L'offerta aggregata

La curva di offerta aggregata rappresenta il livello di produzione complessivo che le imprese decidono di realizzare e di portare sul mercato in corrispondenza di diversi livelli dei prezzi e dei salari. Essa sintetizza un processo decisionale complesso, intrapreso dai produttori, che tiene in considerazione una serie di fattori capaci di caratterizzare il sistema economico. Le imprese stabiliscono quale ammontare di fattori produttivi acquistare, quanto lavoro assumere e quanto produrre, sulla base dei costi degli input, della tecnologia disponibile e del prezzo del prodotto finito che venderanno sul mercato. Le loro scelte sono mirate alla massimizzazione dei profitti e risultano in genere vincolate dalla finitezza delle risorse finanziarie a loro disposizione, dalla produttività dei macchinari impiegati e dalle caratteristiche istituzionali del mercato del lavoro. In tal mercato, le imprese interagiscono con le famiglie, le quali decidono quanto lavoro offrire sulla base del salario reale atteso. Appare dunque evidente come la determinazione dell'offerta aggregata dipenda dalle condizioni di domanda e offerta sul mercato del lavoro, dalle caratteristiche della funzione di produzione delle imprese e dal livello di informazione disponibile.

Una semplificazione efficace, introdotta nella definizione del concetto di offerta aggregata, è quindi l'assunzione di perfetta previsione secondo la quale i soggetti economici sono sempre in grado di formulare aspettative corrette sul livello dei prezzi e dei salari nominali.

Possiamo caratterizzare la funzione di produzione come una relazione tra un dato output e l'input lavoro, supponendo che quest'ultimo sia l'unico fattore variabile utilizzato dalle imprese dato uno stock fisso di capitale. Tale relazione sarà crescente, nel senso che a quantità maggiori di lavoro corrisponderanno maggiori quantità di prodotto. Il livello di fattore lavoro impiegato sarà determinato dalla quantità scambiata in equilibrio sul mercato del lavoro, individuata dall'incontro tra domanda di lavoro avanzata dalle imprese sulla base del prezzo dell'output e della produttività del singolo lavoratore, e offerta di lavoro delle famiglie, dipendente dal valore del salario ottenuto e dalle loro preferenze riguardo alla allocazione del proprio tempo tra lavoro e tempo libero. Una volta determinata la quantità scambiata di lavoro, sarà possibile individuare l'ammontare di produzione corrispondente, dato un certo livello dei prezzi, a un punto della curva di offerta aggregata. Per individuare gli altri punti utili per poter tracciare tale curva sarà necessario supporre una variazione del prezzo dell'output e verificare come si modifica in corrispondenza di essa la quantità offerta.

Offerta aggregata di lungo periodo

Nel lungo periodo si assume che il salario nominale sia perfettamente flessibile, che i lavoratori abbiano modo di correggere la percezione inesatta dei prezzi e le imprese abbiano il tempo di aggiornare i loro listini. Lavoro, capitale, tecnologie, risorse naturali determinano la quantità totale di beni e servizi offerti, e questa quantità non cambia quale che sia il livello dei prezzi.

Nella fig. 20.3 (a) è disegnata una funzione di produzione per un dato livello di capitale (K = K0 ). Sul mercato del lavoro (fig. 20.3 b) si determinerà un valore del salario reale (W/P) tale da annullare ogni possibile disequilibrio. Il salario reale aumenta se la domanda di lavoro (LD) è maggiore dell'offerta di lavoro (LS) e si riduce in caso contrario. Nel mercato del lavoro vi sarà dunque sempre piena occupazione in corrispondenza del livello di salario reale (W/P)f per il quale tutti coloro che desiderano lavorare sono occupati e, per diversi livelli dei prezzi, la quantità scambiata di lavoro risulterà costante. L'offerta aggregata (QS, fig. 20.3 c) risulterà quindi costante e la curva di offerta aggregata verticale in coincidenza con il livello di produzione di pieno impiego (Qf).

