L'idrostatica

Dall'equazione di Bernoulli derivano alcune leggi (note come principio di Stevino e legge di Archimede) che regolano i fluidi nel caso in cui la loro velocità sia nulla, pertinenti cioè a quella parte della meccanica dei fluidi detta idrostatica, che studia il comportamento dei fluidi in quiete (si parla di idrostatica perché la maggior parte degli esperimenti furono effettuati con l'acqua, ma le sue leggi si applicano a tutti i fluidi). Sia il principio di Stevino sia la legge di Archimede furono ricavati sperimentalmente prima che Bernoulli enunciasse la legge che porta il suo nome, ma sono ricavabili entrambi dall'equazione dell'idrodinamica.

Il principio di Stevino, enunciato dal matematico fiammingo S. Stevin (1548-1620), stabilisce che la pressione in un fluido omogeneo contenuto in un recipiente, indipendentemente dalla forma del recipiente, aumenta con la profondità e dipende dalla densità del fluido e dalla distanza verticale dal pelo libero del liquido della superficie considerata; ciò è espresso dalla relazione:

dove p è la pressione a profondità h e p0 la pressione sulla superficie. Questo principio implica che la pressione esercitata da un fluido in un recipiente non dipende dalla quantità di fluido contenuto nel recipiente, ma solo dalla sua quota: la pressione esercitata dal fluido su più recipienti che contengono quantità di fluido differenti alla medesima quota è la stessa.

Da questo principio deriva anche la legge dei vasi comunicanti, contenitori di forma diversa collegati tra loro da un condotto orizzontale; introducendo un liquido omogeneo in un sistema di vasi comunicanti, questi si riempiono allo stesso livello, perché la pressione esercitata dal fluido dipende solo dall'altezza, che deve essere la stessa per tutti i contenitori affinché il sistema sia in equilibrio.

Uno dei principi fondamentali dell'idrostatica si deve al greco Archimede di Siracusa (287-212 a.C.), che scoprì la relazione che regola il galleggiamento dei corpi immersi in un liquido (legge di Archimede). Il fatto che alcuni corpi galleggino in un fluido suggerisce l'esistenza di una forza: Archimede scoprì che tale forza, diretta verso l'alto, è proporzionale al peso del fluido spostato (anche questa legge può essere ricavata dall'equazione di Bernoulli nel caso di fluido in quiete).

Si consideri un corpo immerso in un fluido: la forza esercitata dal fluido sul corpo, supposto per semplicità di forma cubica, è data dalla pressione esercitata dal fluido moltiplicata per la superficie di contatto. Le superfici su cui la pressione del fluido è attiva sono quella superiore e quella inferiore del corpo, poiché la pressione esercitata sulle facce laterali è nulla in virtù del principio di Pascal, visto che quella esercitata su una di tali facce è annullata da quella esercitata sulla faccia opposta. La forza esercitata dal fluido sulla faccia superiore è data da:

mentre quella esercitata sulla faccia inferiore è data da:

dove S è la superficie del corpo. Poiché, per il principio di Stevino:

la forza risultante agisce verso l'alto ed è pari a:

dove h = h2h1 è l'altezza del corpo; quindi Sh = V è il volume del corpo immerso e la legge di Archimede si può scrivere:

che rappresenta la spinta che il corpo riceve dal basso verso l'alto e che è esattamente pari al peso del fluido spostato.