Personale e rapporti di lavoro

Fanno parte del personale di un'azienda tutti coloro i quali, alle dipendenze dell'azienda stessa, partecipano con il loro lavoro allo svolgimento della sua attività economica. La funzione personale nelle grandi aziende viene spesso denominata Risorse umane.

Il lavoro

Nella sua accezione più ampia il lavoro si può definire l'applicazione di energie umane alla trasformazione di risorse naturali allo scopo di soddisfare dei bisogni. In senso più strettamente economico esso non è che l'attività retribuita finalizzata alla produzione di merci. Benché le attività di trasformazione della natura siano antiche quanto l'uomo, il lavoro come oggi lo conosciamo è essenzialmente un'invenzione dell'età moderna.

Le funzioni di domanda e di offerta di lavoro

La funzione di domanda di lavoro descrive la relazione esistente tra livello del salario reale (dato dal rapporto tra salario nominale e livello dei prezzi, in formula: w/p) e occupazione (L) per un dato livello di capitale e una data tecnologia. Nella fig. 15.1 è decrescente in virtù dell'ipotesi di produttività marginale del lavoro (PML) decrescente: dato il livello del capitale investito e della tecnologia, ogni unità aggiuntiva di lavoro impiegata nella produzione avrà una produttività positiva, ma decrescente. La scelta ottimale da parte dell'impresa è quella di assumere lavoratori fino a quando la PML eguaglia il salario reale. Di conseguenza, tanto maggiore è il livello del salario reale, tanto minore sarà il lavoro domandato. Il livello di capitale installato nell'impresa e la tecnologia da essa adottata influenzano, invece, la posizione della curva di domanda di lavoro. Infatti, se aumenta la quantità di capitale installato, ciascuna unità di lavoro ha a sua disposizione una maggiore quantità di capitale e risulta dunque più produttiva. Per ogni livello del salario reale viene quindi richiesta una maggiore quantità di lavoro; ciò viene descritto graficamente con uno spostamento della curva di domanda di lavoro verso l'alto. Analoga considerazione vale per il miglioramento della tecnologia adottata dall'impresa, che aumenta il livello della PML.

La funzione di offerta di lavoro descrive la quantità di lavoro offerta (L) per ogni livello del salario reale (w/p). La funzione si ottiene partendo da un semplice modello di scelta tra lavoro e tempo libero. Supponendo che i lavoratori spendano tutto ciò che guadagnano, che la loro unica fonte di reddito sia il lavoro e che possano scegliere di lavorare un numero qualsiasi di ore, è possibile descrivere la condizione di ogni lavoratore come quella di un soggetto che deve decidere quanto consumare (e quindi quanto lavorare) e di quanto tempo libero usufruire. Dato il livello del salario reale, ciascun lavoratore sceglierà la combinazione di consumo e tempo libero ottimale. Un aumento del salario reale provoca due effetti di segno opposto: per l'effetto sostituzione si tende a sostituire tempo libero con lavoro per poter guadagnare e consumare di più, mentre per l'effetto reddito i lavoratori, potendo percepire lo stesso reddito di prima con meno ore di lavoro, preferiscono disporre di più tempo libero. L'impatto complessivo di un aumento del salario reale è dunque ambiguo: quale dei due effetti prevale dipende dalla struttura delle preferenze dei lavoratori. L'evidenza empirica in materia, però, eccetto che per livelli di salario particolarmente alti, indica come prevalente l'effetto sostituzione, per cui la curva di offerta di lavoro risulta essere crescente così come indicato nella fig. 15.2.

Il rapporto di lavoro

Il rapporto di lavoro può configurarsi in modi molto diversi dal punto di vista sia organizzativo sia giuridico. Esaminiamo, qui di seguito, le principali forme che il rapporto di lavoro può assumere.

