L'esistenzialismo: Sartre e Camus

Albert Camus

Albert Camus (1913-1960), dalla coscienza dell'assurdo alla necessità della solidarietà e della rivolta, con la sua opera ha additato nella necessità di conciliare una filosofia della negazione e una morale positiva, uno dei dolorosi problemi del nostro tempo.

La rivolta morale e la solitudine

Nato in Algeria, orfano di padre a un anno, trascorse l'infanzia con la madre nel quartiere più povero di Algeri, lavorando per mantenersi agli studi. Si laureò in filosofia (1936), fece l'attore per Radio Algeri, organizzò il Théâtre de l'Équipe e animò la Casa della Cultura. Nel 1937 scrisse il saggio L'envers et l'endroit (Il diritto e il rovescio), che annunciava alcuni temi della produzione matura, quali l'indifferenza e l'estraneità. Seguirono le prose poetiche di Noces (Nozze, 1938). Nel 1938 lavorò come giornalista.

Nel 1940 si trasferì in Francia dove collaborò a "Paris soir". Riformato per ragioni di salute, entrò nella Resistenza. Pubblicò il saggio Le mythe de Sisyphe (Il mito di Sisifo, 1942), in cui meditava sulla tragica frattura tra l'io e il mondo; il romanzo L'étranger (Lo straniero, 1942); due opere teatrali, Caligula (Caligola, 1944, scritto nel 1938) e Le malentendu (Il malinteso, 1944). Nel 1943 ebbe inizio il complesso rapporto tra Camus e Sartre. Nel 1946 Camus condannò lo stalinismo; in seguito rifiutò anche il marxismo quale giustificazione ideologica della politica sovietica. Pubblicò il romanzo La peste (La peste, 1947); due pièce teatrali, L'état de siège (Stato di assedio, 1948) e Les justes (I giusti, 1950). Il saggio L'homme révolté (L'uomo in rivolta, 1951), in cui affermava la necessità di superare la solitudine individuale e la negatività del pensiero esistenzialista, provocò aspre polemiche nella sinistra e condusse alla rottura con Sartre (1952). Si aprì per Camus un periodo di crisi: non si trattava solo dell'isolamento dovuto alle posizioni politiche, era piuttosto l'approdo della sua difficile ricerca di valori morali universali. Tra le ultime opere, pervase dal senso della colpa e della solitudine, si ricordano il romanzo La chute (La caduta, 1956) e le novelle L'exil et le royaume (L'esilio e il regno, 1957). Nel 1957 ottenne il premio Nobel per la letteratura. Morì in un incidente automobilistico a Villeblevin, vicino a Parigi. Sono stati pubblicati postumi: i Carnets (Taccuini, 1962-64); il romanzo giovanile incompiuto La mort heureuse (La morte felice, 1971); Le premier homme (Il primo uomo, 1994), l'autobiografia a cui stava lavorando prima di morire.

La scoperta dell'assurdo

Lo straniero è un'opera fondamentale nella narrativa del Novecento. In una prosa lineare e asciutta, in un linguaggio spoglio e apparentemente neutro, Camus crea un universo narrativo di straordinario rigore. Il deliberato appiattimento del personaggio, privo di spessore psicologico, senza passato e futuro, ridotto alla somma delle sue sensazioni, rivela la profonda estraneità dell'individuo a se stesso e agli altri. Alla realtà, percepita come assurda e inutile, il protagonista oppone un'assenza, un vuoto, un fallimento. Nella parte finale, tuttavia, affiora una certa presa di coscienza, un attaccamento alla vita che attenuano il pessimismo negativo dell'opera e pongono le premesse di un possibile riscatto.

L'umanesimo della rivolta

La ricerca etica di Camus si approfondì negli anni della Resistenza e del dopoguerra, approdando al concetto di rivolta. Contro l'assurdità del male e del dolore l'individuo sceglie la "simpatia" verso i suoi simili. Solidarietà, fraternità e rivolta sono i valori cardine di un nuovo umanesimo. Il romanzo La peste rappresenta l'esperienza di una collettività, la scoperta che è vergognoso "essere felici da soli". Forse allegoria della resistenza europea al fascismo e al nazismo, rappresentazione dell'eterno tema della condizione umana, La peste, che trova uno straordinario equilibrio artistico in una scrittura sobria e limpida, segna l'esito più alto della ricerca di Camus, della sua passione morale e civile.