Riscaldamento globale: cosa succede quando il tetto del mondo si scioglie?

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La temperatura media del nostro pianeta sta aumentando e ai poli il cambiamento climatico si tocca con mano, non solo dal punto di vista della diminuzione di neve e ghiacci. Ma cosa sta accadendo concretamente? É possibile arginare le conseguenze del global warming?

Riscaldamento globale e crisi climatica. Scioglimento dei ghiacci e surriscaldamento del permafrost. Eventi atmosferici estremi, siccità e desertificazione. Un lessico apocalittico per una situazione quanto mai reale che, però, non sembra preoccupare più di tanto il genere umano: abituati a sentirne parlare nei tg e sui quotidiani, abbiamo perso di vista l'attualità dell'emergenza, rimandando di giorno in giorno scelte e azioni che potrebbero migliorare una situazione vicina al collasso. 

Cosa sta succedendo? Cosa si intende con scioglimento dei poli e perché dovremmo esserne spaventati? Rispondiamo a queste domande con l'aiuto di Marco Casula, tecnico dell'Istituto di Scienze Polari del CNR (Consiglio Nazionale delle Ricerche) e Mauro Mazzola, ricercatore ISP-CNR e responsabile della Stazione Artica Dirigibile Italia.

«Tutte le attività svolte durante le missioni del CNR sono incentrate sullo studio della dinamica dei processi ambientali, sul surriscaldamento globale e sugli impatti antropici» afferma Casula, che ha partecipato a due campagne in Artico nel 2019 e nel 2020.

Surriscaldamento globale e scioglimento dei poli: cosa significa?

Per surriscaldamento globale si intende l'aumento medio delle temperature sul nostro pianeta. Benché siano sempre esistite oscillazioni di temperatura nella storia della Terra, l'incremento attuale è dovuto alle cosiddette attività antropiche, ovvero derivanti dalle azioni dell’uomo sull’ambiente. Basti pensare che dal 1850 (anno in cui sono cominciate le rilevazioni), abbiamo assistito a un aumento di 0,07 °C per decennio, con un incremento sostanziale dopo il 2015. L’aumento delle temperature è da imputarsi principalmente all'immissione di gas serra in atmosfera (anidride carbonica, metano, ma anche vapore acqueo); ma ci sono ulteriori elementi che entrano in gioco, come scopriremo fra poco.

Inutile dire che oggi l'uomo fa fatica a visualizzare direttamente le conseguenze del global warming, anche perché gli effetti più visibili dell'aumento delle temperature sono ben lontani - per ora - dai nostri occhi: sono i poli a subirne il contraccolpo più immediato. 

Ne sono ben consapevoli i ricercatori e i tecnici della stazione Dirigibile Italia di Ny-Ålesund, alle Svalbard. «La situazione attuale è molto triste» afferma Marco Casula. «E’ normale che ci sia una stagionalità, intesa come diminuzione della copertura nevosa e di ghiaccio nel periodo estivo e della sua ripresa nel periodo invernale, ma c’è da dire che in Artico negli ultimi 40 anni questo fenomeno si è molto accentuato: la presenza di ghiaccio, neve e ghiaccio marino è diminuita del 40% nel periodo estivo e questo processo è destinato ad aumentare se non si cambia direzione e si corre subito ai ripari. In poche parole d’inverno non fa abbastanza freddo perché si riformi quello che si fonde d’estate».

Ai poli, infatti, il cambiamento climatico si tocca con mano e non solo dal punto di vista della diminuzione di neve e ghiacci. Casula continua il suo racconto: «nel centro internazionale di ricerca di Ny-Alesund (sito a 79°N delle Isole Svalbard, ultimo insediamento umano a Nord del Mondo, a circa 1000 km dal Polo Nord) notiamo l’avvicendarsi di molti mutamenti:

  • Il continuo retrocedere dei ghiacciai circostanti, si parla anche di decine di metri ogni anno;
  • L’assenza/la drastica diminuzione del ghiaccio marino;
  • Gli episodi sempre più frequenti di pioggia, anche nel periodo invernale;
  • Gli edifici che perdono di stabilità a causa dello scioglimento del Permafrost. Uno degli episodi più eclatanti è avvenuto il 29 Maggio quando in Siberia in una centrale elettrica vicina alla città di Norilsk è crollato un serbatoio di carburante, causando la fuoriuscita di oltre 20.000 tonnellate di diesel, che si sono riversati nell’Atlantico e nel suolo».