La categoria più ampia è quella del lavoro subordinato (art. 2094 cod. civ.), entro cui ricadono tutte le forme di rapporto dipendente (lavoro a tempo indeterminato, determinato, part-time , cottimo, a domicilio ecc.), cioè caratterizzate in varia misura dalla subordinazione al potere gerarchico, direttivo, organizzativo e disciplinare del datore di lavoro e con esclusione, pertanto, di ogni assimilazione al lavoro autonomo. Elemento costitutivo è il consenso delle parti (lavoratore e datore di lavoro).

È lavoratore subordinato colui che si obbliga mediante retribuzione a collaborare nell'impresa prestando il proprio lavoro, intellettuale o manuale, alle dipendenze e sotto la direzione dell'imprenditore. L'accertamento della subordinazione dipende quindi dall'esistenza di una serie di indicatori concreti (quale il controllo dell'orario di lavoro, la vigilanza sul dipendente, la quotidiana soggezione a specifiche direttive imprenditoriali, l'assenza di rischio economico per il prestatore, la proprietà dei mezzi di produzione in capo all'imprenditore), a prescindere dalle parole usate per la definizione del contratto, che possono avere solo valore indicativo. L'esistenza del vincolo di subordinazione rileva ai fini dell'applicazione di una serie di tutele che la legge stabilisce anche sulla base dei principi costituzionali (in materia di stabilità del rapporto e licenziamento, di assoggettamento all'obbligo contributivo, di sicurezza sul lavoro e prevenzione degli infortuni ecc.).

La previsione di un periodo di prova, la fissazione di un termine, il patto di non concorrenza e la riduzione dell'orario (part-time) richiedono la forma scritta.

Il lavoro a tempo determinato è una tipologia di rapporto di carattere residuale, visto lo sfavore riservatogli dal legislatore, per il quale "il contratto di lavoro si reputa a tempo indeterminato salvo le eccezioni in appresso indicate" (art. 1, L. 18 aprile 1968 n. 230). L'apposizione del termine in un contratto di lavoro subordinato è consentita solo in un limitato e tassativo numero di ipotesi previste da specifiche norme di legge (lavoro stagionale, sostituzione di lavoratori assenti, lavori straordinari o occasionali, lavorazioni a fasi successive, lavoro nello spettacolo, trasporto aereo o aeroportuale, dirigenti, commercio e turismo, sostituzione di tossicodipendenti in riabilitazione, mobilità, studenti stranieri extracomunitari) o dagli accordi collettivi. Il patto relativo alla durata è inefficace se non risulta per iscritto, e la prova del termine grava sul datore di lavoro. Il termine può essere prorogato solo una volta, per improrogabili ed eccezionali esigenze, con l'assenso del lavoratore; in difetto di tali condizioni, la prosecuzione determina la conversione in contratto a tempo indeterminato sin dal suo inizio. Il trattamento economico e previdenziale del lavoratore a termine è pari a quello degli altri lavoratori a tempo indeterminato, in rapporto alla durata. Il recesso anticipato dal rapporto è ammesso esclusivamente per giusta causa e, in difetto, obbliga il recedente a risarcire i danni (art. 2119 cod. civ.).

Il lavoro a tempo parziale, (art. 5, DL 30 ottobre 1984 n. 726, conv. con L 19 dicembre 1984 n. 863) detto anche part-time, è un rapporto di lavoro – sia a tempo indeterminato sia a tempo determinato – caratterizzato da un orario di lavoro ridotto rispetto a quello ordinario stabilito dagli accordi collettivi. Il contratto di part-time deve risultare pattuito per iscritto a pena di nullità, con indicazione specifica degli orari e dei giorni della settimana e del mese di riferimento; detti orari non possono essere modificati unilateralmente dal datore di lavoro, pena la conversione in contratto a tempo pieno. Il part-time è soggetto a particolari sistemi di pubblicità e controllo attraverso il servizio di collocamento, e comporta lo stesso trattamento economico previsto per il corrispondente rapporto a tempo pieno, ridotto in misura proporzionale alla riduzione dell'orario.

