Cibernetica e origini dell'intelligenza artificiale

L’intelligenza artificiale (d’ora in poi: IA) può essere definita come il settore di studi e l’insieme di tecniche, derivati dall’informatica, che tendono a realizzare sistemi elettronici di elaborazione in grado di simulare il comportamento intelligente dell’uomo, vale a dire capaci di risolvere problemi che comunemente rientrano nel dominio dell’intelligenza umana. L’espressione IA è stata coniata nel 1956 nell’ambito di un seminario tenutosi a Dartmouth, negli Stati Uniti, da Marvin Minsky, uno dei fondatori della disciplina, che la caratterizzò come quella “scienza che fa fare alle macchine cose che richiederebbero intelligenza se fossero state fatte dagli uomini”. Tra i suoi settori d’indagine più rilevanti troviamo i metodi per risolvere problemi in situazione di dubbio (problem solving), la capacità per il computer di comprendere il linguaggio comune non codificato, la traduzione automatica, la visione artificiale, la costruzione di programmi capaci di apprendere dalle proprie esperienze e correggere gli errori. Alle origini remote dell’IA possono essere idealmente collocati la stessa concezione meccanicistica del corpo umano elaborata da Descartes e la costruzione di automi idraulici da giardino in voga nel Seicento, nonché i primi calcolatori manuali, completamente meccanici, inventati, fra gli altri, da Pascal e Leibniz. Ma l’effettiva nascita dell’IA avviene in tempi ben più recenti, soltanto nel XX secolo, con l’invenzione degli elaboratori elettronici e l’affermazione della cibernetica, cioè precisamente di quella scienza che, sfruttando tecniche matematiche sofisticate, studia le analogie tra le macchine e gli organismi viventi, con particolare riferimento alle tecniche di controllo, di comunicazione e di regolazione e alle loro applicazioni tecnologiche.
Reti neurali e pensiero artificiale
Tale primario settore di ricerca venne inaugurato dal ricercatore americano Norbert Wiener (1894-1964) che ne mise a fuoco l’assetto teorico nel suo studio La cibernetica: controllo e comunicazione nell’animale e nella macchina (1948). I primi studiosi nel settore del pensiero artificiale si proposero così di simulare l’attività logica del cervello umano riproducendo artificialmente con reti neurali, cioè costruite tramite componenti elettroniche, la struttura cerebrale delle reti di neuroni. Parallelamente a queste indagini, altri ricercatori si servirono di elaboratori per simulare il procedimento dell’intelligenza umana e presero quale caratteristica distintiva del pensiero la capacità decisionale (come esempio tipico e campo di verifica di questa attitudine venne adottato il gioco degli scacchi). Con questi primi sviluppi della cibernetica, le ricerche sull’IA si sono via via indirizzate al rinvenimento di programmi per i giochi e in seguito all’individuazione di procedure euristiche che evitassero l’analisi di tutte le possibili situazioni (la cosiddetta “esplosione combinatoria”: nell’esempio degli scacchi, tutte le mosse possibili secondo un numero di alternative pari a 10120, cioè un ordine di probabilità incalcolabile per l’intelligenza umana), cercando invece di implementare strategie di scelta che imitassero quelle degli esperti umani. Ciò che gradualmente diversificò e separò le ricerche sulle reti neurali da quelle sull’IA fu il livello di confronto fra la macchina “intelligente” e la mente dell’uomo: un confronto condotto, in ambito cibernetico, a livello fisico, assumendo che le operazioni logiche siano un prodotto della struttura fisica, e invece nel secondo caso, l’IA appunto, a livello funzionale, prevedendo di simulare i processi mentali senza dover riprodurre nell’elaboratore elettronico la struttura fisica del cervello.