Le fonti energetiche

Le fonti rinnovabili

Sono fonti rinnovabili (FER) l'acqua, il Sole, il vento, il calore interno della Terra e le biomasse. Nel loro insieme le FER coprono una quota irrisoria (il 3,5%) dei consumi mondiali d'energia. Considerando, tuttavia, i problemi connessi con le fonti non rinnovabili (esauribilità, inquinamento, crisi energetiche ricorrenti, conflitti), esse rappresentano un fattore non trascurabile negli scenari energetici futuri.

Il loro sviluppo può, infatti, non solo dare un apprezzabile contribuito alla diversificazione degli approvvigionamenti energetici e all'innovazione tecnologica nel settore, ma anche garantire un basso impatto ambientale, e consentire un miglior utilizzo delle risorse locali. Non a caso alcune tra le maggiori multinazionali petrolifere, come la BP-Amoco e la Shell, tendono a trasformarsi in società energetiche "a tutto campo" (global energy company), includendo le tecnologie industrialmente più "mature" delle FER nella gamma dei loro prodotti commerciali. Il comparto delle fonti energetiche rinnovabili è variegato e frammentario, perciò ai fini espositivi raggrupperemo le diverse fonti in tre categorie a seconda dell'origine (dal calore, dai movimenti naturali, da biomasse), mentre per uno sguardo d'insieme più approfondito rinviamo all'IEA, l'Agenzia Internazionale per l'Energia (International Energy Agency, sito Internet: www.iea.org), dell'OCSE e, per quanto riguarda l'Italia, all'ENEA (Ente per le Nuove Tecnologie, l'Energia e l'Ambiente, sito Internet www.sede.enea.it).

  • Dal calore naturale

La quasi totalità dell'energia presente sul pianeta proviene dall'irraggiamento solare, una piccola parte si deve all'energia gravitazionale della Luna (moto ondoso, maree), e una quota minima (l'1%) è prodotta dal calore interno della Terra. Per quanto riguarda l'energia solare, va detto che solo meno della metà delle radiazioni emesse dal Sole è assorbito dall'atmosfera e, di queste, soltanto una frazione limitata può esser "catturata" allo scopo di produrre energia, dal momento che le zone a maggior irraggiamento si situano nella fascia tra i 45° e i 50° di latitudine nord e sud. Le principali applicazioni nel campo dello sfruttamento dell'energia raggiante solare sono sostanzialmente tre: la conversione termica a bassa temperatura (tramite pannelli solari), impiegata soprattutto per riscaldare acqua e ambiente (in Europa il paese leader in questo campo è la Grecia), e, per la produzione di elettricità, sia la conversione termica ad alta temperatura (realizzata mediante collettori parabolici che fanno convergere il calore su un liquido di servizio col quale portare l'acqua a ebollizione), sia la conversione fotovoltaica.

Questi ultimi due sistemi, in particolare quello fotovoltaico, relativamente poco ingombrante, trovano a tutt'oggi una limitata diffusione a causa dell'alto costo dell'energia prodotta in rapporto al periodo d'ammortamento degli impianti, che s'aggira sui vent'anni.Nel complesso il solare non supera lo 0,4-0,5% dei consumi energetici mondiali, con un quarto delle installazioni concentrate negli Stati Uniti, seguiti da Giappone, Germania, Italia e India. Anche i consumi d'energia geotermica sono minimi (0,6%, circa del totale), dal momento che la possibilità di utilizzare tale fonte è vincolata dal punto di vista geografico dalla presenza di zone geologicamente attive (aree vulcaniche, o dove affiorano geyser o soffioni), mentre dal punto di vista fisico, perché il suo sfruttamento sia conveniente, occorre che il vapore del sottosuolo raggiunga tra i 130 e i 300 °C, temperatura necessaria a far funzionare le turbine.Essendo inoltre difficilmente trasportabile, l'energia geotermica è idonea a usi esclusivamente locali. Un suo vantaggio è che, a basse temperature, può essere impiegata per le colture di serra.

Al mondo esistono circa 140 centrali geotermiche (le prime sono state costruite nel 1904 in Italia, in Toscana, utilizzando i soffioni boraciferi di Lardarello) situate per la maggior parte in Islanda, paese leader nel settore, Stati Uniti e Nuova Zelanda.

  • Dai movimenti naturali

L'energia proveniente dai movimenti naturali comprende tanto fonti tradizionali, come l'energia idrica, quanto fonti non convenzionali, come quella eolica e quella delle maree. Il contributo dell'energia idrica ai consumi energetici globali è difficilmente valutabile (secondo alcuni studi intorno al 2,5%). Di una valutazione più precisa si dispone invece per quanto riguarda la quota coperta dall' energia idroelettrica (20%) in rapporto ai consumi mondiali d'energia elettrica.