Il cottimo è una speciale forma di retribuzione (art. 2099 cod. civ.) con cui si intende compensare il lavoratore subordinato unicamente in base al risultato, anziché in ragione delle ore di lavoro svolte, come avviene invece nella più diffusa (e usuale) forma della retribuzione a tempo. L'unità di misura per la determinazione della retribuzione è rappresentata dall'unità di cottimo. Il rapporto a cottimo consente al lavoratore di stabilire con maggiore discrezionalità i tempi e le modalità di svolgimento del lavoro. Tuttavia, questo tipo di contratto addossa al lavoratore il maggior rischio connesso al raggiungimento del risultato, dal momento che è il rendimento a determinare l'entità della retribuzione spettante al lavoratore. In considerazione di ciò, il cottimo è visto con sfavore dalle organizzazioni sindacali.

Lo stesso legislatore regolamenta in maniera piuttosto limitativa il ricorso al cottimo, vietandolo espressamente in certe ipotesi, come per esempio in materia di apprendistato (art. 2131 cod. civ.). Un'ipotesi specifica di cottimo è prevista nell'ambito del lavoro a domicilio.

In taluni casi particolari è la legge che impone l'obbligo di retribuire il lavoratore in base al sistema del cottimo: quando, cioè, in conseguenza dell'organizzazione del lavoro, il dipendente è vincolato all'osservanza di un determinato ritmo produttivo, o quando la valutazione della sua prestazione si basa sul risultato delle misurazioni dei tempi di lavorazione (art. 2100 cod. civ.). In linea generale, nei contratti collettivi che prevedono il cottimo è consueto il ricorso anche a una forma di corrispettivo a tempo, idonea a garantire al dipendente una base retributiva stabile. Ulteriori garanzie sono stabilite dall'art. 2101 cod. civ., che attribuisce alla contrattazione collettiva la facoltà di prevedere che le tariffe di cottimo non divengano definitive se non dopo un periodo di esperimento, e inoltre limita le possibilità di sostituzione o modificazione delle tariffe di cottimo ai casi di mutamento delle condizioni di esecuzione del lavoro, previo periodo di esperimento. Il datore di lavoro è tenuto a comunicare ai lavoratori una serie di dati, quali gli elementi costitutivi della tariffa, le lavorazioni da eseguirsi e il relativo compenso unitario, nonché la quantità di lavoro eseguita e il tempo impiegato.

Il lavoro a domicilio è il rapporto di lavoro nel quale il lavoratore esegue nel proprio domicilio o in un locale di cui disponga, lavoro retribuito per conto di uno o più imprenditori, con vincolo di subordinazione; e ciò anche con l'ausilio dei propri familiari conviventi, ma con l'esclusione di manodopera salariata e di apprendisti (L. 18 dicembre 1973 n. 877). Si tratta di un rapporto di lavoro subordinato speciale che non prevede l'inserimento del lavoratore nella organizzazione interna dell'impresa, e anzi non è neppure richiesto che le materie prime e le attrezzature utilizzate siano di proprietà dell'imprenditore, potendo essere fornite dal lavoratore stesso. Per questi aspetti il lavoro a domicilio appare simile al lavoro autonomo, mentre se ne differenzia principalmente per il fatto che il lavoratore a domicilio è soggetto al potere gerarchico e direttivo dell'imprenditore e deve mantenere il segreto sui modelli del lavoro affidatogli. Il lavoratore a domicilio non può eseguire lavoro né in proprio né per conto altrui in concorrenza con l'imprenditore, quando il carico di lavoro che quest'ultimo gli fornisce sia sufficiente a procurargli una prestazione continuativa equivalente a un normale orario di lavoro. La retribuzione viene determinata in base alle tariffe di cottimo stabilite dai contratti collettivi o, in mancanza, da un'apposita commissione paritetica. Il collocamento è fatto oggetto di specifiche cautele legislative: in particolare, sono istituiti un registro dei lavoratori a domicilio per ogni provincia, un registro dei committenti, nonché una commissione centrale di controllo e commissioni provinciali per la tenuta del registro dei committenti.; è fatto divieto di ricorrere al lavoro a domicilio in particolari ipotesi (es. lavorazioni o attività nocive e/o pericolose).

