Orizzonti della poesia

Pierre Reverdy

Pierre Reverdy (1889-1960), salutato da A. Breton, P. Soupault e L. Aragon come "il più grande poeta vivente", esaltato come un maestro e un precursore, percorse in realtà un itinerario poetico isolato, al margine dell'estetica surrealista. Giunto a Parigi da Narbona nel 1908, frequentò gli ambienti dell'avanguardia. Nel 1921 si convertì al cattolicesimo e nel 1926 si ritirò nell'abbazia di Solesmes, dove morì. Nella sua produzione poetica (Plupart du temps, La maggior parte del tempo, 1915-22, 1945; Main d'œuvre, Manodopera, 1925-49, 1949) e nelle prose poetiche (Le gant de crin, Il guanto di crine, 1927; En vrac, Alla rinfusa, 1956; Le livre de mon bord, Il mio libro di bordo, 1958) si alternano considerazioni estetiche e riflessioni personali. Con una lingua spoglia egli persegue una concentrazione sempre più severa dei mezzi formali; la sua poesia si interroga con insistenza dolorosa sul deludente rapporto tra l'individuo e la realtà.