I due modelli dell'etica

Le teorie etiche sono numerose, tuttavia si può ritenere sufficientemente condivisa la convinzione che esse possono ricondursi a due modelli fondamentali: un modello teleologico (dal greco télos: fine), fondato sui fini da perseguire; un modello deontologico (dal greco déon: dovere), che intende stabilire le regole universali del corretto agire.

Il modello teleologico concepisce l'etica come la scienza dei fini a cui deve conformarsi l'agire dell'uomo e dei mezzi da utilizzare per conseguire tali fini. Concretamente sia i fini, sia i mezzi vengono dedotti dalla natura, cioè la vera essenza (razionalità), dell'uomo, la cui realizzazione rappresenta l'ideale a cui tende la condotta umana. Questa impostazione è caratterizzata dalla conoscibilità del fine dell'azione, il quale, a sua volta, è conoscibile, se intelligibili sono le cose (e l'uomo in particolare) almeno in alcune loro costanti. Il bene, tradizionalmente considerato il fine dell'azione umana, è concepito come una realtà perfetta e realmente esistente e come piena e necessaria realizzazione della natura umana. Per esempio, Aristotele, che storicamente è il primo a inaugurare una trattazione sistematica e complessiva della condotta umana, individua nella felicità il fine dell'azione umana, deducendolo dalla natura razionale dell'uomo: infatti la felicità consiste nell'attività razionale, poiché l'anima razionale è la facoltà più elevata dell'uomo. Definito il fine, Aristotele procede poi a determinare le virtù, che sono la condizione della felicità. Nel modello teleologico non solo la riflessione etica cerca di stabilire qual è l'oggetto vero, e dunque reale, del desiderio, ma secondariamente essa si incarica di indicare i modi più propri per poterlo raggiungere. La "legge morale" altro non è che questo modo, cioè una via al conseguimento del fine del desiderio.

Il modello deontologico ritiene che il fine del desiderio umano, cioè il suo oggetto dedotto dalla natura dell'uomo, sia al di là della nostra possibilità di conoscenza e perciò fonda l'etica e l'universalità delle regole, o norme di comportamento, nel soggetto. L'etica, di fatto, diviene la scienza delle motivazioni della condotta umana e il bene è la regola o il motivo della condotta di fatto. L'esempio più illustre di modello deontologico è rappresentato dalla dottrina morale di I. Kant. Lo sforzo kantiano è quello di mostrare che l'universalità della regola morale è la stessa universalità della ragione, tanto che la legge fondamentale della vita morale è "il dovere per il dovere". L'etica kantiana è un'etica "formale" e non "contenutistica", perché l'azione morale non è condotta per ottenere il bene (supposto inconoscibile), ma si impone come dovere. Inoltre non potrebbe esistere una legge morale come doverosità se non ci fosse possibilità di trasgressione: il che dimostra l'esistenza della libertà dell'uomo, da Kant considerata un indubitabile "fatto della ragione". Seguire la legge morale, cioè agire secondo il dovere e per il dovere, è la vera virtù, la quale sarà un giorno premiata.