Le conseguenze sull'ecosistema artico sono decisamente impattanti, anche sulla fauna. «Si assiste», continua Casula, a «morie di renne, che non riescono a brucare la tundra che si trova al di sotto della neve a causa di lenti di ghiaccio che si vengono a formare quando l’acqua filtra nella neve». Ma non solo: a causa della sua netta diminuzione, le foche non fanno più le tane nel ghiaccio marino e, di conseguenza, gli orsi cambiano le loro abitudini di caccia, alimentari e di spostamento. Si potrebbero fare decine di esempi simili a questi appena elencati, che sono gli effetti “locali” di un fenomeno che, in realtà, interessa globalmente il pianeta Terra.

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L'importanza dei poli per la regolazione climatica dell'intero pianeta

Preservare l'ecosistema polare significa salvaguardare il clima di tutto il pianeta, tenendolo lontano dal collasso. «Se globalmente la temperatura è aumentata di poco più di un grado dalla rivoluzione industriale» afferma Mauro Mazzola, Ricercatore ISP-CNR, «in Artico l’aumento è stato di almeno il doppio». 

Esistono, poi anche i cosiddetti fenomeni di retroazione. Mazzola afferma che «meno neve significa più assorbimento di radiazione da parte del suolo o del mare rimasto scoperto, cosa che genererà ancora più calore, amplificando di fatto l'effetto del riscaldamento globale».

Ma cosa succede, concretamente, quando si scioglie il ghiaccio ai poli? Marco Casula è chiarissimo: «i ghiacci presenti ai poli contribuiscono a determinare il clima di tutto il globo, influenzando le correnti sia atmosferiche che oceaniche. Una modifica dello stato dei poli può provocare ripercussioni sulla circolazione globale di masse di acqua e di aria, andando a modificare il clima a cui siamo abituati». 

Ma non finisce qui: stiamo infatti assistendo anche all'innalzamento dei livelli dei mari. Basti pensare, afferma Casula, «che Groenlandia e Antartide contengono talmente tanto ghiaccio che il loro scioglimento (anche parziale) porterebbe ad aumentare di parecchie decine di centimetri il livello medio del mare su tutto il globo, con conseguenze catastrofiche in diverse aree del pianeta»

Ultimamente, inoltre, a preoccupare i ricercatori è lo stato del permafrost, ovvero la parte di suolo perennemente ghiacciata. Quando ghiaccio e permafrost si fondono a causa dell'aumento delle temperature, vanno a liberare ulteriori gas serra contenuti al loro interno, peggiorando di fatto una situazione già grave in partenza.

Il punto di non ritorno: siamo vicini all’apocalisse climatica

Salvare i poli significa impegnarsi a non raggiungere il cosiddetto punto di non ritorno, limite oltre il quale non esisterebbe più la Terra così come la conosciamo oggi.

«Secondo l’ultimo rapporto dell’IPCC», afferma Mauro Mazzola del CNR-ISP, «al ritmo attuale raggiungeremo un aumento di temperatura globale di 1.5°C tra il 2030 e il 2050. Anche applicando le più rigorose restrizioni alle nostre emissioni, tale limite verrà superato per un certo periodo, anche se poi sarebbe possibile rientrare sotto questo valore di soglia».

Tenere sotto controllo l'aumento delle temperature, tuttavia, oggi non significa arginare il problema, ma semplicemente limitare i danni. Ecco perché, afferma Marco Casula, «l’unica cosa che possiamo fare è ridurre le nostre emissioni inquinanti, sia industriali, che domestiche, senza dimenticare quelle legate ai trasporti e alla produzione di cibo. C’è da dire che c’è bisogno dell’impegno sia del singolo cittadino, ma anche delle grandi istituzioni. Ricordiamo, infatti, che la fusione del ghiaccio marino in Artico ha aperto nuove rotte commerciali che prima non esistevano, e bisogna sperare che l’egoismo della società attuale non prevalga sul buon senso di preservare il mondo come lo conosciamo, per le generazioni future».

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Azioni concrete per combattere il global warming

Per combattere il global warming, limitare l'effetto dello stesso sui poli e arginare la crisi climatica globale è necessario l'impegno di tutti: dalle istituzioni ai singoli governi, dal mondo corporate delle multinazionali, anche ciascuno di noi può scegliere di inquinare meno, diminuendo l'impatto delle sue azioni sul pianeta. 

Mauro Mazzola e Marco Casula ci danno qualche consiglio in merito: «le emissioni di inquinanti sono legate anche a tutti gli aspetti della nostra vita quotidiana. Derivano dal modo in cui ci spostiamo (auto o treno o bicicletta) o da come gestiamo la nostra casa (riscaldamento, doppi vetri, cappotto termico), senza dimenticare che anche il nostro modo di mangiare può fare la differenza: gli allevamenti intensivi di bovini immettono grandi emissioni di gas serra nell'ambiente, legate soprattutto alla coltivazione del mangime con il quale sono alimentati».

Serena Fogli