Talkomatic, l'antenato di Whatsapp

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Talkomatic dimostra che molte delle idee che oggi consideriamo naturali nella comunicazione digitale non sono nate con gli smartphone, ma affondano le loro radici in esperimenti molto più in là negli anni. In un’epoca di terminali monocromatici e risorse informatiche limitate, questo sistema seppe anticipare la chat di gruppo, l’interazione in tempo reale e persino le dinamiche sociali delle comunità online.

Quando si parla di chat, social network e messaggistica istantanea, la mente corre subito agli smartphone e ad app moderne. In realtà, alcuni dei principi fondamentali della comunicazione digitale moderna affondano le loro radici molto più indietro nel tempo: oltre mezzo secolo fa, infatti, esisteva già un sistema capace di mettere in comunicazione gruppi di persone in tempo reale, mostrando le parole mentre venivano digitate. Si chiamava Talkomatic ed era uno dei primi e più sorprendenti sistemi di chat multiutente in tempo reale, considerato a buon diritto un antenato concettuale di applicazioni come WhatsApp. Ripercorrerne la storia non serve solo a rendere omaggio a un’innovazione pionieristica, ma anche a ricordare che il progresso tecnologico è spesso il risultato di intuizioni precoci, sviluppate in contesti lontani dall’industria e dal mercato. 

Talkomatic: le origini su PLATO

Talkomatic nasce all’interno del sistema PLATO (Programmed Logic for Automated Teaching Operations), una piattaforma informatica sviluppata all’Università dell’Illinois nel 1973 dal professor Don Bitzer.

Pensato inizialmente per l’istruzione assistita dal computer, PLATO non era un semplice strumento didattico, ma si trasformò presto in un ambiente interattivo avanzato, capace di collegare centinaia di utenti simultaneamente, un ambiente digitale sorprendentemente avanzato per l’epoca, che offriva posta elettronica, forum, messaggi privati e persino giochi multiplayer, quando la maggior parte dei computer funzionava ancora tramite elaborazioni differite.

Doug Brown sviluppò un primo prototipo di chat per consentire la comunicazione simultanea tra più utenti, mentre fu David R. Woolley - già noto per PLATO Notes, uno dei primi sistemi di bacheca elettronica - a trasformarlo rapidamente in un sistema più strutturato, introducendo canali multipli, controlli di accesso e una prima forma di gestione della privacy.

Talkomatic poteva ospitare fino a sei canali attivi, ciascuno con cinque partecipanti che scrivevano e un numero maggiore di osservatori passivi, un limite imposto dalle dimensioni dei terminali monocromatici dell’epoca.

Talkomatic, un’idea semplice ma rivoluzionaria

La necessità di comunicare in tempo reale tra utenti remoti, che condividevano le risorse di un costoso computer centrale, spinse Brown e Woolley a una soluzione davvero ingegnosa: lo schermo veniva diviso in sezioni orizzontali, ciascun partecipante disponeva di una porzione dedicata. In questo modo si evitavano le “collisioni” di testo tipiche degli input condivisi e si rendeva la conversazione leggibile e ordinata.

La vera innovazione, però, stava nel modo in cui i messaggi venivano mostrati: le parole apparivano carattere per carattere sullo schermo mentre venivano digitate. In tal modo gli utenti assistevano al processo stesso della scrittura, comprese esitazioni e correzioni: potevano vedere pause, cancellazioni e velocità di scrittura, che creavano così un senso di presenza reciproca e spontaneità molto potente, che ricordava una conversazione parlata, molto diverso dai sistemi che visualizzavano solo messaggi già completati. Negli anni Settanta, tale immediatezza era qualcosa di radicalmente nuovo e contribuì a rendere Talkomatic uno degli strumenti più utilizzati dell’intero sistema PLATO fino alla metà degli anni Ottanta.

Un laboratorio delle comunità digitali

Dal punto di vista storico, Talkomatic dimostrò con largo anticipo concetti che sarebbero diventati la norma: spazi di interazione separati, comunicazione sincrona, organizzazione per canali e moderazione basata sull’identità dell’utente. Ancora più significativo fu ciò che emerse sul piano sociale: su Talkomatic emersero dinamiche tipiche delle comunità online, come norme condivise, moderazione, discussioni accese, amicizie e persino relazioni che proseguivano offline. 

Molti utenti svilupparono relazioni che andarono oltre la piattaforma, anticipando comportamenti oggi comuni nei social network. La domanda sorge dunque spontanea: Talkmatic è stato il primo social media? In realtà Talkomatic non fu il primo sistema di comunicazione in rete in assoluto, ma fu tra i primi a rendere la socialità digitale accessibile e quotidiana: già nel 1971 esisteva, ad esempio, la “Party Line” del sistema EMISARI, sviluppato da Murray Turoff per le comunicazioni di emergenza governative. Tuttavia EMISARI era riservato a un numero ristretto di utenti autorizzati, mentre Talkomatic si diffuse liberamente nella comunità PLATO, diventando uno spazio sociale vero e proprio. 

L'eredità duratura di Talkomatic

Con l’evoluzione delle reti e l’arrivo di nuovi servizi, Talkomatic perse progressivamente centralità: negli anni Ottanta comparvero sistemi come CB Simulator di CompuServe e, successivamente, IRC, che privilegiavano l’efficienza tecnica rispetto alla visualizzazione in tempo reale della digitazione; negli anni Novanta, l’affermazione delle interfacce grafiche portò alla diffusione di client come ICQ e AOL Instant Messenger, segnando un cambio di paradigma.

Ma l’influenza di Talkomatic si estese ben oltre PLATO: non è un caso che molte soluzioni successive abbiano ripreso concetti come i canali tematici, la comunicazione in tempo reale e la moderazione comunitaria.

Nel confronto con WhatsApp, le somiglianze concettuali sorprendono: chat di gruppo, interazioni fluide, senso di immediatezza. Talkomatic non ha inventato la messaggistica moderna, ma ha dimostrato, con decenni di anticipo, che la comunicazione digitale poteva essere sociale, spontanea e profondamente umana. 

Una seconda vita nel Web moderno

Dopo decenni di inattività, Talkomatic è tornato nel 2014 grazie agli stessi Brown e Woolley, che lo hanno ricostruito utilizzando tecnologie web moderne. Negli anni successivi sono state aggiunte stanze private e nuove funzioni di moderazione, fino ad arrivare al 2024 quando il progetto è stato rilanciato come software open source, permettendo a chiunque di sperimentare direttamente una delle radici della comunicazione digitale contemporanea.

Dai terminali monocromatici agli smartphone, il percorso è stato lungo, ma molte delle idee alla base di WhatsApp e delle chat moderne erano già presenti in Talkomatic e benché non abbia inventato la messaggistica istantanea così come la conosciamo oggi, ne ha certamente definito il linguaggio fondamentale: comunicazione immediata, spazi condivisi e relazioni umane mediate dalla tecnologia.

Paola Greco

Foto di apertura: Freepik