Eventuali miglioramenti delle condizioni tecnologiche o aumenti dello stock di capitale disponibile (K1 > K0), spostando verso l'alto la funzione di produzione e verso l'esterno la domanda di lavoro delle imprese, inducono aumenti della quantità di lavoro scambiata (Lf1) in equilibrio e quindi della quantità offerta (Qf1) per ogni livello di prezzo (fig. 20.4). La nuova curva di offerta sarà ancora verticale (QS1) in coincidenza del maggior livello di prodotto. Altri fattori di spostamento della curva possono essere determinati da una variazione del tasso naturale di disoccupazione, da una variazione nell'accesso a risorse naturali ecc.

Offerta aggregata di breve periodo

Da ipotesi diverse parte l'analisi dell'offerta di breve periodo: in essa i salari nominali non sono supposti perfettamente flessibili e quindi capaci di reagire a variazioni dei prezzi in modo da preservare l'equilibrio sul mercato del lavoro. L'enfasi posta sulle rigidità nominali (vischiosità di prezzi e salari), derivanti da accordi di lungo periodo sul salario tra sindacati e imprenditori o da esigenze di incentivazione della produttività dei lavoratori (contratti impliciti, salari efficienza), come pure dai costi di aggiornamento dei listini, risulta fondamentale nella determinazione della curva di offerta aggregata. Eventuali variazioni dei prezzi non saranno quindi neutralizzate da adeguamenti dei salari nominali, causando eccessi di domanda o di offerta di lavoro; in presenza di disequilibrio verrà scambiata la quantità minore tra domanda e offerta di lavoro in corrispondenza di un dato livello dei prezzi, causando una variazione del livello di produzione rispetto al punto di pieno impiego. Mutamenti dei prezzi avranno quindi come effetto una variazione del livello di produzione e dell'offerta aggregata. Come mostra la figura 20.5, una diminuzione del livello dei prezzi, aumentando il salario reale di mercato da (W/P)f a (W/P)1, genera una riduzione del lavoro effettivamente scambiato (L1) e una diminuzione del livello di produzione (Q1) e dell'offerta aggregata. La curva di offerta risulta quindi positivamente inclinata (figura 20.5.c).

Illusione monetaria

È realistico supporre che le imprese e i lavoratori basino le loro decisioni, non sulla perfetta previsione, ma su aspettative del livello dei prezzi. Iniziamo supponendo che solo i lavoratori non siano in grado, per mancanza o inadeguatezza delle infomazioni possedute, di prevedere perfettamente il livello di prezzo per il bene prodotto dalle imprese e quindi il valore del salario reale. Essi basano le loro decisioni, relative a quanto lavoro offrire, su di un prezzo atteso P0 , in corrispondenza del quale l'equilibrio nel mercato del lavoro è dato da L* (fig. 20.6 a). Posto che il prezzo aumenti sino al livello P1, vi sarà un aumento del salario nominale pagato dalle imprese (W1) e un'espansione della domanda di lavoro (L(P1)). Il fatto che i lavoratori non si avvedano della variazione dei prezzi fa sì che l'offerta di lavoro non si sposti e che il nuovo equilibrio sia determinato dall'intersezione tra questa e la nuova curva di domanda di lavoro. Il valore del salario reale in corrispondenza del nuovo equilibrio sarà tuttavia minore rispetto al vecchio equilibrio poichè la variazione nei prezzi (distanza verticale tra le due curve di domanda di lavoro) risulterà maggiore dell'aumento effettivo dei salari nominali. Questo dovrebbe normalmente indurre una riduzione dell'offerta di lavoro, tuttavia, proprio a causa dell'errata aspettativa di prezzo, i lavoratori, credendo che i prezzi siano rimasti invariati e osservando un aumento dei salari nominali, percepiscono erroneamente (illusione monetaria), un incremento del salario reale e decidono di offrire maggiore lavoro. In coincidenza quindi del nuovo prezzo P1 la quantità di lavoro scambiata aumenta (L1) rispetto al caso di pieno impiego e lo stesso avviene per il livello di produzione (Q1); ripetendo il ragionamento per riduzioni inattese dei prezzi (P = P2) è possibile ottenere una curva di offerta aggregata positivamente inclinata anche in presenza di salari nominali perfettamente flessibili (fig. 20.6.c). Non è quindi necessario supporre la rigidità dei salari nominali: per ottenere un'offerta positivamente inclinata è sufficiente che i lavoratori non abbiano una percezione esatta del livello dei prezzi corrente.