La filosofia ebraica

La mediazione fra la lingua araba e quella latina nel Medioevo viene spesso svolta da pensatori ebrei, conoscitori di entrambe le lingue, che svolgono quindi un ruolo intermedio fra cristianesimo e Islam. Duramente perseguitati nell'Occidente cristiano, perché ritenuti i responsabili della morte di Cristo, nei paesi musulmani gli ebrei sono trattati con tolleranza e qui sviluppano una riflessione filosofica in stretta aderenza e fedeltà alla tradizione biblica.

Avicebron

Avicebron, poeta e filosofo ebreo (1020-circa 1070), scrive in arabo la sua opera più importante, la Fonte della vita (successivamente tradotta in latino), in cui compie il tentativo di ripensare la filosofia aristotelica e neoplatonica allo scopo di fondare una nuova fisica. Dio è l'essenza assoluta al di sopra di tutto l'essere creato; è semplicissimo, libero. Dalla sua libera volontà derivano tutti gli esseri spirituali e materiali, che sono composti di materia e forma (teoria ilemorfica) e le forme si moltiplicano in ogni essere secondo i suoi livelli di perfezione. Questa teoria ha una vasta risonanza nella scolastica occidentale e influenza, in particolare, l'agostinismo. L'intelletto umano possiede tutta la scienza, ma nella sua fisicità di essere creato questa conoscenza rimane obnubilata. L'uomo raggiunge la felicità nella contemplazione di Dio, liberandosi con lo sforzo meditativo dai legami con le cose materiali.

Mosè Maimonide

Mosè Maimonide (1135-1204), medico e filosofo ebreo di Spagna, scrive in arabo e traduce poi in ebraico la Guida dei perplessi, che ha vasta influenza sul pensiero occidentale del sec. XIII e rimane una delle opere fondamentali del pensiero ebraico fino a oggi. I destinatari dell'opera sono coloro che esitano tra l'obbedire soltanto alla fede o l'affidarsi anche alla ragione, con il possibile contrasto che può nascere tra i due punti di vista. Convinto della conciliabilità tra ragione e fede, Maimonide pensa che la filosofia sia indispensabile per interpretare la rivelazione biblica e su talune questioni possa confermarla razionalmente. Privilegia la filosofia di Aristotele, filtrata attraverso la riflessione araba (Avicenna) ed ebraica e sfumata di neoplatonismo. Dimostra l'unicità di Dio fondandola sull'esistenza di un primo motore, principio di attualità esente da ogni potenzialità e perciò necessario. Se accanto a Dio vi fosse il mondo ed esso fosse eterno, come vuole Aristotele, Dio sarebbe legato alla necessità del mondo stesso, il che va contro il principio della creazione, che è avvenuta nel tempo. Da Dio hanno origine le intelligenze che presiedono al moto dell'universo e anche l'intelletto agente che fa passare all'atto la nostra intelligenza. Colui che meglio di tutti coglie quest'influsso divino è il profeta, il quale contemplando l'amore divino è guida per gli altri uomini.