con il suo treno-letto. Fu formato un esecutivo di coalizione: cinque esponenti fascisti e altri ministri liberali, popolari, indipendenti filofascisti e nazionalisti. L’inizio di una dittatura non era inevitabile né scontato. Tutto sembrava come prima: mantenuta la monarchia, mantenuta la forma della democrazia rappresentativa. Il re Vittorio Emanuele III aveva però sottovalutato la situazione. Il risultato non fu la pace sociale bensì un Paese alla deriva, in balia di leggi sempre più antidemocratiche e impegnato in sanguinose imprese militari.

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LaPresse

Mussolini e il Discorso del bivacco: il governo viene presentato al parlamento

16 novembre 1922, ore 14:30. In un’aula gremita di gente, i primi deputati fascisti e gli onorevoli Luigi Facta e Giovanni Giolitti fanno il loro ingresso. 

16 novembre 1922, ore 15:00. La porta destra dell’aula si apre: è Benito Mussolini con indosso la redingote, calzoni neri e ghette bianche. All’occhiello dell’abito il distintivo dei mutilati in guerra, nelle sue mani un manoscritto, quello del discorso. 

Signori, quello che io compio oggi, in questa Aula, è un atto di formale deferenza verso di voi e per il quale non vi chiedo nessun attestato di speciale riconoscenza…” 

Comincia così. Non guarda nessuno, i suoi occhi sono fissi su quelle parole arroganti e spesso minacciose che ha fissato all’interno della pergamena. Voce secca e atteggiamento di esplicita prevaricazione. Si mostra infastidito dagli applausi e dalle congratulazioni che fin da subito gli ascoltatori gli rivolgono. Come specificato, non gradisce atti di riconoscenza.

Discorso del bivacco, perché si chiama così: il testo

Mussolini prosegue. La ritmica del suo discorso ha un certo effetto attrattivo sui suoi interlocutori.

Io affermo che la rivoluzione ha i suoi diritti. Aggiungo, perché ognuno lo sappia che io sono qui per difendere e potenziare al massimo grado la rivoluzione delle camicie nere, inserendola intimamente come forza di sviluppo, di progresso e di equilibrio nella storia della Nazione.”

Con la sua retorica e i suoi periodi semplici è riuscito già dall’inizio ad accrescere la fiducia dei sostenitori. Dai banchi fascisti e nazionalisti si levano i primi fragorosi applausi. “Viva il fascismo! Viva Mussolini!” gridano alcuni. 

…Mi sono rifiutato di stravincere, e potevo stravincere. Mi sono imposto dei limiti. Mi sono detto che la migliore saggezza è quella che non ci abbandona dopo la vittoria. Con 300 mila giovani armati di tutto punto, decisi a tutto e quasi misticamente pronti ad un mio ordine, io potevo castigare tutti coloro che hanno diffamato e tentato di infangare il Fascismo. Potevo fare di questa Aula sorda e grigia un bivacco di manipoli: potevo sprangare il Parlamento e costruire un Governo esclusivamente di fascisti. Potevo: ma non ho, almeno in questo primo tempo, voluto.

Queste le parole che fecero si che il primo discorso alla Camera di Benito Mussolini passasse alla storia come “Il Discorso del bivacco”. Il termine bivacco indica gli accampamenti notturni all’aperto, senza tende, in cui i soldati della Grande Guerra dormivano in trincea senza possibilità di cambio. Mussolini aveva studiato ogni frase, metafora, parola e con il suo linguaggio arrogante e minaccioso aveva fatto ben intendere che non ci sarebbe stato spazio per l’opposizione. 

Si creò grande subbuglio all’interno dell’aula. I socialisti insorgono. L’onorevole Modigliani urla “Viva il Parlamento!”. I fascisti insorgono a loro volta slanciandosi verso i banchi degli oppositori. I questori della Camera intervengono. Torna lentamente la calma. Il discorso prosegue. 

Io non voglio, finché mi sarà possibile, governare contro la Camera: ma la Camera deve sentire la sua particolare posizione che la rende possibile di scioglimento fra due giorni o fra due anni.

Il tono di voce è cambiato. Più forte e minaccioso. Mussolini lascia intendere che non ha bisogno della Camera, che può eliminarla se si mostra resistente. Lo ribadisce, non c’è spazio per l’opposizione. I socialisti approvano in senso ironico. I fascisti sono presi da grande entusiasmo. I restanti, sconcertati. 

Così Iddio mi assista nel condurre a termine vittorioso la mia ardua fatica

Il discorso si è concluso, con un’invocazione a Dio. Una metà dell’aula, quella che aveva mostrato fin dal principio grande approvazione, applaude e si dirige subito al banco del Governo. Deve congratularsi, stringere la mano a Mussolini che però, non gradendo complimenti, sfoglia distrattamente alcuni fogli tra le sue mani e fa finta di leggere. L’altra metà dell’aula rimane in silenzio, immobile.

Discorso del bivacco: le reazioni

Una volta terminato il discorso si tennero le votazioni di fiducia. Il Governo Mussolini ottenne alla Camera 306 voti favorevoli, 116 contrari e 7 astenuti. Al Senato la maggioranza fu ancora più alta. 196 favorevoli, 19 contrari. 

 

Claudia Monticelli