Dalla Costituente alla morte per mano delle Brigate Rosse: chi era Aldo Moro

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Vita e carriera di una delle figure politiche più importanti del Novecento italiano, cinque volte Presidente del Consiglio, protagonista di un sequestro che sconvolse il nostro Paese.

Insieme ad Alcide De Gasperi, Giulio Andreotti e Silvio Berlusconi, Aldo Moro è stato uno dei quattro Presidenti del Consiglio dei Ministri ad aver ricoperto questa carica per un periodo cumulativo maggiore di cinque anni. Una delle figure politiche principali del Novecento italiano, che ha avuto una morte tragica durante gli Anni di Piombo. Ripercorriamo la vita e la carriera di Aldo Moro, tra i fondatori della Democrazia Cristiana.

Biografia di Aldo Moro

Dalle origini pugliesi agli studi, fino al matrimonio e ai figli, ecco chi era l’Aldo Moro “non politico”.

Origini

Figlio di un ispettore scolastico e di un’insegnante elementare, Aldo Moro nasce il 23 settembre 1916 (provincia di Lecce), in una famiglia dalla forte fede cattolica.

Gli studi

Trasferitosi con la famiglia a Taranto, Aldo Moro si diploma al liceo classico “Archita”. Conseguita la maturità, si iscrive alla Facoltà di Giurisprudenza di Bari: si laurea nel 1938 con la tesi “La capacità giuridica penale”, dopo aver superato tutti gli esami con 30 o 30 e lode.

La carriera accademica

Nel 1941 gli è conferito l’incarico di Filosofia del Diritto e di Storia e Politica coloniale all’Università di Bari. Nel 1963, per conciliare meglio gli impegni accademici con quelli politici (è l’anno in cui diventa per la prima volta Presidente del Consiglio), ottiene il trasferimento alla Sapienza di Roma, come docente di Istituzioni di Diritto e Procedura penale.

Il matrimonio e i figli

Aldo Moro nel 1945 sposa Eleonora Chiavarelli, con la quale avrà quattro figli: Maria Fida (1946), Anna (1949), Agnese (1952) e Giovanni (1958).

Carriera

Ripercorriamo la carriera politica di Aldo Moro, dagli inizi a Palazzo Chigi.

Gli inizi

Già in Azione Cattolica, nel 1935 entra a far parte della Federazione universitaria cattolica italiana di Bari, segnalandosi ben presto anche a livello nazionale: diventa presidente nel 1939. Nel 1945 viene poi nominato presidente del Movimento dei laureati di Azione cattolica.

La Democrazia Cristiana

Da settembre del 1942, dunque durante la guerra, Aldo Moro comincia a incontrarsi clandestinamente con altri esponenti del movimento cattolico nell'abitazione dell’imprenditore: con lui ci sono tra gli altri Alcide De Gasperi, Mario Scelba, Giovanni Gronchi, Giulio Andreotti, Amintore Fanfani. L’anno successivo il gruppo si ritrova a Roma, dove viene approvato il documento Le idee ricostruttive della Democrazia Cristiana, considerato l'atto di fondazione del nuovo partito. Rappresentante della DC alla Costituente, Moro ne diventerà prima presidente del gruppo parlamentare, poi segretario (1959) e infine presidente (1976).

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LaPresse

Il pensiero politico

Nella DC, Moro mostra la sua tendenza democratico-sociale, aderendo alla componente dossettiana (da
Giuseppe Dossetti), considerata comunemente la “sinistra” del partito. Successivamente si avvicina all’area dorotea, ovvero la porzione moderata e anticomunista della Democrazia Cristiana, più attenta alle ragioni della Chiesa e del mondo industriale. Eletto segretario nel 1959, negli anni successivi cerca di mediare tra dorotei e fanfaniani (Amintore Fanfani è favorevole all’allargamento a nuove forze politiche). Poi nel 1968 nasce la corrente dei morotei, che vicini appunto alle posizioni di Moro, vengono considerati da quel momento in poi la componente di sinistra del partito.

L'ascesa

Diventato vicepresidente della Democrazia Cristiana nel 1946, due anni dopo Moro viene eletto deputato in Parlamento. Ricopre in seguito l’incarico di sottosegretario agli esteri nel governo De Gasperi. Nel 1955 la prima carica ministeriale: Giustizia, nel governo Segni. Tra il 1957 e il 1959 è ministro della Pubblica Istruzione (governi Zoli-Fanfani). Poi tra il 1969 e il 1974 è per quattro volte ministro degli Esteri (Rumor-Colombo-Andreotti).

