La filosofia araba

La filosofia araba influenza profondamente l'Occidente, svolgendo una funzione di legame e di transizione feconda fra il pensiero antico e moderno. Gli arabi infatti, all'epoca della loro conquista dei territori bizantini nel Mediterraneo orientale, acquisiscono gran parte del patrimonio filosofico e scientifico del mondo antico, che attraverso complessi itinerari di traduzioni (dal greco al siriaco e all'arabo, e quindi al latino, spesso con la mediazione dell'ebraico) giunge in Europa. In particolare, dal sec. XI si diffondono in Europa sia le opere di Aristotele, sconosciute nella loro interezza, sia i testi dei principali pensatori arabi, che a partire dalle traduzioni di Aristotele, spesso inserite in contesti neoplatonici, hanno elaborato prospettive filosofiche diverse, di tipo mistico o naturalistico o materialistico.

Avicenna

Avicenna, filosofo e medico persiano (circa 980-1037), espone la sua filosofia, influenzata da Aristotele e Plotino, ne Il libro della guarigione. In ogni cosa si può distinguere l'essenza, che è l'identità di una cosa espressa da un concetto, e l'essere, che indica invece il fatto che la cosa esista. Nel mondo nessuna cosa esiste in modo necessario, perché l'esistenza è indifferente a questa o a quella essenza: perciò se niente è necessario, niente si è fatto da solo. Il mondo ha quindi bisogno di una causa prima che dia esistenza a tutto ciò che è, e questa causa prima è Dio. Dio è uno e semplice (infatti in lui l'essenza e l'essere sono inseparabili) ed è anche eterno, perché esiste da sempre e per sempre. In quanto prodotto da un Dio eterno, anche il mondo è eterno. La creazione è pensata come emanazione e nella decima e ultima sfera celeste compare un intelletto attivo (o agente), che regge il mondo terrestre e suscita nell'uomo, che ha un'anima immortale, la conoscenza delle idee universali.

Averroè

Averroè, filosofo arabo spagnolo (1126-1198), dal '200 al '600 è considerato "il" commentatore di Aristotele per eccellenza. Oltre agli importanti Commenti ad Aristotele (tra cui Metafisica, Fisica, Etica Nicomachea), scrive trattati teologici e La distruzione della distruzione in difesa della filosofia. Secondo Averroè il Corano contiene la religione perfetta, che dovrebbe essere la guida dell'umanità. Mentre il popolo deve attenersi al senso letterale, gli intellettuali possono decifrare i simboli poetici del Corano, seguendone le "suggestioni". Ci sono perciò molti modi per raggiungere la verità, che pure è una sola (non la "doppia verità" un tempo a lui attribuita). Influenzato dall'islamismo, da Aristotele e da Plotino, Averroè concepisce tutto ciò che esiste secondo un rigoroso ordine gerarchico, al cui vertice si trova Dio. Dio però non crea il mondo: il mondo, il suo movimento e la materia sono eterni. L'ordine della realtà si rispecchia nelle scienze, organizzate da Averroè in un insieme armonico. L'ordine della scienza è prodotto nella luce di un'intelligenza originaria ed eterna, quella che Aristotele indica nella figura dell'intelletto agente. All'azione di questo intelletto risponde nell'uomo un intelletto possibile, quale capacità di trascendere la conoscenza sensibile per giungere all'universalità della scienza. Ma, a differenza di Aristotele, per Averroè anche l'intelletto possibile è eterno e separato dall'individualità di ogni uomo: non è che la disposizione trasmessa dall'intelletto agente. L'anima propriamente individuale (solitamente distinta in vegetativa, sensitiva e intellettiva) è pertanto mortale e scompare con il corpo.