Maurice Merleau-Ponty

Docente universitario di filosofia, Maurice Merleau-Ponty (Rochefort-sur-Mer 1908 - Parigi 1961) è insieme a Sartre (da cui si distacca per divergenze politiche) il principale esponente dell'esistenzialismo francese.

L'ambiguità dell'esistenza

Il motivo di fondo del suo pensiero, anche se la riflessione politica ne è una componente importante, è l'esistenza quale essenza dell'uomo. L'esistenza è concepita dialetticamente come l'incessante ripresa della situazione di fatto (caratteriale, familiare, sociale ecc.) che la condiziona senza però predeterminarne lo svolgimento. L'esistenza infatti è libera, si svolge cioè sotto il segno della possibilità anziché della necessità, perché può sempre modificare il suo punto di partenza, riassumendolo entro un progetto inaugurato da un atto di appropriazione della propria vita che le dà il suggello della "autenticità". La realizzazione della libertà esige quindi l'impegno e la prassi, giacché il senso dell'esistenza, ovvero il significato della condizione umana, si rivela solo nel suo essere nel mondo. Ma il suo costitutivo radicarsi nel mondo fa sì che il senso dell'esistenza sia opaco, e che la misura umana della libertà non sia un incondizionato potere della coscienza sulle cose, bensì si esplichi entro un limitato campo di possibilità. La libertà non può impedire che il mondo imprima anche all'esistenza il carattere proprio di tutto quanto sta nel suo orizzonte, che è la precarietà e la contingenza: proprio per questo il senso non può mai esorcizzare il non-senso. L'ambiguità dell'esistenza nasce dal fatto che la sua libertà si rivela in effetti l'altro lato del suo essere conficcata nella vita sensibile della percezione. Lungo questa via la fenomenologia esistenzialista e dialettica di Merleau-Ponty incontra la psicoanalisi nella convinzione che l'inconscio non è solo una struttura antropologica, ma anche una fonte di verità. L'analisi della base sensibile dell'esistenza, ossia della sua dimensione originaria e percettiva è svolta nella sua opera più famosa, Fenomenologia della percezione (1945).

Il corpo vissuto

Merleau-Ponty elabora una fenomenologia dell'esperienza del corpo animato e parlante che sempre ci accompagna: interrogato direttamente, esso appare come "sempre altro da ciò che è", inoggettivabile. Sperimentato come attivo, il corpo si tramuta subito in passivo e si rivela così uno spazio mobile e paradossale, dove il dentro e il fuori si incrociano e si rovesciano uno nell'altro. I gesti muti della percezione, così come i fenomeni originari della vita sensibile, con la loro fede primordiale nella sensatezza del mondo, dischiudono allo sguardo fenomenologico la fonte spontanea del senso, di cui il linguaggio è il prolungamento.

Strutturalismo e ontologia

Negli anni '50 Merleau-Ponty approfondisce la sua interpretazione fenomenologica del linguaggio aprendosi allo strutturalismo (v. cap. 62). Il senso che promana dai segni linguistici non è solo frutto dell'intenzione consapevole del soggetto, e non è neppure solo il prolungamento della gestualità corporea, ma ha anche un'origine intrinseca al linguaggio stesso, giacché si trova pure nell'intervallo tra un segno e l'altro, incastonato negli interstizi tra le parole. Il concetto di struttura insegna così a Merleau-Ponty un nuovo modo di vedere l'essere, come un "sistema a più entrate", in cui il centro è "ovunque e in nessun luogo". Il linguaggio è pensato, con una certa sintonia con l'ultimo Heidegger, come parola dell'essere (Il visibile e l'invisibile, incompiuto, 1964).