Una forma di rapporto di lavoro subordinato suggerita dall'innovazione tecnologica nel campo delle telecomunicazioni è il lavoro a distanza o telelavoro, concernente l'attività lavorativa svolta con l'impiego di strumenti telematici al di fuori dei locali dell'impresa (generalmente, al domicilio del lavoratore). Gli apparecchi che consentono lo svolgimento del lavoro a distanza sono forniti dal datore di lavoro: operando in collegamento con il computer centrale mediante contatto on line, il lavoratore svolge un'attività identica a quella che espleterebbe presso i locali aziendali. Trattandosi di lavoro subordinato, anche al telelavoro si applicano i normali orari di lavoro (ma con la possibile particolarità che il lavoratore possa distribuirli a sua scelta entro un arco di. tempo giornaliero e settimanale prestabilito, rispettando determinati orari di inizio e di conclusione. Il telelavoro riguarda generalmente attività di segreteria, di archivio, di corrispondenza ecc. che possono essere svolte indifferentemente in sede o altrove. È contemplata qualche forma di lavoro a distanza di carattere mobile (addetti a vendite o promozioni, controllori di impianti).

Recentemente (L. 24 giugno 1997 n. 196; d.lgs. 23 dicembre 1997 n. 469) in attuazione di una direttiva CEE è stato introdotto nell'ordinamento italiano il lavoro interinale, forma di "lavoro in affitto" svolto in base a un contratto per il quale un'impresa fornitrice pone uno o più lavoratori a disposizione di un'impresa utilizzatrice. Quest'ultima ne impiega la prestazione per soddisfare proprie esigenze di carattere temporaneo. L'introduzione di questa forma di lavoro ha avuto l'effetto di rompere il monopolio pubblico sul collocamento e di rendere più flessibile il sistema dei rapporti di lavoro, aprendo nuove possibilità di assorbimento di lavoratori non ancora occupati o disoccupati nel mercato del lavoro. I lavoratori interessati si definiscono prestatori di lavoro temporaneo. Essi sono assunti dall'impresa fornitrice. La legge pone limiti rigorosi alla stipulazione dei contratti di fornitura di lavoro temporaneo, che possono essere conclusi soltanto: a) nei casi previsti dai contratti collettivi nazionali della categoria di appartenenza dell'impresa utilizzatrice; b) nei casi di temporanea utilizzazione in qualifiche non previste dai normali assetti aziendali; c) nei casi di sostituzione di lavoratori assenti.

Rapporti di lavoro per i nuovi entranti

Una particolare ipotesi di contratto di lavoro subordinato a termine è costituita dal contratto di formazione e lavoro, che si caratterizza per essere finalizzato all'avviamento al lavoro e alla formazione professionale di determinati soggetti. Si tratta di un contratto a causa mista posto che allo scambio tra attività lavorativa e retribuzione si affianca la finalità formativa.

La disciplina specifica del contratto di formazione e lavoro è dettata dalla L. 19 dicembre 1984 n. 863, successivamente integrata da DL 16 maggio 1994 n. 299 (convertito in L. 19 luglio 1994 n. 451), dalla L. 608/1996 e infine dalla L. 196/1997. Al contratto in esame si applicano le disposizioni di legge che disciplinano i rapporti di lavoro subordinato che non risultino derogate dai summenzionati provvedimenti legislativi.

Possono essere assunti nominativamente con contratto di formazione e lavoro i giovani di età compresa tra i 16 e i 32 anni.

La legge (art. 16, comma secondo, DL 229/1994) prevede due tipologie di contratto, e cioè il contratto di formazione e lavoro mirato all'acquisizione di professionalità intermedie o elevate (lettera a), la cui durata massima non può eccedere i ventiquattro mesi (art. 16, comma 4, DL 229/1994), e quello mirato ad agevolare l'inserimento professionale mediante un'esperienza lavorativa che consenta un adeguamento delle capacità professionali al contesto produttivo e organizzativo (lettera b), per il quale è prevista una durata massima di dodici mesi (art. 16, comma 4, DL 229/1994).

