Le trasformazioni termodinamiche

Un sistema termodinamico è perfettamente descritto da tre coordinate termodinamiche, pressione, temperatura e volume, ma la conoscenza di due qualunque delle tre grandezze determina la conoscenza della terza. Un esempio è dato dall'equazione di stato dei gas perfetti , che lega le tre coordinate termodinamiche attraverso la relazione pV = nRT, dove è sufficiente conoscere, per esempio, p e T per ricavare V.

Un sistema termodinamico si trova allo stato di equilibrio termodinamico quando le tre grandezze che lo caratterizzano sono costanti nel tempo. Un gas perfetto in un recipiente chiuso, isolato dall'esterno, per il quale vale l'equazione di stato dei gas perfetti, si trova allo stato di equilibrio. Se però il recipiente che contiene il gas è chiuso da un pistone, alzando o abbassando il pistone il gas subirà una trasformazione termodinamica, dove la sua pressione varia (aumenta o diminuisce) e solo dopo un determinato periodo di tempo si ristabilisce l'equilibrio. Una trasformazione termodinamica è caratterizzata dal passaggio di un sistema termodinamico da uno stato iniziale (che chiameremo A) a uno stato finale (che chiameremo B), attraverso una successione di stati intermedi. Una trasformazione di questo tipo viene in genere rappresentata su un piano cartesiano riportando in ascissa i valori del volume V del sistema e in ordinata i valori della pressione p del sistema. Un sistema in equilibrio è rappresentato da un punto nel piano pressione-volume (o piano p,V), mentre una trasformazione è rappresentata da una linea, o da una successione di linee, che porta il sistema da un punto a un altro (v. fig. 14.1).

Una trasformazione termodinamica si dice reversibile se può essere compiuta nei due sensi senza che vi sia traccia nell'ambiente esterno, ovvero se, data una trasformazione da uno stato iniziale A a uno stato finale B, passando per il segmento AB, è possibile ripercorrere la trasformazione nel senso BA e riportare il sistema allo stato iniziale. Se per esempio un sistema, nel passare da uno stato a un altro, cede calore all'ambiente circostante, la trasformazione inversa non sarà più possibile, e dunque in questo caso si parla di trasformazione irreversibile. La maggior parte delle trasformazioni che avvengono in natura sono irreversibili, perché è impossibile eliminare gli scambi di calore con l'esterno (dovuti anche agli attriti).

Una trasformazione termodinamica può avvenire in modo che una delle tre coordinate rimanga costante: si parla di trasformazione isotermica se la temperatura rimane costante durante il processo, di trasformazione isobara se avviene a pressione costante e di trasformazione isocora (o isometrica) se avviene a volume costante. Infine, una trasformazione termodinamica che avviene a calore costante, ovvero senza che avvengano scambi di calore tra il sistema e l'ambiente circostante, si dice adiabatica.

Equivalenza calore-lavoro

Il calore è una forma di energia che viene scambiata tra due corpi a temperatura differente. Si può dimostrare che, compiendo un lavoro meccanico su un corpo, si aumenta la sua temperatura, e di conseguenza si produce lavoro. Il lavoro fatto, per esempio, contro le forze di attrito produce calore, mentre il lavoro compiuto per comprimere un gas all'interno di un recipiente ne aumenta la temperatura e di conseguenza produce calore. Viceversa, fornendo calore a un corpo, è possibile ottenere lavoro, come avviene, per esempio, nelle macchine termiche. In definitiva, si può dire che calore e lavoro sono equivalenti, ovvero che sono due aspetti di una stessa entità.

Il primo esperimento che dimostrò l'equivalenza tra calore e lavoro fu compiuto attorno al 1840 da Joule, il quale utilizzò uno strumento chiamato mulinello di Joule, costituito da un calorimetro che contiene acqua: nell'acqua viene immerso un albero a pale, che può essere messo in rotazione attraverso una carrucola (v. fig. 14.2) collegata a un peso di massa m nota. Quando il peso viene lasciato cadere, di un tratto h, la sua energia potenziale gravitazionale diminuisce di una quantità mgh e si trasforma in energia cinetica, che mette in rotazione l'albero all'interno del calorimetro. Il moto delle palette provoca un riscaldamento dell'acqua per attrito e, poiché il calorimetro garantisce che non vi siano scambi di calore con l'ambiente circostante, si può dire che tutta l'energia potenziale del peso si è trasformata in calore.

Joule misurò il rapporto fra il lavoro prodotto dalle forze del campo gravitazionale per far cadere il peso, dato da L = mgh, e il calore prodotto all'interno del calorimetro, dato da Q = Mct, dove M è la massa dell'acqua, c il suo calore specifico , misurato in cal/(g °C) e t l'aumento di temperatura (in °C) dell'acqua, e trovò che tale rapporto è sempre rappresentato da un valore costante:

che chiamò equivalente meccanico del calore, tale per cui:

L'esperimento di Joule dimostra che è possibile trasformare una certa quantità di lavoro meccanico in calore e che il fattore di conversione tra la caloria (cal), l'unità di misura del calore, e il joule (J), l'unità di misura del lavoro, è:

Esprimendo il calore in joule (l'unità di misura del Sistema Intenazionale), si può scrivere che:

ovvero che L = Q (dove L è il lavoro e Q il calore).

In un sistema qualunque, tuttavia, oltre all'energia cinetica e a quella potenziale gravitazionale, a cui va aggiunto il calore, occorre considerare anche l'energia interna, che rappresenta una sorta di deposito di energia immagazzinata nel sistema.

L'energia interna

Tutti i corpi, in qualunque stato di aggregazione, hanno immagazzinata al loro interno una certa quantità di energia, dovuta all'energia delle particelle che li compongono (atomi o molecole), legate tra loro da forze di varia natura. Si tratta di energia di varia natura, dovuta alle proprietà interne del sistema, come il moto molecolare e le forze intermolecolari, che comprendono forme di energia di natura elettrica, che lega gli elettroni all'atomo, di energia di natura nucleare, che lega le particelle del nucleo tra loro, o di energia dovuta alla massa a riposo delle particelle che compongono il complesso sistema atomico e nucleare di ogni elemento: tutte queste forme di energia che un corpo concentra al suo interno possono essere scambiate in una trasformazione e nel loro complesso prendono il nome di energia interna del corpo. (Nel calcolo dell'energia interna di un corpo non vanno comprese quelle forme di energia dovute, per esempio, al suo stato complessivo di moto - energia cinetica - o l'energia potenziale che il corpo possiede nel suo insieme, come, per esempio, l'energia potenziale gravitazionale che il corpo possiede se posto a una certa altezza dal suolo.) L'energia interna di un corpo dipende dallo stato in cui il sistema si trova - per esempio, dalla sua temperatura e, in misura minore, dalla sua pressione - ma il calcolo completo di questa grandezza non interessa la termodinamica; quello che interessa sono le sue variazioni, che avvengono nel corso di una trasformazione termodinamica.

La caratteristica fondamentale dell'energia interna di un sistema termodinamico è che la sua variazione non dipende dalla particolare trasformazione che il sistema subisce, ma solo dagli stati iniziale e finale del sistema. Una grandezza termodinamica di questo tipo viene detta funzione di stato: l'energia interna, che viene indicata con U, è una funzione di stato e, se il sistema passa da uno stato iniziale A a uno stato finale B, la variazione della sua energia interna, definita come:

a parità di stato iniziale e finale è sempre uguale e non dipende dal tipo di trasformazione che il sistema ha compiuto per passare da A a B, cioè in definitiva non dipende dalla curva che il sistema ha seguito, nel grafico pressione-volume, per passare da A a B.