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  • La "Querelle des anciens et des modernes"

La "Querelle des anciens et des modernes"

È una celebre controversia letteraria sorta in Francia nella seconda metà del Seicento, che vide schierati i sostenitori degli antichi contro i difensori dei moderni. I primi consideravano le letterature classiche e gli autori antichi modelli perfetti e insuperabili, e di conseguenza ritenevano fondamento di qualunque poetica il principio di imitazione e il rispetto delle regole. Ne derivava un'estetica normativa, che affermava la supremazia dell'ordine e della ragione e ricercava una bellezza eterna e immodificabile. I difensori dei moderni rivendicavano invece la libertà di ispirazione, la necessità di sottrarre la letteratura dall'autorità opprimente degli antichi, e sostenevano l'eccellenza della lingua francese. Anche i moderni affermavano la preminenza della ragione, ma come strumento di arricchimento della conoscenza. La polemica divampò quando venne pubblicata l'opera di Desmarets de Saint-Sorlin (1595-1676), Traité pour juger des poèmes grecs, latins et français (Confronto tra la lingua e la poesia francese e quelle greca e latina, 1670), in cui l'autore difendeva la superiorità della lingua francese. La discussione si accese anche intorno alla lingua da adottare per le iscrizioni nella reggia di Versailles; in quell'occasione F. Charpentier intervenne a favore della lingua francese con il trattato De l'excellence de la langue française (L'eccellenza della lingua francese, 1683). Nel 1687 C. Perrault lesse all'Académie Française il suo poema Le siècle de Louis le Grand (Il secolo di Luigi il Grande), in cui esaltava la letteratura del Seicento francese. Immediata fu la replica di La Fontaine il quale si schierò, seppur con toni equilibrati, a favore degli antichi nell'Épître à Huet (Epistola a Huet, 1687). Gli interventi si infittirono. Perrault insisté nella difesa dei moderni pubblicando vari dialoghi con il titolo Parallèles des anciens et des modernes (Paralleli degli antichi e dei moderni, 1688-97). Fontenelle contribuì a inasprire la polemica con la Digression sur les anciens et les modernes (Digressione sugli antichi e i moderni, 1688), in cui esaltava l'idea di progresso. Boileau con le Réflexions sur Longin (Riflessioni su Longino, 1692) e La Bruyère con il Discours prononcé dans l'Académie Française (Discorso pronunciato all'Académie Française, 1693) difesero aspramente la poetica classica e non risparmiarono critiche ai moderni. La querelle si concluse con il contributo di Fénelon (Lettre sur les occupations de l'Académie, Lettera sulle occupazioni dell'Accademia, 1716, postuma), che dando prova del consueto equilibrio, dichiarava di ammirare gli antichi, ma respingeva la sottomissione nei loro confronti, apprezzava i moderni, ma criticava l'enfasi del teatro, la rigidezza della poesia, la povertà della lingua, la severità innaturale delle regole.