Di regola, il datore di lavoro che intende assumere con tale tipo di contratto è tenuto alla predisposizione di un progetto in cui devono essere stabilite le modalità e i tempi di svolgimento dell'attività di formazione e lavoro. Il contratto di formazione necessita della forma scritta.

Alla scadenza del termine pattuito possono verificarsi due eventualità, potendo il rapporto sciogliersi o trasformarsi in rapporto a tempo indeterminato (in tal caso il periodo di formazione e lavoro viene computato nell'anzianità di servizio); la trasformazione in rapporto a tempo indeterminato può comunque verificarsi anche prima della scadenza del termine, potendo essere effettuata anche durante l'esecuzione del rapporto di formazione. Nel caso in cui non vengano ottemperati gli obblighi formativi, il contratto di formazione e lavoro si converte retroattivamente in contratto a tempo indeterminato.

Il tirocinio, o apprendistato (artt. 2130-2134 cod. civ.; L. 19 gennaio 1955 n. 25; DPR 30 dicembre 1956 n. 1688; art. 21 L. 28 febbraio 1987 n. 56, L. 24 giugno 1997 n. 196) è uno speciale rapporto di lavoro subordinato, sulla base del quale il datore di lavoro è tenuto a fornire all'apprendista assunto alle proprie dipendenze l'insegnamento necessario affinché esso raggiunga le capacità tecniche per divenire lavoratore qualificato. Tale rapporto di lavoro può essere instaurato solo in relazione al conseguimento di una qualificazione professionale per cui sia necessario un insegnamento tecnico-professionale e un addestramento pratico, anche per le categorie impiegatizie. Il datore di lavoro non può occupare più di un certo numero di apprendisti, pari al 100% delle maestranze specializzate e qualificate in servizio, oppure stabilito dai contratti collettivi, o, in mancanza di simili maestranze, in numero non superiore a tre. L'età minima per diventare apprendista è 16 anni; l'età massima per iniziare il tirocinio, 24 anni (26 nelle zone depresse individuate dalla normativa comunitaria). La durata del contratto di tirocinio non può superare il limite previsto dai contratti collettivi, e in ogni caso i cinque anni. Se al termine di durata il rapporto non è disdettato, prosegue trasformandosi in rapporto a tempo indeterminato.

Sospensione del rapporto di lavoro subordinato

Le cause che impediscono al lavoratore di prestare la propria attività sono specificamente individuate e regolamentate dalla legge e dai contratti collettivi (malattia, infortunio, cure termali, gravidanza e puerperio, permessi). In linea generale, la causa di sospensione non determina l'estinzione del rapporto di lavoro se essa si protrae entro un tempo massimo (periodo di comporto) che ne segna il limite della tollerabilità. Durante tale periodo il lavoratore continua a percepire un trattamento economico, che può in certi casi essere erogato dal sistema previdenziale e nelle altre ipotesi consiste in un'indennità o retribuzione corrisposta dal datore di lavoro; inoltre, continua a maturare l'anzianità. Nel corso di tale periodo il lavoratore può essere licenziato solo in presenza di giusta causa, mentre, al contrario, il superamento del comporto ne giustifica il licenziamento. Al di fuori delle cause di sospensione specificamente disciplinate, esiste la questione relativa agli altri casi di sopravvenuta impossibilità della prestazione lavorativa (es. arresto, carcerazione), per i quali si ammette generalmente il recesso del datore per giustificato motivo.

