Epicuro e il compito della filosofia

Epicuro nasce a Samo nel 341 a.C. e nel 306-7 si trasferisce ad Atene, dove rimane fino alla morte (270 a.C.) e dove fonda la sua scuola, il Giardino, molto frequentata nonostante la contemporanea presenza dell'Accademia e del Liceo. Il successo del Giardino viene dalla concezione della filosofia di Epicuro come ricerca della felicità e come "farmaco" contro la paura degli dei, della morte, del dolore. Dopo la morte di Epicuro, il suo pensiero non viene più messo in discussione o modificato e si organizza in una disciplina fermissima, che non conosce un'evoluzione altrettanto varia e contrastata quanto quella delle altre due scuole ellenistiche dello stoicismo e dello scetticismo.

Il pensiero epicureo è sostanzialmente finalizzato alla morale e si articola in tre sezioni specifiche: logica (detta "canonica"); fisica; etica.

La logica epicurea

Lo strumento principale della conoscenza, e nel contempo il criterio della verità, è per Epicuro la sensazione, che è di per sé irrefutabile, sempre vera e oggettiva. L'oggettività dipende dalla sua genesi fisica e cioè dal fatto che è il risultato dell'impressione sui sensi di flussi di atomi, che riproducono le forme degli oggetti. Altri strumenti della conoscenza sono le anticipazioni, o prolessi, consistenti nel ricordo di sensazioni passate, usate per anticipare sensazioni future e nella sostanza corrispondenti ai concetti.

Un terzo strumento è costituito dai sentimenti di piacere e di dolore, che possono intendersi come la risonanza interiore delle sensazioni e che stanno anche a fondamento dell'etica. Epicuro nega alla conoscenza razionale (opinione) l'evidenza immediata propria della sensazione e quindi le accosta un criterio di valutazione coincidente con la ricerca della diretta verifica empirica, o almeno con la compatibilità con l'esperienza.

La fisica epicurea

Il mondo per Epicuro è formato di atomi e di vuoto.Gli atomi sono corpi indivisibili, infiniti di numero, connotati da figura geometrica, peso e grandezza ­ e quindi privi di qualità ­, strutturalmente dotati di moto. Il vuoto è invece di natura incorporea e intangibile: la sua presenza serve solo a giustificare l'esistenza del moto. Il moto degli atomi è verticale, dall'alto in basso, con una leggera deviazione dalla perpendicolare (detta clinamen) che permette agli atomi di incontrarsi fra loro e di generare il mondo, seguendo una legge di aggregazione strettamente dipendente dalle loro forme geometriche e dalle masse. Il cosmo è formato da infiniti mondi che si fanno e si disfano infinite volte. Per Epicuro anche gli dei e l'anima sono costituiti di atomi, di natura speciale. Gli dei hanno forma analoga a quella degli uomini, ma si disinteressano alle vicende umane; l'anima razionale viene privilegiata rispetto all'anima sensibile.

L'etica epicurea

Epicuro professa un'etica edonistica, cioè fondata sul piacere. Ma con ciò egli intende soprattutto quel genere di piacere in quiete (piacere catastematico) che trova la sua massima espressione nell'assenza di dolore rispetto al corpo (aponia) e all'anima (atarassia). Non nega che anche ogni altro piacere sia un bene, ma fissa una gerarchia dei piaceri fondata sulla maggiore o minore fatica che si dovrebbe spendere per realizzarli. Il piacere dell'anima è ritenuto un'amplificazione di quello del corpo, quindi superiore a esso, ma non eterogeneo. È necessario ricercare una virtù (saggezza) capace di valutare e soppesare i singoli piaceri e scegliere fra essi tenendo conto del grado di autarchia (il non-aver-bisogno-di-nulla per alimentarsi) e di assolutezza (non essere suscettibile di aumento o diminuzione nel tempo) di ciascun piacere. Questo criterio evidenzia la superiorità del piacere catastematico, cioè della gioia che viene dal sentirsi esenti da dolori: esso è appunto in sommo grado autarchico e assoluto.

La gerarchia dei piaceri pone così al vertice i piaceri naturali e necessari (mangiare quando si ha fame, bere quando si ha sete), i quali vanno sempre perseguiti perché tolgono il dolore del corpo. Al secondo posto pone i piaceri naturali e non necessari (per esempio, il mangiar bene) i quali sono concessi solo talvolta. Al terzo e ultimo posto si collocano i piaceri non naturali e non necessari (per esempio, il desiderio di fama, ricchezza e potere), i quali non sono mai leciti per il fatto che turbano la serenità (atarassia) dell'uomo e, non avendo in sé alcun limite e misura, sono insaziabili e lasciano l'uomo perennemente insoddisfatto. Su questi presupposti Epicuro sconsiglia l'impegno politico e invita a una vita nascosta e nella sostanza asociale (fatta eccezione per il vincolo dell'amicizia): egli considera la giustizia e le istituzioni politiche, infatti, come forme innaturali, fondate sulla ricerca del terzo tipo di piaceri, in assoluto i più dannosi.