Aldo Moro Presidente del Consiglio

Aldo Moro viene eletto cinque volte Presidente del Consiglio dei ministri: per tre volte dal 1963 al 1968 e altre due tra il 1974 e il 1976, dopo la caduta del governo Rumor. Nel 1963, in particolare, diventa presidente del Consiglio formando un governo di coalizione con la presenza di esponenti socialisti, per la prima volta dal 1947, che si rivelerà duraturo.

Le principali azioni politiche di Aldo Moro

Durante i suoi anni da Primo Ministro, Aldo Moro realizza una vasta gamma di riforme economiche e sociali: l’istituzione della regione Molise, la “Legge Ponte” che introduce l’obbligatorietà di standard minimi per l’edilizia abitativa e l’ambiente, l’estensione della previdenza sociale, la legge sull’introduzione dell’educazione pre-elementare pubblica volontaria per i bambini dai 3 ai 5 anni. Moro fa poi innalzare il salario minimo di legge e riesce a far estendere l’assicurazione sanitaria a disoccupati, mezzadri, commercianti in pensione. Per quanto riguarda la politica estera, in veste di capo di governo Moro si smarca da posizione isolazioniste a favore di una più ampia visione della politica estera, con l’apertura nei confronti del mondo arabo e del blocco sovietico.

Il compromesso storico

Negli Anni ‘70 (e soprattutto dopo le elezioni del 1976), a Moro appare sempre più chiara la necessità di dare vita a governi di “solidarietà nazionale”, che abbiano una base parlamentare più ampia, in particolare con la presenza del Partito Comunista. È in questa direzione che spinge anche Enrico Berlinguer del PCI, ispirato dall’esperienza cilena del governo di Unidad Popular guidato da Allende: una collaborazione tra le forze popolari e quelle di ispirazione cattolico-democratica, unica via per il rinnovamento del Paese. Questa tendenza all’avvicinamento tra DC e PCI è nota come “compromesso storico”.

Il "governo di solidarietà nazionale"

Nelle elezioni politiche anticipate del 1976, non avviene lo storico sorpasso del Partito Comunista alla Democrazia Cristiana: il PCI raccoglie il 34,4% dei voti, ma tra blocco di sinistra e di centro è un sostanziale pareggio. Alla fine, nasce il Governo Andreotti III, detto della “non sfiducia”, in quanto supea la votazione di fiducia in parlamento grazie all'astensione del PCI, in ossequio al compromesso storico.

Il sequestro di Aldo moro

Il 16 marzo 1978, giorno in cui Moro si sta recando in Parlamento dove avrebbe votato la fiducia a un governo a conduzione democristiana (Andreotti IV) con il sostegno esterno dei comunisti, l’auto che lo sta trasportando dall’abitazione del quartiere Trionfale alla Camera dei Deputati viene intercettata, all’incrocio tra via Fani e via Stresa, da un commando delle Brigate Rosse. L’organizzazione terroristica uccide i cinque uomini della scorta e sequestra il presidente della Democrazia Cristiana.

Le lettere di Aldo Moro

Dalle cella di via Camillo Montalcini 8 in cui viene tenuto prigioniero, Moro scrive molte lettere, indirizzate perlopiù ai familiari e alla dirigenza della DC, ma anche al socialista Bettino Craxi,
l'unico esponente di governo a sostenere la necessità di trattare con le Brigate Rosse per salvargli la vita.

La morte

Dopo una prigionia di 55 giorni, capendo che ogni richiesta (come lo scambio con la libertà di alcuni terroristi in quel momento in carcere) sarebbe stata rifiutata dal Governo, le Brigate Rosse decidono di concludere il sequestro uccidendo Moro, individuato come principale responsabile della solidarietà nazionale. Il suo cadavere, crivellato da undici colpi di arma da fuoco, viene rinvenuto il 9 maggio 1978 nel bagagliaio di una Renault 4 rossa, parcheggiata in via Caetani, vicina sia alla sede della DC (piazza del Gesù), che a quella del PCI (via delle Botteghe Oscure).

Matteo Innocenti