Estinzione del rapporto di lavoro subordinato

Le circostanze in occasione delle quali può verificarsi l'estinzione del rapporto di lavoro subordinato sono le seguenti:

a) Limiti di età. Con il d.lgs. 30 dicembre 1992 n. 503 e con la L. 23 dicembre 1994 n. 724 i limiti di età sono stati portati (sia pur gradualmente) a 65 anni per gli uomini e a 60 per le donne, con decorrenza dal 1° gennaio 2000.

b) Mutuo consenso. Al pari di ogni altro rapporto contrattuale (art. 1372 cod. civ.), anche il rapporto di lavoro può estinguersi per effetto del mutuo consenso, quando entrambe le parti decidono, d'accordo tra loro, di porre termine al contratto. In questa ipotesi esse non saranno tenute al rispetto del termine di preavviso né alla relativa indennità sostitutiva (art. 2118 cod. civ.).

c) Impossibilità sopravvenuta della prestazione. Esempi di questa ipotesi possono essere: sopravvenuta inabilità del lavoratore, che non gli consenta di proseguire nello svolgimento delle mansioni assegnate; perdita dell'abilitazione, di un particolare brevetto o autorizzazione, necessari allo svolgimento della professione. Tali casi sono spesso considerati dalla giurisprudenza come giustificato motivo di licenziamento.

d) Morte del lavoratore. Con la morte del prestatore di lavoro si determina l'estinzione del rapporto, poiché l'elemento fiduciario che lo caratterizza ne impedisce la trasmissione agli eredi. Diverso è invece il caso della morte del datore di lavoro, che non influisce sul rapporto salvo che, ovviamente, non ne derivi una cessazione dell'attività aziendale. In caso di morte del lavoratore (art. 2122 cod. civ.), saranno dovute le indennità di preavviso (art. 2118 cod. civ.) e di fine rapporto (art. 2120 cod. civ.) in favore del coniuge, dei figli e, se conviventi con il defunto, dei parenti entro il terzo grado e degli affini entro il secondo grado.

e) Scadenza del termine. Quando il contratto di lavoro subordinato è a termine, esso si estingue naturalmente alla sua scadenza. Tuttavia, qualora le parti proseguano l'esecuzione del contratto dopo la scadenza, senza soluzione di continuità ovvero dopo un breve intervallo (di quindici o di trenta giorni, a seconda che il rapporto iniziale avesse termine inferiore o superiore ai sei mesi), il rapporto si considererà a tempo indeterminato sin dal suo inizio.

f) Dimissioni del lavoratore. Il lavoratore dipendente può recedere dal rapporto, salvo che nell'ipotesi (sopra delineata) di contratto a termine, dandone preavviso (art. 2118 cod. civ.) secondo i tempi e i modi previsti dalla legge e dal contratto, collettivo e/o individuale. Se non dà il preavviso, il lavoratore recedente perde la retribuzione che gli sarebbe spettata per il corrispondente periodo. Inoltre, in presenza di una causa che non consenta la prosecuzione anche provvisoria del rapporto (giusta causa), il lavoratore può recedere senza obbligo di preavviso.

g) Licenziamento. La legge prevede che il licenziamento, cioè il recesso del datore di lavoro dal rapporto, sia soggetto a maggiori limitazioni e ammissibile solo alla presenza di giusta causa o giustificato motivo. Di conseguenza, si deve ritenere sostanzialmente esclusa dal sistema attuale la libera recedibilità del datore di lavoro dal rapporto, salvo che per determinate ipotesi in cui la disciplina limitativa dei licenziamenti non opera (es., dirigenti; contratto a tempo determinato; lavoro domestico; lavoratori in età pensionabile; sportivi professionisti; lavoratori in prova).

Il lavoro autonomo

Il lavoro autonomo si configura come un rapporto senza vincoli di subordinazione, nel quale un soggetto si obbliga a compiere in favore del committente e a fronte di un corrispettivo un'opera o un servizio, con lavoro prevalentemente proprio. Si differenzia dal rapporto di lavoro subordinato per l'assenza di soggezione al potere direttivo e disciplinare dell'imprenditore, che si limita a impartire in via preventiva semplici istruzioni sulle caratteristiche dell'opera o del servizio desiderato, mentre il tempo, il luogo e il modo della prestazione vengono stabiliti dal lavoratore autonomo, che si assume ogni rischio della realizzazione dell'opera richiesta, e del mancato compimento della stessa.

