La storiografia imperiale

Gli storici dell'Impero

Gli aspetti caratteristici che incidono sulla formazione di quasi tutte le opere storiche prodotte tra il I ed il IV sec. d.C. sono fondamentalmente due: la figura dello storico, di solito ben inserito nella società imperiale e elaboratore, a vari livelli, dell'amministrazione romana; il secondo carattere distintivo è la comune zona di provenienza degli autori di questo periodo, originari per lo più delle regioni asiatiche dell'Impero e specialmente dell'Egitto.

Molti sono gli storiografi attivi (Appiano, Cassio Dione, Zosimo e Procopio), ma tra questi personaggi spicca il giudaico Giuseppe Flavio.

Appiano

Le poche notizie biografiche si apprendono dal prologo della sua opera. Nato ad Alessandria verso la fine del I sec. d.C., offrì all'imperatore Traiano la sua collaborazione per sedare una rivolta ebraica; quindi si trasferì a Roma dove ottenne la cittadinanza romana e divenne funzionario imperiale. Scrisse una Storia romana, in 24 libri, dalle origini a Traiano, di cui sono pervenute solo alcune parti (VI-VIII e XI-XVII). L'interesse dello storico si rivolge prevalentemente alle conquiste militari, elencate e trattate seguendo l'elenco delle popolazioni che i romani via via sottomisero al loro dominio (criterio etnografico), e adottando un'ottica filoromana.

Cassio Dione

Nato a Nicea, in Bitinia, nel 155 circa d.C., visse a Roma dove divenne senatore e successivamente sotto i Severi ricoprì alte cariche politiche. Scrisse una Storia romana, in 80 libri e suddivisa in decadi, dalla fondazione di Roma al 229 d.C., anno del suo secondo consolato e poi del ritiro dalla vita pubblica. Di quest'opera monumentale, alla quale lo storico dedicò più di dieci anni della sua vita, restano integri i libri XXXVI-LX, che narrano gli eventi dal 68 a.C. al 47 d.C. Altre notizie sulle sue opere si conoscono attraverso epitomi bizantine; sono invece andate perduti il trattato Sui sogni e la Vita di Adriano.

Procopio

Nato a Cesarea, in Palestina, attorno al 500 d.C. fu nominato consigliere di Belisario, grande generale dell'esercito di Giustiniano, che Procopio seguì a Costantinopoli e durante le campagne militari. Morì nel 565. L'opera più importante sono le Storie, in otto libri, in cui con notevole ampiezza di documentazione e una scrittura chiara sono illustrate le spedizioni di Giustiniano contro i Persiani (libri I-II), contro i Vandali (libri III-IV), contro i Goti (libri V-VII); l'ultimo libro (VIII), pubblicato separatamente, è un compendio degli eventi accaduti sotto il regno di Giustiniano. I modelli a cui l'opera di Procopio si ispira costituiscono le voci più autorevoli della storiografia greca: a Erodoto si rifà per l'interesse etnografico; di Tucidide riprende la struttura (successione cronologica per estati ed inverni ed inserimento nella narrazione di discorsi diretti); a Polibio lo avvicina l'interpretazione della Týche, vista ora come forza irrazionale e distruttrice, ora come benevola provvidenza.

A Procopio sono attribuiti – anche se non è certo – gli Aneddoti (in greco anèkdota, storie inedite), una sorta di libello impietoso che svela gli intrighi, i segreti, le perversioni della corte giustiniana; il tono di disapprovazione risentita e di severa denuncia verso lo stesso Belisario proietta una luce ambigua sulla personalità dello storico. A questi scritti si aggiunge Sulle costruzioni, in sei libri, esaltazione degli edifici voluti dall'imperatore Giustiniano.

Zosimo

Sotto il nome di un non ben noto Zosimo vissuto tra il V ed il VI sec. d.C. , identificabile forse con il sofista originario di Ascalona, è trasmessa la Storia nuova, in sei libri, in cui sono narrate le vicende dell'Impero, da Augusto (questa prima parte è rapidamente sintetizzata in un prologo che riconduce il vero inizio della storia romana alla guerra di Troia) alla conquista di Roma da parte dei Goti di Alarico (410 d.C.); gli eventi più recenti, specialmente a partire dall'età dei Severi, sono trattati in modo più analitico. Zosimo fu senz'alro uno degli ultimi intellettuali pagani (ormai completamente repressi dagli imperatori cristiani) che vide nella progressiva affermazione del Cristianesimo il principale motivo della decadenza dell'Impero.