Un tempo appannaggio dei paesi alpini (Austria, Svizzera), o scandinavi (Svezia in particolare), che tuttavia hanno differenziato le loro fonti energetiche, la produzione d'energia idroelettrica è oggi per lo più concentrata in Brasile e in Canada (90% e, rispettivamente, 70% del fabbisogno nazionale), in Russia (in Siberia), in Nuova Zelanda, e negli Stati Uniti e in Giappone (15% del fabbisogno interno in ambedue i paesi).In generale i consumi mondiali d'energia idroelettrica sono rimasti stabili, in seguito al contenimento di quelli dei paesi ricchi, e all'aumento invece nei PVS, dove sono state realizzate importanti opere pubbliche, come per esempio, la diga di Kariba sullo Zambesi, in Africa, che fornisce la totalità dell'energia di Zambia e Zimbabwe.

Spesso la costruzione di sbarramenti e di bacini artificiali di grandi dimensioni può comportare gravi costi umani e ambientali (si pensi al disastro della diga del Vajont, in Italia, nel 1963), anche se ciò non ha impedito il varo di progetti mastodontici. Tra questi basti menzionarne due, entrambi in Asia. Il primo, attuato in Malaysia, a Bakun, prevede la distruzione di 700 km2 di giungla, per creare nel 2002 un invaso capace di generare una potenza di 2000 Megawatt. Il secondo, avviato in Cina a Sandouping, sul Fiume Azzurro, dovrebbe dar vita entro il 2009 a un lago profondo 175 m, lungo 630 km e largo uno, col quale alimentare 8 centrali idroelettriche per una potenza complessiva di 18.200 Megawatt. Nel corso dei lavori dovrebbero essere sommerse 13 città, quasi 1500 tra paesi e villaggi, con preziose vestigia artistiche e archeologiche, e trasferita una massa tra il milione e mezzo e i due milioni di abitanti.

Anche alla luce di questi esempi, va da sé che l'onerosità economica degli impianti e dei sistemi collegati, fanno dell'industria produttrice d'energia elettrica un settore ad alta intensità di capitali e fortemente verticalizzato dal punto di vista delle dimensioni d'impresa (figura 2.2.3). La seconda fonte da movimenti naturali è rappresentata dall'energia eolica. Pur essendo a costi bassissimi e non inquinante, tale forma d'energia è pochissimo utilizzata, sia a causa delle dimensioni delle turbine a vento, sia soprattutto perché poche zone presentano le condizioni favorevoli al suo impiego economico (elevata ventosità e prossimità delle zone d'utilizzo). Centrali eoliche sono presenti un po' in tutto il mondo (dal Canada, alla Cina, all'India, all'Italia), mentre la produzione su scala industriale avviene per la metà negli Stati Uniti, e per l'altra metà in Europa (Danimarca soprattutto).

Una terza fonte di questo tipo è costituita dall' energia marina. Essa è sfruttata nelle centrali mareomotrici costruite in zone in cui il dislivello delle maree supera i 10 metri. Queste centrali sono costituite da una diga con incorporati gruppi formati da una turbina e un alternatore. Dai costi elevati, questo tipo di energia annovera come esperimento più noto quello della centrale talassotermica francese sull'estuario del fiume Rance, in Bretagna, avviata, prima al mondo, nel 1957.

  • Le biomasse

L'energia da biomasse indica in generale l'energia che può esser tratta dalla trasformazione della materia organica animale o vegetale. Biomasse tradizionali sono la legna da ardere o lo sterco animale essiccato, normalmente usate come combustibili primari dall'80% della popolazione del Sud del mondo. Quest'utilizzo delle biomasse, oltre a essere scarsamente efficiente, producendo un'energia 15 volte inferiore rispetto a quella del gas naturale, è una tra le cause del disboscamento e della desertificazione d'intere aree.Come fonti energetiche alternative, entrano invece in considerazione altre categorie di biomasse: i rifiuti alimentari e gli scarti di legname (i cui cascami possono essere impiegati anche come fertilizzanti), le piante coltivate allo scopo, come la canna da zucchero, e i liquami animali, questi ultimi prodotti dagli allevamenti e trasformabili in biogas per fermentazione.

Oltre che per combustione diretta, le bioenergie da piante specializzate possono esser ottenute anch'esse per gassificazione, oppure per conversione ad alcol (metano, etanolo, metanolo), che possono venire usati nei motori a scoppio miscelati con la benzina. L'inconveniente delle biomasse vegetali di questo tipo è rappresentato dalle ampie superfici di terreno di cui esse necessitano, anche se, utilizzate in rotazione ciclica con altre colture, potrebbero avere il vantaggio di non contribuire ad accrescere i gas serra e le piogge acide. Globalmente, le biomasse, sia tradizionali, sia non convenzionali, coprono circa il 7% dei consumi mondiali d'energia.