La critica della cultura e della storia

Con La nascita della tragedia dallo spirito della musica (1872) Nietzsche critica sostanzialmente il carattere unilaterale e riduttivo della cultura tedesca del suo tempo, in cui predomina l'uomo teoretico. Questi corrisponde al mondo della scienza e della divisione tecnica dei compiti; esso è caratterizzato dalla fiducia nella possibilità di correggere il mondo per mezzo del sapere, in una vita guidata dalla sola scienza. Il prototipo e il capostipite di tale modello culturale è Socrate, che inaugura il metodo della comprensione della realtà mediante concetti. Con ciò l'arte stessa viene subordinata al concetto e si stempera nella visione delle forme apollinee, di cui non si coglie la radice profonda nel dolore e nella durezza della vita. L'impulso apollineo, che corrisponde al mondo del sogno e all'arte dello scultore, deve essere invece posto in relazione con l'impulso dionisiaco, che corrisponde al mondo dell'ebbrezza e all'arte non figurativa della musica. Se per la loro diversità i due impulsi "procedono l'uno accanto all'altro", anzi "per lo più in aperto dissidio fra loro", finalmente "per un miracoloso atto metafisico della 'volontà' ellenica, appaiono accoppiati l'uno all'altro e in questo accoppiamento producono l'opera d'arte altrettanto dionisiaca che apollinea della tragedia attica". In questa fase Nietzsche è influenzato sia dalla metafisica di Schopenhauer, con la distinzione tra mondo della rappresentazione e mondo della volontà, sia dal dramma musicale wagneriano, che intende essere opera d'arte totale, con la fusione di musica, mito, azione dell'eroe, testo poetico e plasticità scenica. In tutto ciò Nietzsche vede la possibilità di una ripresa dello spirito tragico, intesa come sapienza che "si volge con immobile sguardo all'immagine totale del mondo, cercando di cogliere in essa l'eterna sofferenza come sofferenza propria". Si tratta così di andare oltre i limiti della cultura teoretica, incapace "di poter scrutare, sulla base della causalità, l'intima essenza delle cose", e di superare lo "spirito storico-critico" della cultura presente, che si riduce a raccattare elementi disgregati dietro la spinta di una "eccessiva brama di sapere", e riannodare il legame tra vita e mito. Questi temi vengono sviluppati nelle quattro Considerazioni inattuali, e in particolare dalla seconda, Sull'utilità e il danno della storia per la vita (1874), in cui denuncia i danni provocati dalla mentalità storicistica, quali la riduzione delle verità a eventi effimeri, la passività dell'uomo nei confronti della tradizione e del passato, l'identificazione del divenire della storia con un progresso univoco. Nietzsche oppone, a favore della felicità e della vita, la capacità di dimenticare o di sentire "in modo non storico". Per essere veramente storici, cioè creatori di storia nuova e non ripetitiva del passato, bisogna guadagnare un atteggiamento antistorico e sovrastorico.