La gestione del personale

Il compito primario della gestione del personale, cui provvede la funzione Risorse umane dell'azienda in stretto coordinamento con la direzione generale, riguarda le decisioni concernenti la dimensione e la composizione del personale.

Dimensione complessiva e composizione (livello e qualità delle competenze, qualifiche contrattuali ecc.) del personale sono determinate dalla combinazione di molteplici scelte inerenti all'attività aziendale e alle caratteristiche del settore di appartenenza. Tra queste scelte sono ovviamente rilevanti: a) il volume di attività da svolgere; b) il livello di meccanizzazione e di automazione dei processi; c) il volume di lavoro contrattualmente pattuito (orari di lavoro, ricorso a tempi parziali ecc.); d) qualità attesa; e) internalizzazione ed esternalizzazione (outsourcing) delle attività.

Cruciale, rispetto alle decisioni relative al personale, è la questione della produttività del lavoro. La misurazione della produttività si ottiene mettendo a confronto il risultato con la quantità di lavoro immessa nell'attività (es., fatturato/numero di venditori) oppure con il costo del lavoro (es., costo del lavoro/fatturato).

Il personale è un organismo dinamico, che muta nel tempo al variare delle combinazioni tecnico-economiche e degli assetti organizzativi. Momenti di questa dinamica, cui corrispondono servizi aziendali, sono la selezione d'ingresso, la formazione, l'apprendimento, la gestione delle ricompense, il turnover.

L'apprendimento

L'apprendimento, come abbiamo visto, è un importante fattore di crescita di efficienza (secondo la progressione descritta dalla curva di apprendimento ) per l'azienda o il reparto. Può essere anche un fattore di promozione per il singolo lavoratore che passi dalla condizione di chi deve apprendere a quella di chi può aiutare gli altri ad apprendere, disegnando una carriera. Esso si può trasformare, tuttavia, in un fattore di irrigidimento in condizioni di rapida innovazione tecnologica e di altrettanto rapida obsolescenza di saperi acquisiti. Un antidoto alla sclerosi delle conoscenze è costituito dall'attività di aggiornamento professionale.

Il turnover

Nel linguaggio corrente, il termine turnover si riferisce generalmente al rinnovo della manodopera; è misurato dal numero di lavoratori sostituiti in un determinato periodo di tempo, solitamente un anno, sul totale della manodopera presente in azienda. Il turnover rappresenta la componente aziendale del fenomeno che, a livello di sistema industriale o economico, è detto mobilità della manodopera. Le principali cause del turnover sono dovute, oltre al raggiungimento dell'età pensionabile, a decisioni autonome dei lavoratori (es., abbandono, dimissioni volontarie ecc.) o a decisioni autonome dell'impresa (es., ristrutturazioni aziendali, licenziamenti ecc.). Diversi sono i fattori che influenzano il turnover: sesso ed età dei lavoratori: maggiori sono la presenza delle donne e l'anzianità di lavoro, più elevato sarà il turnover; politiche salariali: tanto minori sono i salari corrisposti, tanto maggiore sarà il valore del turnover; modificazioni dell'organizzazione del lavoro: innovazioni tecniche e riorganizzazioni o ristrutturazioni aziendali generano infatti l'attivazione del turnover.

La flessibilità del lavoro

Nell'azienda tradizionale caratterizzata, come abbiamo già visto, da una tendenziale stabilità occupazionale, il problema del personale era affrontato soprattutto in termini di efficienza e di costo del lavoro. Nei contesti più recenti, quali quelli della fabbrica "postfordista", si pretende dall'azienda una maggiore sincronizzazione con l'evoluzione del mercato. Si ricorre, a questo scopo, a una combinazione di innovazioni organizzative, a nuove tecniche di addestramento e formazione, alla ricerca di nuove combinazioni tra esternalizzazione e internalizzazione, alla revisione delle relazioni industriali, all'introduzione di nuove forme di rapporti di lavoro (vedi sopra: telelavoro, lavoro interinale ecc.).